Proteine di oltre 20 milioni di anni fa rivoluzionano gli studi evoluzionistici

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Uno studio innovativo pubblicato su Nature annuncia il recupero di sequenze proteiche da un fossile di rinoceronte risalente a oltre 20 milioni di anni fa, spingendo indietro di milioni di anni i confini della ricerca sulle proteine antiche. Questo risultato senza precedenti apre una nuova frontiera per la paleoproteomica e consentirà di svelare segreti dell'evoluzione risalenti a tempi remoti, ben oltre la portata del DNA antico.

Proteine di oltre 20 milioni di anni fa rivoluzionano gli studi evoluzionistici
16 luglio 2025 | 12.18
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Un nuovo studio pubblicato su Nature descrive l'estrazione e il sequenziamento di antiche proteine dello smalto da un dente di rinoceronte fossilizzato risalente dai 21 ai 24 milioni di anni fa, nel Miocene inferiore, ritrovato nell'Alto Artico canadese. Questa impresa estende di ben dieci volte la scala temporale delle sequenze proteiche recuperabili, dando preziose informazioni sull'evoluzione rispetto al più antico DNA conosciuto.

Il progetto è stato guidato dal Ryan Sinclair Paterson e diretto da Enrico Cappellini, entrambi dell’Università di Copenaghen. All’interno di questo progetto hanno lavorato Gabriele Scorrano dell’Università di Roma Tor Vergata, Raffaele Sardella di Sapienza Università di Roma e Luca Bellucci del Museo di Geologia e Paleontologia dell’Università di Firenze.

Il team di ricerca italiano in particolare ha fornito e analizzato un esemplare di dente di rinoceronte di circa 400.000 anni fa, proveniente dal sito di Fontana Ranuccio, località in provincia di Frosinone molto importante per l’archeo-paleontologia poiché vi sono stati rinvenuti alcuni tra i più antichi reperti in Italia del genere Homo, insieme a una ricca fauna.

Il reperto del rinoceronte ‘ciociaro’ quindi è stato determinante per lo studio delle sequenze proteiche e ha funzionato da riferimento intermedio tra i campioni più recenti di età medioevale e quello molto più antico canadese analizzato in questo studio, offrendo un confronto diretto su come le proteine antiche si conservino nel tempo.

Così commenta la scoperta Gabriele Scorrano docente di Antropologia presso il dipartimento di Biologia dell'università di Roma Tor Vergata, autore con gli altri dello studio pubblicato su Nature: “È stato entusiasmante partecipare a questa ricerca e spingere i limiti dell’analisi delle proteine antiche. Il mio contributo si è concentrato sull’analisi del reperto italiano proveniente da Fontana Ranuccio. Dimostrare che è possibile estrarre biomolecole da reperti così antichi e da contesti climatici sfavorevoli apre nuove prospettive: potremmo finalmente analizzare materiali finora esclusi per timore di danneggiarli inutilmente”. “Mi auguro che questo lavoro possa contribuire a stimolare una riflessione sulle opportunità di valorizzare reperti che potrebbero rivelarsi fondamentali per approfondire la storia evolutiva della nostra specie” ha concluso Scorrano.

Questa ricerca segna quindi un momento cruciale per la paleoproteomica, lo studio delle proteine antiche. Sebbene alcune proteine antiche siano state trovate in fossili del Miocene medio-superiore (circa 10 milioni di anni fa), l'ottenimento di sequenze sufficientemente dettagliate per ricostruzioni robuste delle relazioni evolutive era prima limitato a campioni non più vecchi di 4 milioni di anni. Questo nuovo studio amplia e di molto la finestra temporale, dimostrando come le proteine abbiano uno straordinario potenziale di conservarsi su vaste scale temporali geologiche nelle giuste condizioni.

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