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Ambientalismo, la ‘stanchezza da Apocalisse’ ci allontana dalla sostenibilità

Saturazione da brutte notizie, sfiducia e sensazione di impotenza: i dati di Global Web Index evidenziano un calo d’interesse verso le questioni ambientali

Stanchezza
Stanchezza
11 settembre 2023 | 12.32
LETTURA: 4 minuti

Negli ultimi anni il tema del cambiamento climatico è diventato sempre più centrale nel dibattito pubblico, tanto da scatenare anche forme di ansia e angoscia. Alle quali sembrerebbe stia seguendo una reazione, una sorta di ‘rimbalzo’. Si chiama ‘Apocalypse Fatigue’, Stanchezza da Apocalisse, ed è quella sensazione di esaurimento dovuta al “dover fare scelte morali infinite e che non sembrano fare la differenza”. Un impulso di cui in Italia si parla ancora poco ma che pare emergere come una tendenza generale.

Un’indagine della società di ricerca Global Web Index su un campione di oltre 65mila utenti del web rileva questo scoraggiamento, questo senso di impotenza di fronte a un fenomeno così globale che si percepisce fuori dalla propria sfera di influenza. Un sentimento su cui incide anche la saturazione dalle brutte notizie, che esplode nel non volerne più saperne niente. E che si accompagna spesso ad un altro pensiero che si sta facendo strada: il ‘climatedoomism’, ovvero l’idea che l’umanità non abbia comunque scampo e non sopravviverà in nessun caso.

Il calo dell’interesse verso le questioni ambientali

I dati del GWI segnano un calo diffuso nell’interesse e nelle azioni che vengono messe in pratica dalle persone in materia di sostenibilità: nonostante singolarmente tutti dicano di essere interessati all’ambiente, in concreto il numero di chi afferma che tutelarlo è importante è sceso dal 2020 a oggi in tutti i mercati monitorati e nella maggior parte dell’Europa. Sono gli americani i più propensi a sostenere che su di loro il climate change non abbia avuto effetto, subito seguiti dagli inglesi.

Ecco qualche dato di GWI riferito al 2023:

  • in Europa e Nord America solo il 14% dei cittadini si basa sulla sostenibilità nella scelta di acquisto online di un bene (il 23% in meno rispetto al 2020)
  • solo il 29% è interessato ai fattori ambientali (un calo del 17% rispetto al 2020)
  • il 43% preferisce marchi ecosostenibili (-11% rispetto al 2020)
  • il 44% ritiene che sia importante agire a favore dell’ambiente (-10% rispetto al 2020)
  • il 45% afferma di “riciclare sempre” (-9% dal 2020)
  • uno su due (50%) pagherebbe di più per avere un prodotto ecosostenibile (-9% rispetto al 2020).

I motivi alla base della Apocalypse Fatigue

Diverse le cause che portano alla Stanchezza da Apocalisse. Oltre alla saturazione, all’allarmismo diffuso e all’idea che tanto non cambierà nulla, vanno considerati altri aspetti.

  • i criteri finanziari ESG, che dovrebbero spingere le aziende a compiere scelte sostenibili, sono criticati da varie parti
  • il concetto che siano i consumatori a dover attuare comportamenti virtuosi, e quindi la loro quota di responsabilità in materia ambientale, viene rifiutata da molti.
  • spesso le persone non hanno i mezzi economici o le risorse mentali per occuparsi anche di adottare uno stile di vita sostenibile. L’inflazione sta giocando un ruolo significativo anche da questo punto di vista, poiché erode il potere d’acquisto. Il risultato è che essere sostenibili viene percepito sempre di più come un lusso, una ‘cosa da ricchi’. Non a caso il costo dei beni ‘virtuosi’ è il principale ostacolo al loro acquisto.
  • un elemento meno intuitivo messo in luce da GWI, infine, è che durante la pandemia le restrizioni hanno costretto le persone a spendere di meno e quindi ad avere dei risparmi. Allo stesso tempo le hanno portate a sviluppare desideri che sono sfociati in domanda repressa. Ne sono un esempio le vacanze: molte più persone oggi prenotano viaggi all’estero e con minor attenzione all’ambiente: la preoccupazione degli americani rispetto all’impatto ecologico dei viaggi è sceso dell’11%.

Come contrastare la Stanchezza da Apocalisse?

Per contrastare il fenomeno della Stanchezza da Apocalisse, suggerisce GWI, i brand (e i media) dovrebbero proporre narrazioni meno apocalittiche, appunto, e portare il cittadino a essere ottimista e a credere nell’azione personale e dei governi. Anche sottolineando le azioni intraprese che hanno avuto un risvolto ambientale positivo.

Brand e media devono inoltre stare attenti a essere affidabili e a far sì che ciò che comunicano sia percepito come ‘vero’, allontanando nei consumatori l’idea che le azioni messe in campo siano solo greenwashing, quindi un ambientalismo di facciata che nasconde disinteresse o addirittura interessi opposti. Una percezione che allontana i cittadini dalla sostenibilità.

Un sondaggio condotto sempre da GWI ad agosto 2022 ha evidenziato che meno di 1 occidentale su 3 è ottimista sul fatto che si stiano facendo progressi per quanto riguarda il cambiamento climatico, e che alla fine del 2021 circa la metà riteneva improbabile raggiungere l'obiettivo di limitare l'aumento della temperatura globale sotto i 2 gradi Celsius.

Occorrerebbe dunque una rappresentazione più positiva e più varia della questione ambientale nei film e nella comunicazione in generale: dal secondo trimestre del 2020, i consumatori che affermano di essere interessati a ciò che accade nel mondo è sceso del 10%, e ancora di più quelli che affermano di postare sui social opinioni su questioni ambientali. I social tra l’altro, insieme ai media, sono uno dei fattori che contribuiscono alla sfiducia e alla Stanchezza da Apocalisse.

Quello che serve, sottolinea GWI, è la speranza, che è molto più efficace della paura nello spingere le persone ad agire e adottare comportamenti sostenibili. La paura logora, la speranza dà motivazione. Raccontare fatti e storie di cambiamento aiuta a credere di poter fare la differenza e in definitiva contrasta la Stanchezza da Apocalisse.

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