
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz, appena insediato dopo il voto che lo ha eletto al secondo tentativo e archiviato rapidamente il tradimento di 18 franchi tiratori che ne ha indebolito l’investitura, è andato all’Eliseo dal presidente francese Emmanuel Macron per rimettere l’asse franco-tedesco al centro dell’Europa. Una prima mossa che ha un evidente peso politico e che rappresenta intenzioni e strategie con cui anche il governo italiano di Giorgia Meloni dovrà fare i conti. Il giuramento del Neocancelliere tedesco Merz al Bundestag ha aperto formalmente il nuovo corso. E l’incontro all’Eliseo con Macron, con il documento congiunto firmato che ne è seguito, ha subito messo in chiaro la direzione che i due vogliono imprimere alla politica europea. Su tutti i fronti e, in particolare, sul tema della difesa e della sicurezza. Una prospettiva bilaterale, che vuole porsi alla guida dell’Europa. “Daremo pieno slancio al consueto asse franco-tedesco e al coordinamento bilaterale a favore di un’Europa più sovrana, focalizzandoci sulla sicurezza, sulla competitività e sulla convergenza”. Chiudere la guerra in Ucraina con una pace giusta e la necessità di rendere l’Europa realmente indipendente anche sul piano militare sono chiaramente obiettivi condivisi. “La guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina ha infranto l’illusione di una garanzia di pace e sicurezza in Europa. Abbiamo già assunto maggiori responsabilità per la nostra sicurezza e ne assumeremo altre. Intensificheremo ulteriormente le nostre capacità di difesa, in un’ottica altresì di rafforzamento del pilastro europeo della Nato”. Se finora Macron si era proposto con il primo ministro britannico Keir Starmer come riferimento per la difesa degli interessi di Kiev, Merz ha aggiunto la sua firma. “Siamo uniti e fermamente impegnati a favore di un’Ucraina sovrana e indipendente. Non accetteremo mai una pace imposta e continueremo a sostenere la difesa dell’Ucraina contro l’aggressione russa. Coopereremo con gli Stati Uniti, l’Ucraina e i partner europei per giungere a un cessate il fuoco totale e duraturo. Una volta raggiunto tale obiettivo, siamo pronti a contribuire a una pace giusta e sostenibile, con il sostegno degli Stati Uniti in materia di sicurezza e solide garanzie di sicurezza, in particolare attraverso un esercito ucraino forte, al fine di scoraggiare qualsiasi futura aggressione russa. Coordineremo inoltre il nostro approccio nei confronti della Russia e della minaccia sistemica che essa rappresenta per la sicurezza europea”. Più o meno in contemporanea andava in scena al Senato, il premier time di Giorgia Meloni. “Come ho avuto modo di dire in molte occasioni, Italia ed Europa devono rafforzare le proprie capacità difensive per poter far fronte alle sfide geopolitiche in atto, per poter rispondere alle responsabilità a cui sono chiamate anche in ambito Nato”. In queste parole c’è tutta la volontà della premier di difendere gli interessi italiani, che devono coincidere con quelli europei. Per farlo, la strada sembra obbligata. Sulla difesa e la sicurezza, così come sull’Ucraina, l’Italia dovrà provare a lavorare per tenere insieme, in qualche modo, la spinta dell’asse franco-tedesco e quello che resta dell’alleanza atlantica. Anche le elezioni in Romania contribuiscono a complicare il quadro. La possibile conferma al secondo turno, domenica 18 maggio, della vittoria dell’ultranazionalista George Simion preoccupa Bruxelles. Non solo per il profilo di Simion, ammiratore di Trump, filorusso e critico di Ue e Nato, ma perché l’eventuale deriva illiberale di un altro Stato membro, con una scelta dichiaratamente antieuropea, avrebbe conseguenze anche per lo stesso funzionamento della Ue, a partire dal mercato unico che si basa sul rispetto delle regole condivise. La posizione della maggioranza che sostiene il governo italiano presenta declinazioni diverse: aperto sostenitore di Simion Matteo Salvini, molto più cauto Antonio Tajani. Giorgia Meloni, e quindi FdI, condividono con Simion la militanza nella famiglia politica dei Conservatori europei e anche l’ambizione di stringere un’alleanza forte con Trump.