
A proposito di automotive, il ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha definito "verosimile" l'ipotesi secondo cui parte degli attuali lavoratori del settore dell'automotive venga formata e riconvertita per lavorare in altri settori, tra cui quello della Difesa. "La necessità di difendere l'Europa può essere un'opportunità di sviluppo", ha detto il ministro.
Il Ministro è del parere di incentivare le aziende della filiera automotive nel diversificare e riconvertire le proprie attività verso settori ad alto potenziale di crescita come la difesa, l’aerospazio, la blue economy e la cybersicurezza. In particolare, nel medesimo giorno del tavolo sull’automotive, ha dichiarato, tra l’altro, “possiamo salvaguardare e valorizzare le competenze dei lavoratori dell’automotive” con “le loro capacità tecniche e il capitale umano già formato”. L’idea sembra già prendere forma: “Insedieremo un tavolo specifico con le imprese e le Regioni per governare la transizione e, quindi, anche la necessaria riconversione industriale verso i comparti in maggiore crescita su cui abbiamo anche campioni nazionali ed europei che possono contribuire a sviluppare le filiere produttive”, ha aggiunto Urso. L’idea ha subito diviso i sindacati, finora compatti nella crisi. Se per la Fiom il passaggio al militare è una proposta “assurda” sotto ogni punto di vista, si dicono favorevoli i metalmeccanici della Cisl, contrari anche i partiti dell’opposizione: cinque stelle, AVS e Shlein che rubrica la proposta a semplice propaganda. Ma già a fine febbraio. Il Ministro Giancarlo Giorgetti ha dichiarato: “Si parla moltissimo della riconversione dell’automotive al sistema della difesa, non si può ignorare che la spesa per la difesa e gli investimenti della difesa hanno anche una ricaduta in termini di crescita economica. È l’elemento da cui devo partire, per quanto riguarda gli interessi del mio ministero”. E l’ipotesi sarebbe già sul tavolo di Palazzo Chigi e dei ministeri di Economia, Imprese e Difesa da alcune settimane. Peraltro, in altri Stati Ue il progetto è già partito.
Rapporto sul futuro della competitività europea, audizione di Draghi in Parlamento
Nella seduta di martedì 18 marzo, di fronte alle Commissioni congiunte Politiche Ue, Bilancio, Industria del Senato e Bilancio, Attività produttive, Politiche Ue della Camera, si è svolta l’audizione dell’ex Premier, Mario Draghi, in merito al suo Rapporto sul futuro della competitività europea, documento presentato in sede istituzionale europea il 17 settembre scorso. Secondo Draghi, l’introduzione dei dazi e le altre politiche commerciali avranno un forte impatto sulle imprese italiane ed europee, così come la sicurezza sarà messa a dura prova dal cambiamento nella politica estera americana, specie nei riguardi della Russia, ma a prescindere dai recenti avvenimenti, l’Europa avrebbe dovuto affrontare la stagnazione economica e assumere maggiori responsabilità per la difesa e la sicurezza continentali. Nel corso dell’audizione, Mario Draghi sottolinea tre aspetti divenuti di massima urgenza per quanto riguarda la competitività continentale: costo dell’energia, regolamentazione, politica dell’innovazione. Sul primo aspetto, è necessario un intervento di riduzione delle bollette per imprese e famiglie per poter attuare una seria politica di rilancio, infatti i costi energetici elevati pongono le imprese europee e soprattutto italiane in perenne svantaggio rispetto ai concorrenti internazionali. Inoltre, servono maggiore regolamentazione e trasparenza sui mercati del gas. Sul secondo punto, Draghi indica la necessità di una semplificazione normativa su diversi ambiti, specie il digitale, visto il numero elevato e l’eccessiva frammentazione delle regole. Per quanto riguarda la politica dell’innovazione, il Rapporto approfondisce l’intero ciclo e propone diverse proposte su ciò che l’Europa dovrebbe fare per ridurre il gap con Usa e Cina. Una sezione specifica del Rapporto è dedicata alle maggiori vulnerabilità dell’Ue. Su questo tema, Draghi ha espresso la necessità di definire una catena di comando unica continentale che si distacchi dalle singole priorità nazionali, anche mediante la creazione di sinergie europee. Parlando di difesa e ReArm Europe, Mario Draghi ha dichiarato: “Per la difesa sono previsti nuovi ingenti investimenti, ma è indispensabile una riflessione su come spenderli, concentrandosi su poche piattaforme evolute e non su tante singole piattaforme nazionali dedicate al mercato domestico. Se l’Ue decidesse di creare un suo sistema di difesa evoluto, superando il frazionamento, ne otterrebbe un ritorno industriale e un rapporto più equilibrato con gli Usa sul fronte economico”.
Link: Dossier audizione Draghi