Le parole dell'avvocato Laura Sgrò, legale della famiglia Orlandi dopo la conferma del Promotore di giustizia Vaticano sull'esistenza del fascicolo. I dubbi del fratello Pietro: "Consegneranno l'originale?"
Il dossier in Vaticano sul caso Orlandi esiste e "l’ammissione da parte del Promotore di Giustizia dell’esistenza di un fascicolo in Vaticano su Emanuela Orlandi è un passo avanti importante verso la verità. È un fatto certo, infatti, a questo punto, che il Vaticano abbia compiuto delle attività aventi ad oggetto il rapimento di Emanuela Orlandi che non ha mai condiviso né con la famiglia Orlandi né con la procura di Roma". Così l’avvocato Laura Sgrò, legale della famiglia di Emanuela Orlandi.
“Tale circostanza, peraltro, arreca molto dispiacere ai familiari della Orlandi, considerato che nel 2012 i magistrati romani conducevano la seconda inchiesta sul sequestro di Emanuela Orlandi e i magistrati stessi avrebbero potuto, in un’ottica di leale collaborazione, giovarsi delle risultanze vaticane - continua -. Le dichiarazioni del Promotore di Giustizia, poi, destano qualche perplessità sulla ricostruzione stessa della storia di questo fascicolo. Il Comandante Giani, infatti, avrebbe redatto questa ‘ricostruzione storica’ nel 2012, che sarebbe adesso nella disponibilità del Promotore di Giustizia”.
“Pur rispettando il segreto istruttorio, va evidenziato che la famiglia Orlandi ha fatto richiesta di prendere visione ed estrarre copia di questo fascicolo sin dal 2017, mentre l’inchiesta vaticana è stata aperta solo nel gennaio del 2023, ben sei anni dopo - aggiunge l’avvocato -. Perciò, è lecito chiedersi: chi ha custodito questo fascicolo fino ad ora, visto che in più occasioni, nei predetti anni, è stato riferito pubblicamente dalle autorità vaticane che non esisteva alcun fascicolo e che quello di Emanuela Orlandi era ‘un caso chiuso’?”.
“La famiglia Orlandi confida che vengano finalmente date delle risposte chiarificatrici, considerate le innumerevoli istanze da loro formulate alle autorità vaticane e si augura sia giunto davvero il momento di fare chiarezza”. “Allo stesso modo gli Orlandi si augurano che la Procura di Roma nonché la Commissione Parlamentare di inchiesta si attivino quanto prima per chiedere l’acquisizione di questo fascicolo”, conclude l’avvocato Sgrò.
L’ammissione dell’esistenza di un dossier sul caso di Emanuela Orlandi “è già qualcosa di positivo anche se in passato il Vaticano ha sempre negato. Il fatto che il pm Diddi dica che non è divulgabile fa però capire che c’è qualcosa di grave”. Pietro Orlandi, il fratello della cittadina vaticana di cui si sono perse le tracce oltre 40 anni fa, all’indomani delle parole del Promotore di giustizia del Vaticano, con l’Adnkronos dà voce ai “dubbi” che aumentano.
“Spero che il dossier lo mostrino in Commissione - dice -. Ma consegneranno l’originale? Nessuno lo ha mai visto in tutti questi anni. L’unico testimone sarebbe Giani che nella recente audizione si è un po’ frenato: è ancora cittadino vaticano”. “Io sono contento che ci sia stata l’ammissione - osserva il fratello di Emanuela -. Del resto Giani, l’ex capo della Gendarmeria, sentito due settimane fa dalla Commissione parlamentare, aveva parlato di un dossier in mano a Diddi e ora il Promotore non poteva negare”.
Il punto, osserva Pietro Orlandi, è che quel dossier il Vaticano lo ha da tantissimi anni e fino ad ora ha sempre negato. “Io - dice - quando parlavo di un dossier non lo dicevo perché lo immaginassi, ma perché nel 2011 ero presente quando mons. Georg Ganswein mi disse che avrebbe chiesto a Giani di fare ricerche in Vaticano su ciò che si trovava su Emanuela. Da li’ è nato questo fascicolo che Paolo Gabriele (ex maggiordomo di Ratzinger deceduto, ndr) mi disse di avere visto sul tavolo di mons. Georg. Eppure hanno sempre negato: il card. Bertone negò, eppure stava in segreteria di Stato. Successivamente anche il card. Becciu disse che il caso era chiuso. Nel 2012 quando e’ stato creato questo fascicolo l’inchiesta della Procura era ancora aperta. Sarebbe stato importante se avessero collaborato”.
Oggi c’è l’ammissione dell’esistenza di un dossier, che è sempre mancata. “Io non so cosa contenga il dossier ma che adesso Diddi dica che c’è e che il contenuto è riservato fa capire che c’è qualcosa di grave. Non possono consegnare solo ritagli di giornale”, annota Pietro. Il Promotore di giustizia Diddi ha parlato di cinque piste, facendo capire che stanno indagando su tante situazioni . “In una di queste - osserva Pietro Orlandi - parlarono molto delle presunte molestie in famiglia, da parte di uno zio, pista poi smontata”.
Secondo il fratello di Emanuela, “il fatto che Diddi dica che il contenuto del dossier non è divulgabile farebbe evincere che non si tratti della questione famigliare perché di quella sé ne e’ parlato ampiamente. Per me esclude la pista familiare in base a quel che dice”.
Il mistero Orlandi è meno o più fitto? “Per come sono andati questi 40 anni - osserva Pietro - direi che non mi fido al cento per cento . Spero non ci siano trame sotto ma che ci sia la massima onestà. Di certo, mi ha colpito che Diddi ora mi dia ragione. Si e’ sbilanciato”.