"La poca conoscenza del settore genera terrorismo politico"

Pedrizzi: “Tempi lunghi per la riforma del gioco fisico”

Pedrizzi: “Tempi lunghi per la riforma del gioco fisico”
10 luglio 2025 | 18.36
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La riforma del comparto del gioco fisico rappresenta senza dubbio una delle sfide più rilevanti per gli operatori del settore. Da tempo si attende l’introduzione di una normativa nazionale capace di porre fine alla frammentazione a livello locale, ma una soluzione concreta appare ancora lontana. Sul tema – e non solo – è intervenuto Riccardo Pedrizzi, già senatore ed ex Presidente della Commissione Finanze e Tesoro del Senato durante la XIV legislatura, in un’intervista esclusiva rilasciata al direttore di Agimeg, Fabio Felici.

Il riordino del gioco fisico è un tema che lei ha affrontato in maniera approfondita

“Mi piacerebbe che ci fosse più trasparenza nello scambio di documenti tra l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ed il MEF, in maniera tale che anche il settore avesse parte attiva nella stesura di quello che dovrebbe essere il nuovo modello del gioco fisico. Invece, a parte qualche indiscrezione di stampa, se ne sa poco. Questo rimpallarsi di documenti, con interventi anche da parte della Conferenza Stato-Regioni, dura da molto, troppo tempo senza che nessuno sappia davvero quale è lo stato dell’arte”.

“Ho spesso usato, per quanto sta succedendo sul riordino del gioco fisico, l’espressione figurata del gioco dell’oca, cioè che si torna sempre a capo e si ricomincia, perché continuiamo ad assistere a questo rimpallarsi del documento di riordino, che viene trattato come fosse un segreto di Stato. E una cosa grave, secondo me, è che non si riesce a “salire” al livello politico. Ci vorrebbe un rappresentante autorevole del Governo che intervenisse mettendo allo stesso tavolo quantomeno i rappresentanti delle regioni di centro-destra, invitandoli ad una soluzione condivisa. Sarebbe un salto di qualità decisivo”.

“Qui si rischia di andare incontro a tempi lunghissimi anche perché è una riforma complessa, difficile, divisiva. Ma tu puoi dare il tempo per i decreti applicativi a fine 2026, cioè pochi mesi prima delle elezioni? Ma chi la farà questa riforma? Chi si prenderà la briga per un tema così sensibile di scontentare una parte dell’elettorato? Andando poi in profondità, bisogna tenere conto dello schieramento definiamolo proibizionista, cioè i Cinque Stelle più una buona parte del PD. Ci tengo però a sottolineare che nel PD ho trovato anche persone preparate come Pier Paolo Baretta che quando gli dettero la delega mi chiamò per chiedermi di confrontarci per avere un quadro più completo di come era lo stato dell’arte del settore del gioco pubblico. Ma anche altri politici di sinistra hanno avuto un approccio serio con il settore e mi riferisco, ad esempio, a Mauro Maria Marino ed a Giorgio Benvenuto. Ma i pasdaran del PD e i Cinque Stelle continuano a fare terrorismo quando intervengono sul gioco pubblico”.

“Negli spazi che politiche proibizionistiche tolgono al gioco legale, si inserisce la criminalità organizzata come purtroppo dimostrato da tante operazioni delle Forze dell’Ordine ed in particolare della Guardia di Finanza. E sono queste politiche miopi di tipo proibizionistico, messe in atto purtroppo trasversalmente da tutti gli schieramenti, frutto di una mancata conoscenza del settore che vanno combattute. Chi prende queste decisioni ha la paura, secondo me ingiustificata, di essere impopolare. Questi signori hanno mai letto e studiato i vari documenti come quelli dell’Istituto Superiore di Sanità, della Corte dei Conti, del Censis, dell’Istat, dell’Eurispes e di varie Università? Basterebbe informarsi per non evitare politiche obsolete, superate, dannose e riportare la questione su un binario di equilibrio e sostenibilità”.

In questa “ignoranza” sul settore rientra le lettura dei dati. Viene sempre citata la raccolta per attaccare il gioco pubblico e mai la spesa reale sostenuta dal giocatore

“La lettura dei dati sul gioco pubblico viene spesso fatta sia per ignoranza, nel senso di non conoscenza, ma purtroppo anche per malafede. Uno degli intervenuti ai recenti Stati Generali del Gioco Pubblico ha dichiarato che: “Per il gioco gli italiani spendono più della sanità”. Ma non è così. Alla raccolta di circa 150 miliardi di euro vanno tolti i 127 miliardi vinti da giocatori (se non ci fossero le vincite non ci sarebbe tutto quel rigiocato e la raccolta sarebbe nettamente inferiore). Dei 20,7 miliardi di euro spesi veramente dagli italiani, più della metà (11,6 miliardi) va all’Erario, quindi a favore della collettività, mentre solo la parte restante va come ricavo a tutta la filiera: dalle grandi multinazionali, al semplice tabaccaio o barista. Senza contare che con questa parte si da la possibilità di vivere a 150.000 famiglie legate, dal punto di vista lavorativo, al settore del gioco pubblico. Ma tutti questi ragionamenti non vengono fatti dalla gran parte della politica, che anzi quotidianamente aggredisce il settore con numeri campati in aria. Ripeto si tratta di vero e pericoloso terrorismo politico che, purtroppo, non viene contrastato adeguatamente dallo schieramento del centro-destra che dovrebbe essere sensibile alle ragioni di imprese e famiglie”.

Lei contesta anche la mancanza di attori importanti negli eventi che trattano di gioco

“Qualche giorno fa ho partecipato agli Stati Generali sul Gioco Pubblico anche con l’intento di verificare se l’intergruppo parlamentare coinvolto avesse davvero la possibilità di incidere sul percorso che sta facendo la riforma. Purtroppo ho dovuto constatare la grave assenza dei rappresentati del Governo, cioè del nostro interlocutore principale. E poi mancavano i grandi player che hanno un peso specifico importante. Con queste assenze ogni discorso lascia il tempo che trova”.

“Tornando al Governo, e lo dico venendo da quel mondo che lo esprime, è sotto gli occhi di tutti che si sta comportando in maniera incomprensibile sul tema del gioco pubblico ed in particolare sul riordino del gioco fisico. Il Governo dovrebbe trarre spunto da quanto di buono è stato fatto in alcune regioni, anche se governate dalla sinistra come la Campania e la Puglia”.

“E tra i tanti problemi che impattano sul settore, oltre alla sovrapposizione delle normative, c’è quello delle competenze. Non è semplice fare sintesi tra quelle del Ministero delle Finanze, del Ministero degli Interni e del Ministero della Salute, senza parlare poi delle competenze confuse e sovrapponibili tra Stato, regioni, province e comuni. Insomma un puzzle difficile da comporre”.

Uno dei suoi cavalli di battaglia è stato sempre quello della destinazione del gettito che il settore del gioco versa all’Erario

“Bisognerebbe seguire la strada che hanno intrapreso altri paesi importanti come Spagna (ad esempio con l’associazione dei ciechi ONCE), Francia e Inghilterra. Mi riferisco al fatto che in questi paesi una buona parte delle entrate derivanti dai giochi hanno delle destinazioni di utilizzo verso il mondo del sociale e della cultura. Anche in Italia bisognerebbe destinare questi fondi direttamente a cause socialmente importanti e non farli soltanto confluire nella fiscalità generale”.

“E sarebbe importante, anche per accorciare le distanze tra le varie posizioni, una compartecipazione degli enti locali alla distribuzione delle entrate derivanti dal settore del gioco pubblico. Si tratterebbe di una soluzione, anche in base al principio di sussidiarietà, equilibrata, giusta, visto l’impegno degli enti locali nelle attività di controllo e gestione del territorio, oltre che di informazione, di contrasto e di assistenza verso il fenomeno della ludopatia”.

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