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A distanza di 80 anni dai fatti, una storica sentenza: riconosciuti 55 mila euro agli eredi di Silvio Servizi, senigalliese internato dai nazisti dopo l’8 settembre

A distanza di 80 anni dai fatti, una storica sentenza: riconosciuti 55 mila euro agli eredi di Silvio Servizi, senigalliese internato dai nazisti dopo l’8 settembre
13 giugno 2025 | 12.46
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In collaborazione con Vivere

L'8 settembre del 1943 Silvio Servizi aveva 29 anni. Era fidanzato con Bice Bartolini che lo attendeva a Senigallia e si trovava in Dalmazia con la divisa del Regio Esercito. Venne arrestato dalle forze tedesche e venne internato in un campo di lavoro in Germania. Per due anni Bice non seppe nulla di lui.

A Silvio Servizi non furono riconosciute le tutele che si devono ai prigionieri di guerra, ma fu trattato da internato militare.

La storia poi ha avuto un lieto fine: il Nazismo è stato sconfitto e Silvio Servizi è tornato in Italia, dimagrito di 20 km (raccontò ai figli di essersi sfamato con le bucce di patate raccolte tra i rifiuti del campo di concentramento) e dopo sofferenze difficili da raccontare. Silvio e Bice si sono poi sposati.

Due anni fa, la decisione della Signora Bice (deceduta poi in corso di causa), della figlia Ivana Servizi e della nipote Silvia Rotatori di affidarsi all’Avvocato Roberto Paradisi per intentare una causa alla Repubblica Federale Tedesca per richiedere i danni morali ed esistenziali subiti dalla famiglia per quel trattamento disumano riservato al soldato Silvio Servizi da parte della Germania nazista. Un’impresa in salita e per nulla scontata.

Ma dopo due anni di battaglia legale, è arrivata una storica sentenza da parte del Tribunale di Roma che ha riconosciuto ai familiari i danni morali ed esistenziali per il trattamento ricevuto da Silvio Servizi, allontanato per due lunghi anni dalla sua promessa sposa. La seconda sezione civile del Tribunale di Roma ha così condannato la Repubblica federale Tedesca a pagare agli eredi un risarcimento di circa 55.000€.

“È un peccato che nonna Bice, scomparsa lo scorso anno, non abbia potuto vivere questo momento - racconta Silvia Rotatori - mio nonno era una persona meravigliosa, con me era dolcissimo, e si riteneva una persona fortunata”.

“Abbiamo incentrato la nostra difesa sul riconoscimento, fin dal 1943, dell’esistenza di crimini di guerra e crimini contro l'umanità – ha spiegato l’Avvocato Roberto Paradisi - nonostante che dette categorie siano sorte solo nell’immediato dopoguerra. Come per il processo di Norimberga, abbiamo evocato le norme eterne del diritto naturale (citando nell’atto di citazione contro la Germania proprio l’Antigone di Sofocle) a dimostrazione che gli Stati devono riconoscere diritti naturali anche in assenza (come era nel 1943) di norme nazionali e internazionali che potessero prevedere detti crimini. Crimini che non vanno mai in prescrizione. Questa sentenza, anche per il fatto che riconosce il diritto al risarcimento di una promessa sposa non legata al tempo dal vincolo del matrimonio, potrà diventare un’autentica apri-pista per casi analoghi rimasti oggi solo nei ricordi drammatici di migliaia di famiglie”.

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