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Netanyahu: "Potente operazione a Rafah quando saranno usciti i civili". Usa: "Attendiamo risposte chiare"

La Casa Bianca vuole i dettagli sul piano di evacuazione e chiede di sapere non solo dove potranno andare i palestinesi ma anche come possano avere il livello di aiuto, cibo, medicine, acqua e riparo

Benjamin Netanyahu - Afp
Benjamin Netanyahu - Afp
14 febbraio 2024 | 20.48
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"Noi combatteremo fino alla vittoria completa, e questa comprende una potente operazione anche a Rafah dopo che avremo permesso alla popolazione civile di lasciare le zone di combattimento". E' quanto afferma Benjamin Netanyahu sui social media, mentre da Washington viene ribadito che Israele deve dare risposte su dove potranno andare i palestinesi, oltre un milione, che sono rifugiati nella città sul confine con l'Egitto.

Usa: "Risposte su destinazione e assistenza civili"

Ricordando che ci sono "oltre un milione di persone in un'area ristretta", il consigliere per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan ha detto che "abbiamo bisogno di risposte non solo alla domanda su dove queste persone devono andare ma anche su come possano avere il livello di aiuto, cibo, medicine, acqua e riparo", di cui hanno bisogno, sottolineando che le operazioni militari potrebbero interrompere l'ingresso e la distribuzione di questi aiuti.

Il consigliere di Biden ha fatto poi riferimento al fatto che Rafah si trova sul confine con l'Egitto è che "gli egiziani sono preoccupati per quello che potenzialmente potrebbe significare" un'offensiva contro la città. "Abbiamo bisogno di risposte chiare anche a queste preoccupazioni", ha concluso Sullivan, spiegando che su queste cose sono in corso colloqui con gli israeliani.

Oms: "Attacco totale a Rafah sarebbe catastrofe"

Ma per l'Organizzazione mondiale della sanità un'offensiva militare israeliana su vasta scala contro Rafah "amplierebbe ulteriormente il disastro umanitario oltre ogni immaginazione". L'attacco "spingerebbe il sistema sanitario più vicino all'orlo del collasso", afferma Richard Peeperkorn, rappresentante dell'Oms per Gaza e la Cisgiordania, aggiungendo. La capacità dell'Oms di distribuire aiuti medici a Gaza è fortemente limitata perché molte delle sue richieste di consegna di forniture sono state respinte da Israele, ha affermato Peerperkorn. Solo il 40% delle missioni dell'Oms nella parte settentrionale di Gaza sono state autorizzate da novembre e questa cifra è diminuita significativamente da gennaio. "Anche quando non vi è un cessate il fuoco, dovrebbero esistere corridoi umanitari in modo che l'Oms e l’Onu possano svolgere il proprio lavoro", ha detto ancora Peeperkorn.

La trattativa sugli ostaggi e il no di Netanyahu

Intanto la trattativa per arrivare a una tregua e al rilascio degli ostaggi va avanti. Il direttore della Cia, William Burns, il suo collega del Mossad David Barnea e il premier del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman Al-Thani, hanno lasciato il Cairo dopo i nuovi problemi emersi nei negoziati tra Israele e Hamas, fa sapere alla Cnn una fonte diplomatica al corrente dei negoziati, precisando tuttavia che questi continueranno anche se per il momento non sono stati fissati altri incontri. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha ribadito di continuare a considerare "deliranti" le richieste di Hamas e per questo ha deciso di non mandare domani una delegazione nella capitale egiziana.

Posizione contestata duramente dalle famiglie dei rapiti secondo cui non andare al Cairo per continuare i colloqui con Hamas "è una sentenza di morte". "Le famiglie degli ostaggi hanno accolto con stupore la decisione di boicottare i negoziati al Cairo - ha affermato in una nota il Forum delle famiglie degli ostaggi e dei dispersi - Sembra che qualcuno dei membri del gabinetto abbia deciso di sacrificare le vite degli ostaggi senza ammetterlo".

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