Ucraina, l'elefante della deterrenza nucleare nella stanza delle garanzie di sicurezza

'la questione non è quella di mettere in campo una Unifil rafforzata o di introdurre nuovi trattati'

Ucraina, l'elefante della deterrenza nucleare nella stanza delle garanzie di sicurezza
27 agosto 2025 | 19.35
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C'è un elefante nella stanza delle garanzie di sicurezza per l'Ucraina. Il potenziale aggressore (di ritorno), la Russia, ha dimostrato di non aver timore a perdere più di mille soldati al giorno per mesi. Per questo, una copertura non può che includere lo strumento nucleare, proprio come durante la Guerra fredda, per la protezione dell'Europa dall'Unione sovietica, spiega all'Adnkronos un analista militare.

"Solo che ora nessuno ne parla, tranne alcune eccezioni. Non c'è né una dottrina, né una politica. Quando negli anni Settanta in discussione c'era invece il dispiegamento degli Euromissili, il tema investiva tutti. Anche i Paesi non nucleari", sottolinea la fonte. Il contenuto delle discussioni in corso in queste settimane, proposte che vanno da una 'Unifil rafforzata' a nuovi trattati, "non ha semplicemente senso strategico".

Fra i pochi a parlare apertamente di quello che c'è gioco è Tatyana Stanovaya, fondatrice di R.Politik e analista del Carnegie Russia Eurasia Center: "il problema è che, nella sua ricerca di una formula per garantire la sicurezza dell'Ucraina, l'Occidente sta cercando di trovarne una che consenta di contenere un aggressore che non può essere sconfitto con mezzi militari perché possiede armi nucleari", ha scritto la politologa nell'articolo appena pubblicato "Vittorie tattiche nei colloqui di pace per l'Ucraina porteranno solo a una sconfitta strategica". Con l'Occidente che rifiuta risolutamente di combattere direttamente la Russia dalla parte dell'Ucraina oggi, non c'è ragione per credere che sarà improvvisamente disposto a farlo nel caso di una nuova escalation, dopo che la guerra in corso si sarà fermata". "Questo significa che l'Ucraina non può sentirsi sicura fino a che la Russia non sarà sconfitta o fino a che il Cremlino non cambierà le sue politiche, che non sono svolte attese in un qualsiasi breve arco di tempo", conclude Stanovaya, chiarendo i termini dell'impasse.

Dal canto suo, la Russia ha invece formulato chiaramente le garanzie di sicurezza di cui dice di aver bisogno, chiedendo, in alternativa al controllo militare dell'intera Ucraina, potere di veto in una futura struttura tri o quadri partitica, modellata sull'amministrazione di Berlino dopo la guerra. Insieme alla reintroduzione del russo, la richiesta di Mosca renderebbe di nuovo l'Ucraina 'estero vicino' della Russia, il protettorato che Mosca ha sempre detto di volere e che gli ucraini, non gli occidentali, non sono disposti a tornare a essere.

Cosa serve allora a Kiev? La Guerra fredda è terminata. Non è pensabile che gli Stati Uniti di Donald Trump siano disponibili a mettere a disposizione dell'Europa, a protezione dell'Ucraina, il loro arsenale nucleare. Ma stanno pensando di farlo invece Francia e Gran Bretagna. Lo scorso marzo Emmanuel Macron ha proposto di superare la Dottrina de Gaulle, per cui la 'Force de frappe' è strumento esclusivamente nazionale, a protezione del solo territorio francese, per estendere le garanzie alla Germania, entrando nella logica di una deterrenza nucleare estesa (che è quella garantita dagli Stati Uniti a Giappone e Corea del Sud), che potrebbe in un futuro non vicino estendersi all'Ucraina.

Il 'porcospino di acciaio' per l'Ucraina su cui insiste la Presidente della Commissione dell'Unione europea, Ursula von der Leyen è solo uno strumento di difesa e di garanzia di impegno in caso di attacco. Ma non di deterrenza. Nel senso, spiega la fonte, che "non costringe la Russia, a effettuare scelte diverse da quelle che vorrebbe fare e che sono chiare, quella di annientare la statualità dell'Ucraina", non rende indigesto a un aggressore aggredire, come ha invece sostenuto von der Leyen. "Non eserciterebbe deterrenza su Putin neanche la possibilità di uno scambio nucleare tattico, si fa notare.

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La messa in campo delle garanzie di sicurezza di cui si discute in queste settimane è un passo verso la pace solo in quanto rappresenta una escalation, non del conflitto auspicabilmente, ma della disponibilità alla partecipazione al conflitto degli alleati occidentali che hanno fino a ora sostenuto Kiev solo dall'esterno.

Non c'è bisogno di un 'simil articolo 5' del Trattato Nord Atlantico per garantire l'aiuto dei Paesi alleati. E' sufficiente l'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite che riconosce la necessità di esercitare la difesa collettiva, secondo cui, "tutte le disposizioni della Carta non pregiudicano il diritto naturale degli Stati di esercitare la legittima difesa, individuale o collettiva". L'articolo 51 non contiene automatismi od obblighi. Ma neanche l'articolo 5 che prevede solo l'"azione che (l'alleato, ndr) giudicherà necessaria", solo la disponibilità di un Paese a intraprendere "immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’uso della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale".

La garanzia dell'intervento è determinata da altro, vale a dire, da quanto è stato in precedenza messo a disposizione, quindi a rischio, sul campo. Nel caso della Nato ad esempio, dello schieramento avanzato delle forze. 'Intervieni perché ci stai perdendo anche tu'.

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Garanzie di sicurezza includono misure di difesa e di deterrenza, laddove queste ultime sono possibili solo dopo che sia stata assicurata una difesa credibile, e servono "per far passare all'aggressore l'idea di aggredire, o di proseguire una aggressione". "L'unica forma di deterrenza è la reale capacità di infliggere all'avversario danni insostenibili che, nel caso della Russia, non sono pensabili con il solo strumento convenzionale. E non con uno strumento nucleare qualsiasi, ma con decine, se non centinaia di testate. Quindi, l'unica possibilità di deterrenza è quella di ancorare la sicurezza dell'Ucraina a un Paese con capacità nucleari di tale portata".

La difesa, "necessaria per evitare un colpo di mano e una vittoria facile", non può da sola costituire deterrenza per chi non considera significativa una ingente perdita di forze sostenuta nel tempo. In questo contesto, dispiegare lo strumento convenzionale sul terreno è necessario non solo per garantire, laddove è multinazionale, la difesa collettiva ma anche "come indicatore della propria credibilità e delle proprie intenzioni". L'automatismo non è dettato dai trattati, da articoli più o meno simili, ma dalle forze già in campo. Che definiscono anche il percorso dell'escalation del conflitto, e le diverse possibilità di uscirne.

La deterrenza si gioca invece su "un centro di gravità considerato vitale", in questo caso la Russia come Stato organizzato. L'obiettivo di un attacco unico con decine di missili con 3,4,6 testate, sarebbe la leadership del Paese o diverse città, "per mettere a rischio il valore dell'avversario, non la sua forza".

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Durante la Guerra fredda, fra gli anni '50 e '90 la Francia aveva dislocato in Germania 30-60mila soldati che non esercitavano certo la funzione del 'filo di inciampo', il 'tripwire' di cui si parla ora come uno dei possibili scenari di dispiegamento internazionale in sostegno di un eventuale accordo di tregua o di pace. "Filo di inciampo sono 300 uomini, 30-60mila militari sul terreno, le stesse dimensioni considerate necessarie per una forza di difesa per l'Ucraina ora, sono garanzia di credibilità e della chiarissima intenzione" di impedire al nemico di arrivare al gradino più alto, che è quello dell'impiego dell'arma atomica. "Segnalano la disponibilità a prolungare di settimane o mesi i combattimenti, nella speranza che, avvicinandosi al punto più alto della scala, ci si fermi, di guadagnare tempo per un negoziato". Il dispiegamento di un contingente di queste dimensioni significa "che si è disposti a perdite ingenti in una battaglia di attrito" e "la possibilità di una escalation nucleare credibile".

In epoca di confronto fra i due blocchi, la dottrina francese era chiarissima: prima avrebbero dovuto combattere i soldati sul territorio, sostenuti da armi nucleari tattiche. Se poi le forze sovietiche avessero superato il confine con la Germania, per entrare in Francia, sarebbe stato lanciato un attacco pre strategico, con la distruzione di una sola città, come ultimo avviso prima dell'Armageddon.

In questo nuovo scenario di difesa e deterrenza in sostegno dell'Ucraina, con il secondo volet assicurato da Francia e Gran Bretagna, la Germania sarebbe disposta a prendere parte alla forza di difesa, nel quadro di un accordo stringente con Parigi e Londra.

La forza di difesa ha acquistato concretezza e peso nel momento in cui Trump ha segnalato la disponibilità degli Stati Uniti a fornire protezione aerea che implica "un coinvolgimento importante". Oltre ai piloti, vengono messe in campo intelligence, satelliti, pianificazione, forze speciali, un comando e controllo integrato con gli americani. "Assetti operativi abilitanti che farebbero la differenza", creando una struttura di comando unica tipo il Saceur della Nato di cui ci sarebbe bisogno per esercitare poi deterrenza. "Anche se gli Stati Uniti non comandano, manterrebbero comunque un ruolo assolutamente centrale".

Ma la volatilità di Trump pone un serio rischio. Che dopo qualche mese, gli Stati Uniti, magari dopo un colloquio fra Trump e Putin, possano ritirare la loro partecipazione, "facendo crollare la forza di difesa come un castello di carte" e così anche la deterrenza, aprendo uno scenario ancora più pericoloso". Basta ricordare che, dall'oggi al domani, lo scorso marzo, Trump aveva ordinato l'interruzione del flusso delle informazioni di intelligence diretto a Kiev.

Da risorsa cruciale, l'alleato americano si trasforma così in 'liability'. E non c'è nulla, a livello militare che possa offrire garanzia. Perché il ritiro delle risorse dispiegate può essere fatto velocemente. "L'elemento di incertezza rimane formidabile". Guadagnare tempo, in questa situazione, sembra essere il tema per gli europei che cercano di pianificare il futuro della sicurezza in Europa.

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