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Cortese (criminologa): '14enne uccisa ad Afragola, ergastolo, senza sconti né scuse'

Cortese (criminologa): '14enne uccisa ad Afragola, ergastolo, senza sconti né scuse'
28 maggio 2025 | 11.38
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“'L’ho uccisa perché mi aveva lasciato'. Non è solo una confessione. È una dichiarazione di potere. È la sintesi brutale di una cultura ancora viva e sottopelle, che non sopporta l’autonomia femminile. In questo delitto, a mio avviso, ha giocato un ruolo fondamentale la rabbia, che il 19enne reo confesso non ha saputo gestire. Non credo al raptus, non esiste; piuttosto è l'incapacità di concepire che una donna possa scegliere di andare via, non si tratta di odio verso la donna, ma dell’impossibilità patologica di concepire che lei sia libera di andarsene. La famiglia è la chiave, serve dialogo e ascolto. I ragazzi chiedono di essere ascoltati". Lo dice all'Adnkronos Antonella Cortese, criminologa e pedagogista, da anni impegnata sul tema della violenza di genere e più volte ospite nelle scuole per parlare ai ragazzi di affettività emotiva.

"In questi giorni, al Festival Internazionale dell’Economia di Genere - racconta - ho promosso la patente emotiva nelle scuole, in collaborazione con il sindacato militare della Guardia di Finanza Sinafi, per imparare a guidare le emozioni. E' necessaria la prevenzione del disagio, migliorare il clima relazionale. Bisogna partire dalle famiglie, educare al rispetto, alla gentilezza, alle emozioni: ho scritto un libro sui giovani, l'adolescenza è una fase particolare dove il giovane cerca una identità, tra ombre e insicurezze in piena transizione. Bisogna educare alla gestione delle emozioni difficili, prevenire il bullismo. Quello che è successo ad Afragola parte dalla famiglia, i ragazzi vanno ascoltati, secondo me non c'é stato dialogo. Se un adolescente si sente capito, sarà meno incline a cercare risposte in ambiti pericolosi".

"Il femminicidio, in questa forma, non è solo un atto di violenza - continua - è un tentativo estremo di negare la libertà dell’altro. Uccidere perché si viene lasciati non è solo un 'delitto passionale'. È una forma di analfabetismo emotivo e affettivo, cresciuto dentro un deserto culturale dove non si insegna mai che l’altro non ci appartiene. Serve educazione sentimentale, sì. Ma serve anche una rifondazione simbolica profonda: dobbiamo smettere di crescere generazioni convinte che l’amore sia possesso, e che perdere qualcuno sia una catastrofe ontologica da vendicare. E serve giustizia. Giustizia vera. Basta con il rito abbreviato, con le attenuanti. Serve l’ergastolo. Serve la certezza della pena. Non per vendetta. Ma per verità. Per dire, come Stato e come società, che chi spezza una vita perché non sa gestire un no, non può tornare a viverne una come prima". Concreto, secondo la criminologa, anche il rischio di emulazione. "Se per tanti motivi i social possono essere utili, serve farne un uso consapevole. E poi non bisogna mai smettere di seguire i ragazzi. Gli incontri nelle scuole, con la patente emotiva, partono da settembre da un istituto comprensivo a Marino e proseguiranno in tutta Italia. Il dialogo è la migliore prevenzione".

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