
Maggio è tradizionalmente il mese delle assemblee pubbliche e, su tutte, a dettare l’agenda economica solo quelle, in ordine temporale, di Confindustria e Banca d’Italia. A Bologna si sono riuniti oltre 2.000 imprenditori, esponenti politici e istituzionali. Una scelta insolita per l’Assemblea annuale degli industriali, che hanno voluto dare un segno tangibile di attenzione ai territori, inaugurando un nuovo corso per sottolineare la profonda anima industriale dell’intero Paese. Alla presenza del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e del Parlamento europeo, Roberta Metsola, l’evento ha messo al centro un’Europa e un’Italia dai destini incrociati sul piano industriale e sociale che devono tornare a correre guardando al futuro. Dal palco, il presidente Orsini ha tracciato il percorso: in un contesto globale in rapido cambiamento, l’industria europea reclama un ruolo da protagonista per non restare schiacciata nella competizione internazionale per le risorse strategiche o soffocata da una deriva regolatoria autoinflitta. Da qui la proposta di un grande piano europeo di rilancio, un “New Generation EU per l’industria”, che mobilitando risorse pubbliche e private rivitalizzi un ecosistema manifatturiero messo all’angolo da un eccesso di ambientalismo ideologizzato e da una strisciante diffidenza industriale. La sfida è creare un vero Mercato Unico europeo, sul modello statunitense, eliminando frizioni interne e aggregando capitali e risparmi, e potrebbe generare oltre 1.000 miliardi di euro di produzione aggiuntiva. Ma servono regole più semplici, meno burocrazia, e soprattutto più coerenza tra obiettivi e strumenti normativi. L’Europa è stato un fattore chiave anche nelle Considerazioni Finali del Governatore della Banca d'Italia, Fabio Panetta. "L’Unione europea rimane un baluardo dello Stato di diritto, della convivenza democratica e dell’apertura agli scambi e alle relazioni internazionali. Non può però permettersi di rimanere ferma. Deve avere la capacità di superare i particolarismi nazionali, per tradurre in peso politico la sua forza economica e il patrimonio di cultura e valori di cui è portatrice". Quello europeo è anche il piano su cui Panetta ha spinto di più in senso propositivo. "Vi è oggi l’ineludibile necessità, ma anche la possibilità concreta, di completare il mercato comune; di semplificare, ma non cancellare, le regole che lo governano; di creare un mercato unico dei capitali centrato sull’emissione regolare di titoli europei”. Guardando all'Italia, il Governatore ha fatto riferimento ai "segni di cambiamento: nella manifattura e nei servizi, nel settore finanziario, nel funzionamento delle Amministrazioni pubbliche, nella capacità di ricerca". Li ha definiti "segni di vitalità che non vanno dispersi". Quindi, ha insistito, "non sono risultati compiuti, ma rappresentano un avanzamento reale. È una base concreta su cui costruire, impegnandosi nelle riforme, combattendo le rendite di posizione, offrendo prospettive ai giovani. Abbiamo la responsabilità e la possibilità di farlo".