
Con il romanzo "Di spalle a questo mondo" ha vinto la 63esima edizione del Premio Campiello
Al centro del romanzo "Di spalle a questo mondo", con cui Wanda Marasco ha vinto la 63esima edizione del Premio Campiello, sabato 13 settembre al Teatro La Fenice di Venezia, c'è un personaggio reale ma quasi dimenticato: Ferdinando Palasciano, medico e chirurgo napoletano ottocentesco, che in pieno Risorgimento ebbe il coraggio di infrangere l'ordine della guerra per seguire quello, più profondo, della coscienza. Curava tutti, anche i nemici, anche sotto il fuoco. In questo, fu precursore della Croce Rossa, ma soprattutto figura etica, tragica, radicale. Un uomo "morto per troppa onestà", come lo definisce Marasco. Ed è proprio questa storia, vibrante e civile, che ha portato per la prima volta nella sua lunga storia la casa editrice veneta Neri Pozza alla vittoria del Campiello. Un traguardo che unisce la scrittura coraggiosa dell'autrice napoletana e la visione editoriale di Neri Pozza da sempre attenta alla qualità letteraria.
Palasciano, più che protagonista, è simbolo di un'idea altra di umanità. Non combatteva per un vessillo, ma per un principio: la cura dell'altro, anche quando è il nemico, è l'ultimo atto di civiltà possibile. E su questo principio ha costruito la sua vita, e la sua rovina. "Ferdinando curava i poveri e i soldati dell'esercito avversario. Oggi questo dice tutto" spiega Marasco, parlando del suo protagonista come di "un Gino Strada di Emergency dell'Ottocento". "Perché se perdiamo la capacità di prenderci cura, perdiamo l'umano. E allora vince il disumano, quello che ci circonda", sottolinea Marasco.
Il romanzo racconta la sua parabola, ma anche la storia d'amore struggente con Olga Pavlova Vavilova, nobildonna russa, figura claudicante e luminosa, che lo accompagna nei suoi slanci e nelle sue cadute. La loro vicenda incrocia la guerra, la malattia, la follia, e diventa narrazione del collasso e della speranza. Nel romanzo - come in tutta l'opera di Wanda Marasco - la follia non è margine, ma sguardo. È la possibilità di vedere oltre, di attraversare il dolore senza smettere di interrogarsi. "La follia è intrecciata all'amore, alla morte, alla guerra. È ovunque. È il mondo che esplode dentro e fuori di noi", sostiene l'autrice. E scriverne, per Marasco, è un dovere poetico ed etico. "Vengo dal teatro. So cos'è la sensibilità estrema. Ma se la racconti, devi farlo con verità. E con la poesia che c'è anche nella tragedia".
"Non è un saggio mascherato, non è una narrazione semplificata. È un romanzo e basta", spiega Wanda Marasco all'Adnkronos. "Di spalle a questo mondo" è un testo stratificato, narrativo, lirico, che sfida la frenesia della narrativa contemporanea e torna alla forma del grande romanzo classico. "Ho scelto la complessità", dice Marasco. "E se questo libro è stato capito, significa che la letteratura ha ancora spazio per essere esigente".
Lo scenario è quello di una Napoli inedita, piena di ombra, arte e pensiero. Non da cartolina, ma teatro umano e storico, dove si muovono anche figure sorprendenti. "Napoli è città del sud del mondo", sostiene Marasco. "Contiene ancora rivolta, guasto, luce e mistero. Come la letteratura".
Alla vittoria, Marasco reagisce con lucidità e gratitudine: "È come ritrovare il proprio nome scritto da qualcun altro, per strada. E riconoscerlo". Il Premio Campiello è "un traguardo", ma anche una conferma: "la letteratura può ancora scavare nel profondo, senza scorciatoie". E ora? "Sto già lavorando al prossimo libro", rivela. Ma "Di spalle a questo mondo", racconta l'autrice, "era dentro di me da tempo. Lo chiamavo 'La Torre di Ferdinando'. Quando ho scoperto nelle vite di Ferdinando e Olga la fragilità, l'amore, la guerra, la follia, ho capito che lì c'era tutto ciò che volevo dire". Infine, la dedica della vittoria del Campiello: "A tutto ciò che nella vita e nella letteratura mi ha consegnato amore e conoscenza". (di Paolo Martini)