L'appuntamento dal 22 al 28 maggio, in Italia sono 6 milioni le persone con problemi alla tiroide
Torna l’appuntamento annuale con la 'Settimana mondiale della tiroide' dal 22 al 28 maggio. In Italia sono 6 milioni le persone con problemi alla tiroide, anche se si tratta in prevalenza di patologie non gravi e curabili. La notevole diffusione di queste malattie nella popolazione, soprattutto donne, e l’interesse sempre crescente delle persone, rende il tema della corretta informazione centrale. Per questo la Settimana mondiale della tiroide, su indicazione dell'European thyroid association e del Comitato delle associazioni dei pazienti endocrini (Cape), si occuperà di informazione sul tema "Tiroide: genetica, familiarità e cronicità". In Italia la Settimana mondiale è patrocinata dall’Istituto superiore di sanità e promossa dalle principali società scientifiche endocrinologiche, mediche e chirurgiche insieme al Cape, con il contributo incondizionato da parte di Ibsa Farmaceutici Italia, Merck e Merck Serono.
“Davanti ad una nuova diagnosi per una malattia che abbia una qualche possibile familiarità il primo pensiero, dopo la preoccupazione per la propria salute, è la possibile ricaduta sui figli – spiega Anna Maria Biancifiori, presidente Cape -. Per questo abbiamo sentito l’urgenza di chiedere agli esperti di fare luce su questi aspetti. Conoscere la storia medica della propria famiglia può essere di aiuto per permettere di identificare precocemente eventuali predisposizioni o rischi e mettere quindi in atto le misure necessarie a ridurre almeno i fattori di rischio modificabili per quella malattia o sottoporsi a procedure di prevenzione attive”. Le società scientifiche hanno elaborato un documento chiarificatore, condiviso con l’Iss, volto a dissipare i dubbi e rispondere alle domande più frequenti dal titolo “Tiroide: genetica, familiarità e cronicità”.
"Spesso è radicata la convinzione che queste patologie, soprattutto se presenti all’interno dello stesso nucleo familiare, siano causate da una predisposizione genetica o da una familiarità alla malattia - afferma Marcello Bagnasco, coordinatore scientifico della Smt e presidente dell'Associazione italiana tiroide (Ait) - e che, quindi, esista un qualche grado di rischio di contrarre la malattia per i familiari. Attraverso questo documento, frutto della collaborazione delle principali società scientifiche e del Cape vogliamo chiarire i dubbi che ruotano intorno a predisposizione genetica e familiarità, primo fra tutti il preconcetto che siano termini intercambiali: la familiarità ad una qualsiasi patologia, anche tiroidea, prende in considerazione fattori genetici, ma anche ambientali, alcuni dei quali ben conosciuti e modificabili con successo. Al contrario, anche all’interno delle alterazioni genetiche, si distinguono quelle che sono causa di malattie ereditarie da quelle non trasmissibili”.
In particolare – si legge in una nota - esistono malattie congenite causate da alterazioni del funzionamento o dello sviluppo della tiroide che si manifestano sin dalla nascita e la cui manifestazione clinica è l’ipotiroidismo congenito. Queste condizioni nella maggior parte dei casi non hanno carattere di familiarità. È essenziale, tuttavia, riconoscere la malattia precocemente, sin dalla nascita, per prevenire gravi deficit neurocognitivi e dello sviluppo. "In Italia, grazie alla legge 104/1992, è attivo un programma nazionale di screening neonatale per l’ipotiroidismo congenito - precisa Antonella Olivieri, responsabile scientifico del Registro nazionale degli ipotiroidei congeniti e dell’Osservatorio nazionale per il monitoraggio della iodoprofilassi dell’Iss -. La presenza di uno screening neonatale rivolto a tutti i neonati e la disponibilità di un sistema di sorveglianza attiva della patologia garantiscono la massima efficienza di un sistema di prevenzione che consente un’ottima qualità di vita a questi bambini”.
Dal documento si evince, inoltre, che per le malattie autoimmuni della tiroide, principali responsabili del nostro Paese dei disturbi di ipotiroidismo e ipertiroidismo, esiste una predisposizione su base multigenica (ovvero data dalla combinazione di molti differenti fattori genetici), insieme all’intervento aggiuntivo di molteplici fattori ambientali, tra cui il fumo di sigaretta, gli eventi stressanti importanti e l’esposizione a inquinanti (detti interferenti endocrini). Anche in questi casi, non sarà necessario sottoporre figli sani di persone con malattie autoimmuni della tiroide a screening di funzione tiroidea, a meno che non compaiano sintomi quali, per esempio, stanchezza, ansia, irrequietezza e palpitazioni. Invece, pur in assenza di sintomi, la funzione tiroidea deve essere monitorata in caso di pianificazione di gravidanza, vista l’importanza di una diagnosi precoce ai fini della salute del feto.
"La maggior parte delle malattie della tiroide – sottolinea Bagnasco - hanno il carattere della cronicità, ovvero, anche se nella maggior parte dei casi consentono una vita in pieno benessere se trattate, hanno bisogno di cura e controllo per tutta la vita, e, in particolare con l’avanzare dell’età, le problematiche che comportano si sommano con quelle delle altre malattie croniche (ad esempio metaboliche e cardiovascolari) diffuse nella popolazione generale".