“Xi non è sparito, è più potente che mai. E con l’Europa c’è una frattura profonda”. Parla Sisci

Il sinologo commenta le voci di un’‘eclissi’ del presidente cinese. Tra dazi Usa e il vertice Ue-Cina del 24 luglio

Xi Jinping e Vladimir Putin - IPA
Xi Jinping e Vladimir Putin - IPA
14 luglio 2025 | 18.21
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Nell’ottovolante del rapporto tra Stati Uniti ed Europa manca, almeno a livello mediatico, la voce della Cina. Xi Jinping è davvero commissariato, o eclissato, come si legge in alcuni retroscena di stampa? “No, ha più potere che mai, sono voci incontrollate che non hanno fondamento”, dice all’Adnkronos il sinologo Francesco Sisci. “L’anno scorso è stato menzionato meno del solito dai giornali governativi, ma è onnipresente sui media cinesi, due settimane fa c’era una prima pagina in cui tutti gli articoli parlavano di lui. Quanto ai generali messi da parte, è stato Xi stesso a rimuoverli. Non c’è alcun cambio di potere imminente: la presa del presidente sulla Cina resta molto forte”.

Xi non ha partecipato al vertice dei Brics (ha inviato il premier Li Qiang) e non è chiaro se presenzierà al summit tra Cina ed Unione Europea, previsto per il 24-25 luglio. Secondo Sisci, da quell’incontro non usciranno grandi risultati: “C’è chi spera che le due parti trovino un fronte comune sui dazi, come risposta a Trump. Mi pare molto difficile: la relazione commerciale tra Europa e Cina è già complicata di per sé. È vero che Pechino vorrebbe approfittare delle tensioni tra Stati Uniti e Ue, ma dall'altra parte non mi sembra che a Bruxelles ci sia una strategia di ampio respiro sulla Cina. Si procede in modo un po’ casuale”.

In effetti i fronti aperti sono molti: il blocco europeo ai dispositivi medicali cinesi nelle gare pubbliche; i dazi ai veicoli elettrici; l’argine doganale a Shein e Temu; Huawei che è stata espulsa dalla rete 5G spagnola ma continua a gestire le intercettazioni giudiziarie di quel paese. C’è qualcosa che la Cina che può mettere sul piatto per “corteggiare” l’Europa per allentare il legame transatlantico? “La questione delle auto elettriche è ormai monodirezionale”, spiega l’esperto. “Nessuno pensa più che la Cina sia un mercato per le case europee, visto che produce veicoli che sono migliori sotto il profilo del rapporto qualità/prezzo. Certo, l’Unione potrebbe chiedere la piena convertibilità del renminbi e la piena apertura del mercato cinese, ma sono due dossier enormi che non mi paiono affrontati”.

“E poi c’è il tema dei temi, che impedisce qualsiasi svolta concreta”, prosegue Sisci, “ovvero il sostegno cinese all’invasione russa dell’Ucraina. Che per l’opinione pubblica italiana, più filo-russa di altre, non appare così esistenziale, ma per il resto dell’Europa, in particolare quella nordica e centro-orientale, lo è. È una frattura profondissima, persino più di quella tra Stati Uniti e Cina: senza il sostegno cinese, Putin avrebbe già perso la guerra. Lo scambio tra Kaja Kallas e il ministro degli Esteri Wang Yi testimonia questo abisso che si è creato”. Il ministro, secondo fonti riportate da più parti, avrebbe detto che la Cina non può permettersi una Russia sconfitta, perché questo consentirebbe a Washington di dedicare tutte le attenzioni alla Cina.

Questa frattura tra Bruxelles e Pechino si può sanare? “Forse dopo la fine della guerra, o se la Cina cambia radicalmente posizione, ma non vedo elementi in questo senso”, conclude Sisci. “Al vertice del 24-25 luglio si parlerà dunque solo di questioni commerciali, e non cambierà molto nella sostanza più profonda delle relazioni tra i due blocchi”. (di Giorgio Rutelli)

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