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Rep.Congo, vicecapomissione Msf a Goma: ''Ci servono garanzie da M23, Italia può mediare"

cooperanti italiani nella città assediata raccontano di ''saccheggi e combattimenti in corso''

Rep.Congo, vicecapomissione Msf a Goma: ''Ci servono garanzie da M23, Italia può mediare
29 gennaio 2025 | 13.12
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Stanno cercando di ottenere ''garanzie di sicurezza dai ribelli dell'M23 che controllano il sud di Goma'', per poter ''raggiungere i feriti e portarli in ospedale al più presto''. E allo stesso tempo rivolgono ''un appello alle parti belligeranti perché diano spazio all'azione umanitaria e medica''. Sono le priorità di Medici Senza Frontiere, come racconta all'Adnkronos Marco Doneda, vice capo missione Msf a Goma e unico italiano dell'organizzazione rimasto. ''Gli italiani qui sono visti come al di fuori dei giochi di Paesi che hanno connessioni con il Ruanda e che sono diventati obiettivi nelle proteste'', racconta. ''Sicuramente in Congo non si ha una percezione negativa dell'Italia non avendo mai avuto un passato colonialista in questo Paese e proprio per questo il nostro Paese potrebbe svolgere un ruolo di neutralità e di mediazione'', afferma Doneda, a Goma dal maggio del 2024.

''La situazione attuale è l'acme di una crisi che dura da oltre un anno'', prosegue, ''ma fino a due settimane fa sembrava irrealizzabile un simile attacco dell'M23, anche per la forte presenza a Goma di uomini in armi''. Con il precipitare degli eventi, Msf ha ''ridotto il suo staff'' e ora ''siamo rifugiati da lunedì nella nostra base nel quartiere dei vulcani vicino al confine con il Ruanda. Uscire non è sicuro, ci vuole molta cautela''. Oggi lì ''la situazione è abbastanza calma'', ma ''ieri c'è stata una battaglia a 2 chilometri di distanza, ci sono state esplosioni, un razzo ci è passato sopra la testa. La zona è sotto il controllo dell'M23'' ed è ''da loro dobbiamo ricevere garanzie di sicurezza per poter uscire. C'è molta tensione, ieri hanno sparato contro veicoli delle Nazioni Unite''.

Nel frattempo all'ospedale di Kyeshero lo staff di Msf ''continua l'attività medica'' e ha ricoverato solo oggi ''80 feriti, circa 150 dall'inizio della crisi tra civili e militari''. Ma si tratta ''in particolare di donne, le più esposte alle violenze nei campi di sfollati mentre gli uomini sono stati magari coinvolti nei combattimenti''. E forse in questi hanno perso la vita. ''La Croce Rossa ha iniziato i primi sopralluoghi in città e ha riferito della presenza di molti cadaveri in strada'', ha spiegato Doneda. Come Msf, ''cerchiamo di rifornire il nostro ospedale e quello supportato dalla Croce Rossa con materiale medico, ma è una fase confusa dove gruppi di civili e di giovani hanno preso le armi abbandonate in città e si stanno dedicando al saccheggio, anche del magazzino del Pam e del nostro magazzino della farmacia e del materiale medico''.

Ora ''dobbiamo capire cosa succede a Goma, dove la gente vive asserragliata in casa, capire come muoverci senza mettere a rischio nessuno'', spiega Doneda citando il figlio di un collega congolese di Msf, morto dopo essere stato raggiunto da un proiettile vagante a Goma. ''Non gli è stato nemmeno permesso di portare il corpo all'obitorio, il collega è stato fermato, picchiato e costretto a tornare in casa'', racconta.

A Goma intanto si combatte ancora, la città non è ancora caduta completamente ed è preda di "saccheggi" che "sono continuati tutta la notte". Lo racconta all'Adnkronos Monica Corna, rappresentante Paese della ong salesiana Volontariato internazionale per lo sviluppo (Vis) nella Repubblica democratica del Congo e che a Goma abita e lavora da oltre 20 anni. "Qui la situazione è molto instabile e precaria, ci sono alcune zone della città in cui ci sono ancora combattimenti in corso in quanto non è ancora stata presa", afferma la cooperante italiana, secondo cui "la città non è ufficialmente in mano agli M23 e questo comporta criminalità, instabilità ed insicurezza".

La cooperante del Vis racconta di "saccheggi di supermercati e materiali elettronici continuati tutta la notte in ogni parte della città e che vedono implicati ragazzi di strada e parte della popolazione". Secondo Corna, i ribelli M23 "sparano a vista e uccidono" chi è sorpreso a rubare.

Corna spiega che "la corrente elettrica non c'è e non è ancora stata ristabilita", mentre chi è al confine come lei ha a disposizione qualche minuto di connessione a internet grazie a carte sim della Ruanda. "Per il resto noi stiano bene, io sto bene, continuiamo a stare al sicuro, ma a volte non riusciamo a comunicare tra di noi e questa è la parte più difficile".

"Si cerca di uscire il meno possibile di casa anche se le scorte di cibo e di acqua stanno diminuendo sempre di più e questo rappresenterà tra poco un serio problema - conclude - Speriamo che la situazione si risolva il prima possibile".

Dice invece di aver ''temuto per la sua vita'' e quella di sua moglie e suo figlio Roberto Solagna, cooperante italiano e referente nella Repubblica democratica del Congo dell'ong Ai.Bi. (Amici dei bambini). Tanto che da Goma, dove vive dal 2014, ha deciso di fuggire in Ruanda ''sotto una pioggia di bombe e proiettili'', come racconta all'Adnkronos, approfittando della ''frontiera che era ancora aperta'' e dopo che ''gli eventi sono precipitati''. Ora, dichiara, ''la frontiera con il Ruanda è chiusa e non si può più uscire'', quindi gli italiani che non hanno ''approfittato dell'opportunità offerta dall'ambasciata italiana a Kinshasa'' sono rimasti lì.

''Non escono di casa, non è sicuro - prosegue Solagna - un mio amico congolese è stato ferito alla gamba da un proiettile vagante ed è stato operato. Per fortuna sta bene''. Tra gli italiani rimasti ''ci sono quelli che lavorano con la Croce Rossa negli ospedali nelle zone periferiche della città di Goma che sono sommersi da feriti'', aggiunge. In sicurezza anche i ''duecento bambini'' che l'Ai.Bi. assiste a Goma, ''50 presso le loro famiglie e gli altri nei due orfanotrofi'' in città.

Solagna, unico italiano presente a Goma per Ai.Bi. e in Africa con vari progetti di cooperazione dal 2007, dichiara di essere ''in contatto con i responsabili dei due orfanotrofi. I bambini sono 'in ibernazione', dormono sotto i letti, non escono dalle loro camere, stanno in luoghi sicuri lontani dalle finestre per evitare di essere colpiti da proiettili vaganti''. Rischio che ha corso anche il cooperante veronese, ex consulente informatico, che ha puntato verso Kigali quando, appena a 5 chilometri dal confine con il Ruanda, ''una bomba è esplosa a poche centinaia di metri da noi''.

Nella capitale ruandese, precisa, ''la situazione è sicura, anche se tutto è precario e non si può mai sapere''. Arrivato a Goma dal Burundi, dove si era recato nel 2007, Solagna ammette: ''Non mi sarei mai aspettato una situazione come quella che stiamo vivendo in questi giorni''. Anche se, rimarca, ''da due anni a questa parte la situazione della sicurezza e quella umanitaria è andata sempre peggiorando''. Ad esempio, cita il fatto che ''negli ultimi mesi si è registrato un numero di bambini di strada che non si era mai visto. In ogni piccolo angolo della città ci sono piccole tende appoggiate ai muri, con bambini dai 6 ai 9 anni che ci vivono''.

Ora ''i ribelli dell'M23 hanno conquistato Goma e la città è sotto il loro controllo'', prosegue Solagna, ricordando che una situazione simile si era già creata nel 2012. ''Lo stesso gruppo era riuscito a prendere il controllo di Goma e di alcune province del Nord Kivu. Dopo un po' è rientrato tutto'', ma ora i ribelli ''si sentono traditi e vogliono negoziare ponendo loro le condizioni''. Sul futuro, il cooperante afferma che ''se si trova un accordo e si smette di sparare, si può riprendere una vita normale''. E sul suo futuro personale, Solagna dice: ''Vorrei sapere se c'è ancora la nostra casa. Da domenica vari gruppi criminali stanno saccheggiando negozi e case...''.

Sull'ipotesi di tornare in Italia conclude: "Se le condizioni non ci permetteranno di tornare a Goma, non avremo altra scelta se non rientrare in Italia'', ma la speranza è che ''la situazione si stabilizzi, mio figlio possa tornare a scuola, mia moglie congolese alla sua famiglia''.

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