
Dal fermento artigianale degli anni Venti alla strutturazione di un vero e proprio sistema moda negli anni Cinquanta
La moda italiana non è nata con la celebre sfilata nella Sala Bianca di Palazzo Pitti a Firenze nel 1952. A testimoniarlo è "Moda in Luce 1925-1955. Alle origini del Made in Italy", la mostra che dal 18 giugno al 28 settembre viene ospitata nelle sale del Museo della Moda e del Costume di Palazzo Pitti. Promossa dal Ministero della Cultura, organizzata da Archivio Luce Cinecittà in collaborazione con le Gallerie degli Uffizi, e curata da Fabiana Giacomotti, l'esposizione ambisce a ricostruire tre decenni fondamentali della moda italiana, dal fermento artigianale degli anni Venti alla strutturazione di un vero e proprio sistema moda negli anni Cinquanta.
In mostra oltre cinquanta capi originali, rari accessori, filmati d'epoca, cinegiornali, fotografie inedite e documenti storici: un percorso immersivo che rivela come la moda italiana abbia saputo costruire un'identità forte e autonoma già molto prima del riconoscimento globale. L'allestimento attraversa i trent'anni che precedono la definitiva affermazione del Made in Italy, intrecciando la storia della moda con quella sociale, industriale e culturale del Paese.
"Moda in Luce" dimostra come l’Italia fosse già negli anni Venti e Trenta un laboratorio vivace di innovazione tessile e stilistica. Il cuore narrativo è affidato all'Archivio Luce, che espone materiali audiovisivi perlopiù inediti: dai primi cinegiornali sulle sfilate a Venezia nel 1926 alla diffusione della seta e della viscosa nell’industria nazionale, fino all'utilizzo del Lanital negli anni Quaranta. "È un mosaico di memoria collettiva", afferma Chiara Sbarigia, presidente di Cinecittà. "Una storia di creatività e sperimentazione, raccontata attraverso l'occhio della cinepresa e l’obiettivo fotografico".
La mostra dà spazio a maison storiche oggi dimenticate, come Ventura, Radice, Gandini, Villa, Montorsi, Carosa, accanto a nomi che ancora oggi definiscono l'eccellenza italiana: Gucci, Ferragamo e Pucci. Da segnalare la presenza della 'numero uno' Gucci - una borsa da sera degli anni Venti mai esposta prima - e del celebre sandalo 'invisibile' di Ferragamo (1947), simbolo dell'ingegno e della leggerezza italiana.
"L'abito racconta più di quel che mostra - osserva Simone Verde, direttore delle Gallerie degli Uffizi - Attraverso cinegiornali e immagini d'epoca, la moda viene restituita alla sua funzione sociale, oltre l'estetica". In questa prospettiva, la mostra non si limita a esporre capi iconici, ma propone una lettura storica e critica del gusto italiano, dei linguaggi visivi e delle dinamiche produttive che hanno portato alla nascita di una filiera unica al mondo.
Tra i materiali più preziosi: cataloghi di tessuti, libri rari, "attestati di italianità" e film restaurati come "Sette canne per un vestito" (1948) di Michelangelo Antonioni. Il confronto con la moda straniera, ben documentato da filmati francesi e americani fino alla fine della Seconda guerra mondiale, permette di rileggere anche i rapporti internazionali in chiave sartoriale.
Per Lucia Borgonzoni, sottosegretario al Ministero della Cultura, "questa mostra valorizza una delle massime espressioni dell’ingegno italiano: la moda. Un settore che merita di essere sostenuto con strumenti concreti, ma anche promosso attraverso il racconto delle sue origini". Un patrimonio, dunque, da preservare e far conoscere alle nuove generazioni.
"La genesi della moda italiana riflette la storia stessa del Paese - conclude Fabiana Giacomotti - Una narrazione a più voci che passa per Venezia, Milano, Torino e poi Firenze, città che oggi accoglie questa mostra non come un punto di arrivo, ma come un invito a rileggere con nuovi occhi ciò che ha reso la moda italiana un modello inimitabile".
(di Paolo Martini)