coach Rossi: ''vi racconto l'oro con l'U20 all'Europeo di Basket''

Napoletano, 42 anni. La prossima stagione allenerà da esordiente a Treviso: 'Messina, Banchi e Scariolo i miei modelli'

coach Rossi: ''vi racconto l'oro con l'U20 all'Europeo di Basket''
25 luglio 2025 | 17.19
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Una medaglia d’oro contro ogni pronostico. Un meritato riposo nella sua casa a Baia Domizia. E una stagione, la prossima, che lo vedrà all’esordio in serie A come head coach di Treviso nella massima serie della pallacanestro italiana. E dire che Alessandro Rossi è diventato allenatore un po’ per caso, ha giocato a tennis fino a 17 anni e non ha mai giocato a basket, se non con gli amici al campetto. Spinto da una grande passione ha cominciato nelle giovanili di Napoli, città dov'è nato, poi Scafati e tanti anni a Rieti. Sempre tra serie A2 e leghe minori. La svolta domenica scorsa, 20 luglio, quando ha condotto gli azzurrini dell’Under 20 al titolo europeo di basket in Grecia, stendendo la Lituania 83-66 in finale, a Creta. “Più che svolta direi continuità. Ho fatto gli ultimi due anni da vice ad Alessandro Magro e Paolo Galbiati (entrambi veterani della serie A1 italiana -NdR-). Il fatto che la federazione abbia affidato la squadra a me per questi Europei è stata un’evoluzione naturale”. Gli è stato chiesto di tornare tra le prime 8 perché non accadeva dal 2018. Con i suoi ragazzi, Rossi si è preso tutto, primo posto e titolo di miglior giocatore della competizione a Francesco Ferrari. “Con un po’ di coraggio potremmo accostarlo a Gigi Datome, tutti e due giocano nel ruolo di ala e sanno fare tutto. Certo, sono anche molto diversi” aggiunge il coach. Michael Jordan l’idolo di sempre, menzione d’onore per Latrell Sprewell, immenso talento degli anni 90 tra più difficili da allenare, il sogno irrealizzabile è quello di lavorare in palestra con LeBron James e Giannis Antetokoumpo: “Questi giocatori che sanno fare tutto mi intrigano”. Quello realizzabile invece è appena diventato realtà. Quarantadue anni, sposato con due figli: "Giocano a calcio, ma va bene così", al telefono ricorda ancora ogni istante della vittoria con i suoi azzurrini. “Il giorno della finale avevamo due sedute video. Serviva concentrazione, anche un po’ di tensione ci poteva stare. A un certo punto però il gruppo si è fatto prendere dalla ridarola, sai quando non riesci a fermarti? Così ho iniziato a ridere anch’io. Diciamo che poche ore dall’inizio di una finalissima di un Europeo ti aspetteresti un altro approccio. Mi piace pensare che questa leggerezza invece sia stata la nostra vera forza”.

La forza del gruppo. Un’espressione spesso abusata. Laddove magari c’è meno qualità, tendenzialmente si compensa parlando della coesione, spesso in maniera anche un po’ generica. Stavolta però è tutto vero. “Sin dal primo giorno di raduno i ragazzi e lo staff hanno mostrato grande intesa. Sia nelle piccole cose, come può esserlo uno scherzo, sia nelle cose importanti”. Un’impresa, quasi un miracolo, perché certamente gli azzurrini non partivano da favoriti. Davanti c’erano Grecia, Israele, Serbia, Spagna, Francia. Tutte squadre che disponevano di atleti già con un’esperienza nazionale importante a livello di club con i professionisti, e quindi più abituati a grandi palcoscenici. “Tra di noi giusto Ferrari e Tommaso Marangoni hanno giocato tanti minuti l'ultima stagione con gli adulti, ma in serie A2. Siamo stati bravi perché abbiamo raccolto subito ogni esperienza che abbiamo condiviso, non è banale. Di solito serve tempo, e invece è stato un processo veloce”. Veloce, come lo sono stati i suoi ragazzi in campo, in attacco ma soprattutto in difesa, marchio di fabbrica di Alessandro Rossi. “E’ l’unico aspetto sempre presente nel mio modo di allenare. Poi mi adatto ai giocatori che ho. In questo caso ho sfruttato il fatto di avere a disposizione ottimi atleti, in primis Elisee Assui e Osawaru Andrew Osasuyie. Li ho lasciati correre assieme agli altri, è andata bene. Se avessi avuto una squadra più oversize, per esempio, avrei adottato un'altra tattica”. Se rivedremo o meno questi ragazzi neo campioni d’Europa in serie A è il grande problema che c’è in Italia, dove ormai da anni i giovani fanno fatica a trovare spazio. Rossi dice la sua: “Viviamo la cultura dello sport finalizzata al risultato. DI per sé rappresenta un problema, perché i giovani chiaramente hanno bisogno di tempo. Ma il tempo evidentemente è qualcosa che oggi le squadre italiane non possono permettersi di avere, e così per mettersi al sicuro si affidano all’esperienza. Certamente ci sono eccezioni ma credo che in generale finché saremo schiacciati dalla cultura del risultato non potranno mai esserci veri margini di crescita per i nostri ragazzi”.

Treviso, piazza appassionata, che vive soprattutto di ricordi, tornata in serie A da sei anni e Palaverde sempre pieno, ha voluto dargli fiducia ben prima dell'inizio degli Europei Under 20 -l'annuncio il primo giugno-. Rossi siederà lui sulla panchina del club veneto nella prossima stagione. Il suo modo di allenare non cambierà. “Sono sempre carico, vivo di stimoli, cercheremo di costruire insieme un’identità di squadra con cui il pubblico sarà felice di riconoscersi”. Prima però farà il tifo chiaramente per l’Italbasket di coach Gianmarco Pozzecco, impegnato negli Europei che si disputeranno a Cipro. Tra i convocati, ha fatto notizia l'esclusione di Nico Mannion, considerato tra i migliori giocatori italiani in circolazione. Commenta Rossi: “Escludere qualcuno fa sempre male. Anch’io ho dovuto fare delle scelte. A inizio raduno eravamo 16 e ho dovuto eliminare quattro giocatori. Ma a ciascuno di loro ho detto: vai e dimostrami che mi sono sbagliato”. I suoi modelli di allenatore? Ettore Messina, Sergio Scariolo e Luca Banchi. Da uno di loro in questi giorni è arrivato un messaggio speciale: “Mi ha scritto Ettore, qualche giorno dopo la vittoria degli Europei. Ammetto che non me lo aspettavo”. La prossima stagione i due si stringeranno la mano. Uno, Rossi, 42 anni, esordiente in Serie A1 sulla panchina di Treviso. L’altro, Messina, head coach dell’Olimpia Milano che in carriera ha vinto tutto e primo non americano ad aver vinto una partita Nba come head coach dei San Antonio Spurs in sostituzione di Gregg Popovych di cui era vice: “Per me sarà emozionante stringergli la mano". Pochi secondi di silenzio. Ci pensa su. Poi aggiunge: “Sempre che io riesca a mangiare il panettone”. La telefonata finisce con una risata. Un po' come quella che ha rotto la tensione a Creta prima della Lituania. Il resto, ormai è storia. (di Giacomo Iacomino)

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