
Serviva il 50% più uno dei votanti per rendere validi i cinque quesiti del Referendum che si è tenuto l’8 e il 9 di giugno. L’affluenza si è invece fermata poco sopra il 30%. Il primo quesito proponeva l’abrogazione della parte del Jobs Act in cui si prevede un indennizzo al posto del reintegro nel caso di licenziamento illegittimo per gli assunti dopo il 7 marzo 2015; il secondo quesito proponeva di cancellare i limiti massimi oggi previsti per l’indennizzo nei casi di licenziamento illegittimo nelle microimprese, cioè quelle con meno di 16 dipendenti; il terzo quesito proponeva l’abolizione delle norme che oggi consentono di stipulare contratti a tempo determinato senza causale per i primi 12 mesi; il quarto quesito proponeva l’abrogazione della parte del Testo unico sulla sicurezza che oggi esclude la responsabilità del committente – cioè chi affida l’appalto – in caso di danni causati da rischi specifici propri dell’attività dell’appaltatore o del subappaltatore; il quinto quesito proponeva di dimezzare da 10 a 5 anni il requisito di residenza necessario per richiedere la cittadinanza. "Il nostro l'obiettivo era raggiungere il quorum, è chiaro che non lo abbiamo raggiunto. Oggi non è una giornata di vittoria. Contemporaneamente gli ultimi dati ci dicono che sono oltre 14 milioni le persone che hanno votato nel nostro paese cui si aggiungeranno gli italiani all'estero: un numero importante, un numero di partenza. I problemi che abbiamo posto con i referendum rimangono sul tavolo". È il commento del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, in conferenza stampa dopo la chiusura dei seggi. È stato lui il principale animatore della campagna referendaria e spetta a lui tracciare un primo bilancio.
Sull’altro fronte, quello dell’astensione per la contrarietà totale al referendum sono destinate ad avere un peso le parole spese a caldo da Giovanbattista Fazzolari, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega per l'Attuazione del programma di governo: "Le opposizioni hanno voluto trasformare i 5 referendum in un referendum sul governo Meloni. Il responso appare molto chiaro: il governo ne esce ulteriormente rafforzato e la sinistra ulteriormente indebolita". Particolarmente dure, e destinate a far discutere, sono le parole del presidente del Senato Ignazio La Russa: “Hanno tentato di trasformare questo referendum in una vicenda interna di partito: anziché fare un congresso, hanno pensato di far spendere milioni allo Stato per vedere se aveva ragione Schlein o i suoi oppositori; e credo che gli altri hanno tentato di fare un referendum contro il governo. Hanno perso gli uni e gli altri, inutile infierire, ma spero che gli serva per il futuro. Ha ragione, comunque, chi ha detto che il campo largo, semmai fosse nato, oggi è definitivamente morto".