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Dazi e guerra commerciale, l’accordo con il Regno Unito e la posizione della Ue

16 maggio 2025 | 10.12
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Il metodo Trump, soprattutto per quanto riguarda i dazi e la politica commerciale, è ormai piuttosto consolidato. La premessa, il punto di partenza, è che vadano ridotti i deficit commerciali degli Stati Uniti, determinati dal fatto che importano più beni stranieri di quanti beni vendano all'estero. Da qui, l’affondo inziale con l’imposizione di dazi in entrata a tutto il mondo in maniera proporzionale proprio all’entità dei singoli deficit commerciali. Poi, le successive minacce e quindi una pausa di riflessione per consentire un negoziato. È stato così prima nel rapporto con l’Europa e poi con il principale nemico dichiarato, la Cina. Il risultato finale è prevedibile che sia, su tutti i fronti, un sostanziale passo indietro, alimentato anche dalla consapevolezza sempre più diffusa anche all’interno dell’amministrazione americana dei danni che una guerra commerciale prolungata può comportare per la stessa economia statunitense. Questa mediazione muscolare con il resto del mondo ha però già prodotto danni, nella reazione dei mercati finanziari, nell’andamento dei prezzi e nelle conseguenze industriali che ne derivano. Come ha sostenuto l’ex presidente della Bce Mario Draghi, con i dazi “siamo a un punto di rottura”, perché l’ordine multilaterale è stato minato “in modo difficilmente reversibile” con l’uso massiccio “di azioni unilaterali per risolvere le controversie commerciali e il definitivo esautoramento del Wto”. Ora, non resta che fare i conti con Trump. Il piano del Tycoon americano prevede di stipulare accordi soddisfacenti dopo aver esercitato tutta la pressione necessaria con l’imposizione delle tariffe. Alle controparti, a partire dall’Europa, non resta che cercare di ottenere le condizioni migliori possibile. Il primo accordo sottoscritto è stato quello con il Regno Unito. L'accordo, negoziato rapidamente, non è un patto commerciale di ampio respiro, ma si concentra su settori specifici, alleggerendo le barriere commerciali sui prodotti agricoli, automobilistici, di alluminio e di acciaio. Un accordo completo e globale deve necessariamente passare per l’approvazione del Congresso Intanto, stando agli aspetti specifici dell’accordo che sono stati resi noti, è previsto che il Regno Unito esporti negli Stati Uniti 100.000 auto all’anno con dazi al 10%, invece che al 25% (ogni anno Londra esporta circa 120.000 auto negli States); viene rimosso il prelievo fiscale del 25 per cento su acciaio e alluminio dal Regno Unito, che Trump ha imposto su tutte le importazioni estere di questi metalli il 12 marzo; resteranno in vigore i dazi del 10% che si applicano alla maggior parte delle importazioni statunitensi; gli Stati Uniti aumenteranno le esportazioni di carne bovina ed etanolo verso il Regno Unito, che saranno accelerate attraverso le dogane. L’intesa potrebbe avere significative ripercussioni per l’Unione Europea, che ha avviato un processo di riavvicinamento con Londra sotto la guida del primo ministro Keir Starmer. Il nuovo governo laburista ha infatti adottato un approccio più costruttivo nei confronti di Bruxelles rispetto ai predecessori conservatori, cercando di ricostruire la fiducia gravemente compromessa durante gli anni post-Brexit. In questo quadro, l’accordo tra Stati Uniti e Regno Unito può avere un significato ambivalente per Bruxelles: può essere una via per distendere i rapporti con Washington, visto il crescente dialogo tra Bruxelles e Londra, ma potrebbe anche complicare il percorso di riavvicinamento all’Ue a causa delle tensioni su standard normativi e regolamentari. Questo, ricordando che la tregua sui dazi di novanta giorni, scade l’8 luglio.

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