'Il mio primo giorno di scuola', gli scrittori ricordano paure ed emozioni

Per Maurizio de Giovanni "la prima classe mista con le ragazze, una tempesta di sentimenti", per Dacia Maraini "in un campo di concentramento in Giappone". Matteo Bussola evoca invece "l'eccitazione" che provò iniziando il liceo scientifico che non voleva fare

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10 settembre 2025 | 13.28
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Ricordi indelebili. Amicizie nate tra i banchi che durano per una vita intera. Esperienze che turbano, insegnano e aiutano a crescere. Timore per le novità cui si va incontro. Ma anche eccitazione, speranze, attese. Insomma, "una tempesta di sentimenti" che può cambiare la vita. Il primo giorno di scuola anche per gli scrittori è stata una sfida con la quale misurarsi. Nella settimana in cui milioni di giovani tornano in aula, l'AdnKronos ha interpellato alcuni autori chiedendo loro di parlare del primo giorno di scuola o dei momenti più significativi del percorso di formazione che hanno vissuto. C'è chi, come Maurizio de Giovanni, parla di una "tempesta di sentimenti" attraversata quando, nel suo primo giorno del quarto ginnasio, le allieve furono ammesse nella sua scuola fino ad allora solo maschile. E c'è chi, come Matteo Bussola, si sofferma sul suo primo giorno tra i banchi del liceo evocando sensazioni "di paura e di eccitazione insieme". Per la decana delle scrittrici, Dacia Maraini, invece, "la prima scuola è stata la voce di mia madre".

De Giovanni, scavando nella memoria, racconta: "Ho studiato dai gesuiti dalla prima elementare alla maturità. La mia era una scuola esclusivamente maschile che però, dal quarto ginnasio, diventò mista cioè accettò le alunne. A 14 anni, nel 1971, per la prima volta, mi ritrovai in classe con le ragazze. Erano i primi anni Settanta, la liberazione dei costumi di fatto doveva ancora arrivare, tanto più per noi che studiavamo dai gesuiti. Le donne erano qualcosa di misterioso, quasi di alieno. Quel primo giorno di scuola per me è stato indimenticabile. Vedemmo arrivare le ragazze nei confronti delle quali eravamo attratti e respinti, ostili e interessati. C'era in noi una tempesta di sentimenti. Fu un primo giorno di scuola epico: cambiò la mia vita dal punto di vista personale, sociale e culturale. Cominciò una competizione con le ragazze che avevano - e hanno - una marcia in più. Erano bravissime e, come sempre succede, erano interessate ai ragazzi più grandi. Noi eravamo mortificati, giustamente non ci guardavano nemmeno. Dopo più di cinquant'anni penso di essere ancora traumatizzato da quel primo giorno", ironizza de Giovanni.

Un turbinio di emozioni è quello che ha colto lo scrittore Matteo Bussola - da giugno in libreria con 'Il talento della rondine' - quando iniziò il liceo scientifico. L'autore, che nei suoi libri affronta molti temi 'caldi' per i ragazzi di oggi, come la fragilità, i desideri, l'educazione sentimentale e il benessere psicologico, dice: "Del mio primo giorno di scuola al liceo scientifico ricordo la sensazione di paura e di eccitazione insieme. Paura perché non era la scuola che volevo fare (avrei voluto fare il liceo artistico, i miei genitori non me lo permisero) e a qualcosa, dentro di me, sembrava di sentirsi fuori posto. Eccitazione perché era comunque un nuovo inizio, la prima volta di un ragazzo di provincia che cominciava una scuola nella grande città, e la sensazione - ricorda lo scrittore veronese - che sarebbe stata una sfida importante. Perché mi trovavo ad affrontare un percorso scolastico che era il contrario dei miei desideri, cosa che paradossalmente mi avrebbe aiutato a diventare me stesso più di quanto, allora, avrei potuto sospettare". Questo perché, osserva Bussola, " è quando affronti le situazioni inattese o le strade che ritieni meno facili che impari a crescere. Che poi è un altro modo per dire che la vita non è fatta dalle cose che ti capitano, ma da ciò che scegli di farne".

La scuola, si sa, è una palestra di vita e le amicizie che si fanno tra i banchi possono resistere alle insidie del tempo. E' quello che è successo alla scrittrice Nadia Terranova entrata nella cinquina del premio Strega di quest'anno con 'Quello che so di te'. "A 14 anni, quando sono entrata in quarto ginnasio, l'anno scolastico più importante della mia vita - afferma - mi sono seduta accanto a una ragazzina con i capelli rossi e le lentiggini. Ho scoperto, soltanto un mese dopo, che eravamo state migliori amiche da piccolissime e che i nostri genitori si conoscevano. Avevamo già giocato insieme in un'età di cui non avevamo ricordo. La vita ci aveva di nuovo attratte e ci eravamo sedute vicine. Dopodiché abbiamo fatto insieme tutto il ginnasio, il liceo e siamo ancora amiche". Una testimonianza, quella della scrittrice siciliana, che dimostra come il tempo trascorso tra i banchi può davvero unire i destini. "Gli anni scolastici sono stati fondativi di tutto", riflette Terranova, sottolineando di provenire "da una famiglia di insegnanti. Il ginnasio e il liceo sono stati gli anni formativi più importanti della mia vita", precisa.

Dacia Maraini parla invece di una formazione particolare e in qualche modo lontana dagli schemi consolidati. "A sette anni - dice - ero in Giappone in un campo di concentramento. La mia prima scuola è stata la voce di mia madre perché ha cominciato a parlarmi di storia, di geografia. Mio padre mi ha insegnato la matematica. In un momento così difficile e doloroso, la mia prima scuola è stata genitoriale, perché non c'erano neanche i libri".

Per coprire questa mancanza, aggiunge l'autrice - che ha raccontato la sua esperienza nel Paese del Sol Levante nel libro 'Vita mia. Giappone, 1943. Memorie di una bambina italiana in un campo di prigionia' - "mio padre e mia madre erano persone-libro. Erano per fortuna due persone colte. Mio padre, ad esempio, mi parlava di Aristotele e Platone. E' stata una scuola un po' disordinata, però è stato un approccio molto importante. Era l'unico momento in cui dimenticavo la fame. Subito dopo il Giappone, la prima scuola l'ho fatta a Firenze al Collegio della Santissima Nunziata. Non era un collegio cattolico ma laico in cui c'era il mito del Risorgimento, perché la scuola era nata in quel periodo. La prima cosa che mi hanno insegnato è stata quella di ammirare Mazzini, Pisacane, i grandi risorgimentali. Ho imparato subito la grandezza del Risorgimento e vi sono rimasta affezionata".

La scuola, per Nicola Lagioia, è stata un luogo di incontri 'folgoranti'. "Alle scuole superiori - racconta infatti il premio Strega del 2015 con 'La Ferocia' - incontrai una professoressa che, a un certo punto, abbandonò i programmi ministeriali e ci lesse 'The Waste Land' di Thomas S. Eliot. Pur non capendo niente, perché trattava un tema difficilissimo, sentivo che eravamo in contatto con qualcosa di più grande di noi". Si trattò, dice Lagioia, di un fatto "travolgente: una professoressa appassionata di modernismo trattava la nostra classe di ceto medio-basso come se fosse formata da studenti di Eton".

Ad affidarsi ad un "ricordo molto piccolo" ma dolce, e forse romantico, è la scrittrice siciliana Stefania Auci, salita alla ribalta con la saga dei Florio dalla quale è stata anche tratta una serie tv. "E' la cartella rossa che avevo alle scuole elementari. I ragazzi oggi hanno zaini molto diversi dai nostri e noi, come genitori, diamo loro la possibilità di cambiarli spesso. Con quella cartella, invece, io sono arrivata fino alla quinta elementare. Oggi mi fa pensare come è cambiato il modo di essere e di andare a scuola. Gli anni tra i banchi sono stati un impegno, sono sempre stata una persona con uno spirito molto competitivo. Per me era importante dare sempre e comunque il massimo e non era una cosa semplice. La mia cartella rossa era una sorta di totem che mi rassicurava. A scuola - conclude Auci- ho fatto delle amicizie che distanza di trent'anni rimangono". (di Carlo Roma)

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