
Dal palco della Pergola a Firenze tra ironia, gratitudine e nuove suggestioni, l'addio alle scene del cantautore potrebbe non essere definitivo
"Se non ci si dovesse rivedere, fate in modo che sia per causa vostra". La battuta è di quelle che fanno sorridere il pubblico e al tempo stesso lo lasciano con un nodo in gola: Claudio Baglioni l'ha pronunciata, domenica sera 4 maggio, sul palco fiorentino dello storico Teatro della Pergola, durante uno dei concerti sold out del suo tour "Piano di volo tris". Ma il tono, lo sguardo, l'energia con cui l'ha detta, hanno lasciato intravedere molto più di un semplice congedo ironico: il sospetto - o la speranza - che il suo addio alle scene, annunciato per il 2026, non sia così definitivo.
Perché il Baglioni visto e ascoltato a Firenze era tutto fuorché un artista in uscita di scena: pimpante, brillante, in splendida forma, capace come pochi altri di tenere il palco da solo per tre ore e mezza, senza mai una pausa (neppure per bere un sorso d'acqua), intrecciando i suoi successi evergreen con canzoni meno frequentate, narrazione e invenzione con quella leggerezza colta che lo rende unico. "Per questo tour, ho voluto far riposare i miei musicisti. Io, il riposo, l'ho rimandato ancora per un po'", ha detto tra gli applausi. E poi, quasi tra sé e sé, come chi lancia un sasso nello stagno per vedere che onde fa, si è lasciato sfuggire una frase che ha acceso immediatamente la sala: "Forse dovrei fare un nuovo disco". Parole che, in un clima già denso di emozione, hanno avuto il sapore di una promessa inaspettata. Come se, in quell'ultimo giro di mille giorni" che dovrebbe concludersi a fine 2026, ci fosse spazio per un nuovo inizio, una nuova pagina musicale.
In questo "concerto-racconto" Baglioni è interprete, compositore, attore, intrattenitore. Ma soprattutto è uomo, artista consapevole del tempo che passa e della gratitudine che deve - e sente - verso il suo pubblico. Con questa tour, quasi 300 concerti programmatici tra teatri storci e lirici, "ho voluto raggiungere le persone più vicino a dove vivono, anche per ringraziarle per tutte le volte che loro hanno fatto decine o centinaia di chilometri per venire ai miei concerti". È un gesto di reciprocità, di amore quasi tangibile: "Un modo per restituire parte di quell'affetto che ho ricevuto per oltre cinquant'anni".
E con l'ironia garbata che lo contraddistingue, Claudio Baglioni ha aggiunto: "Io - come altri colleghi famosi - sono diventato un po' pigro. Abbiamo finito col preferire pochi grandi concerti, invece di tanti piccoli concerti, perchè, ci siamo detti, alla fine il risultato di pubblico è lo stesso e con minor sforzo". È una confessione schietta, ma anche la chiave per leggere questa nuova fase della sua carriera: meno stadi, più teatri; meno distanza, più intimità. Il raccoglimento del Teatro della Pergola, che Baglioni ha calcato per la quinta volta, ha trasformato lo spettacolo in un intimo karaoke, una sorta di liturgia laica condivisa con un pubblico che conosce ogni parola, ogni respiro del suo beniamino, che ogni volta accende gli animi di chi conosce a memoria ogni parola di "Avrai", "Strada facendo", "Quante volte", "Fotografie" ma anche di "La vita è adesso" e "Noi no".
Ecco perché l’ipotesi di un ripensamento sul ritiro dalle scene non sembra più così remota. Le pressioni - o meglio, le proteste affettuose - dei fan si fanno sentire, e forse stanno smuovendo qualcosa anche nell'animo del cantautore romano. Il "Piano di volo", che doveva accompagnarlo dolcemente verso l’atterraggio, potrebbe trovare una nuova traiettoria. Per ora, Baglioni vola ancora alto. E chissà che non decida di restare un po’ più a lungo nel cielo della musica italiana. Del resto, le canzoni non ci lasciano mai davvero. Lo ha confermato lo stesso Claudio: "Non so se andrò in paradiso, forse non lo merito, ma sono sicuro che anche da lassù l'universo che vedremo sarà colorato dalla musica".
(di Paolo Martini)