Il ritorno degli Hives: "C'è tanto per cui arrabbiarsi ma vogliamo ancora divertirci"

La band svedese pubblica il nuovo album 'The Hives Forever Forever The Hives', tredici brani tra il sound inconfondibile e la produzione condivisa con Pelle Gunnerfeldt e Mike D dei Beastie Boys

The Hives (foto Dean Brandshaw)
The Hives (foto Dean Brandshaw)
25 agosto 2025 | 13.01
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C'è chi li ha definiti 'una forza della natura'. Per Joe Strummer dei The Clash hanno persino salvato il rock 'n roll. E con 'Veni Vidi Vicious' sono entrati nella storia, conquistando un posto tra i 100 migliori dischi del decennio secondo Rolling Stone. Oggi The Hives - Howlin' Pelle, Chris Dangerous, The Johan And Only, Nicholaus Arson e Vigilante Carlstroem - tornano alla carica con 'The Hives Forever Forever The Hives', settimo album in studio in uscita il 29 agosto per Play It Again Sam. Tredici brani scritti in Svezia, tra il sound inconfondibile della band e la produzione condivisa con Pelle Gunnerfeldt e Mike D dei Beastie Boys. Dopo il ritorno del 2023 con ‘The Death of Randy Fitzsimmons’, che ha messo fine a dieci anni di silenzio conquistando la critica, i cinque di Fagersta hanno lavorato tra gli studi di Yung Lean/YEAR0001 e il leggendario Riksmixningsverket di Benny Andersson degli Abba, a Stoccolma. La regia è ancora una volta di Gunnerfeldt - già al fianco di Viagra Boys, Yung Lean ed Elvira - con la supervisione transoceanica di Mike D da Malibu e i preziosi consigli di Josh Homme dei Queens of the Stone Age. L’AdnKronos ha fatto quattro chiaccihere con Nicke Arson in occasione del lancio del disco.

Non è passato molto tempo dall’uscita del vostro ultimo disco, 'The Death of Randy Fitzsimmons', in realtà solo due anni. E sembra che questo ritorno vi abbia dato nuova energia. Da dove nasce questa urgenza di pubblicare un nuovo album?

"La gente ci fa sempre notare che sono passati 11 anni dall’ultima volta che hanno sentito parlare di noi. Ma abbiamo pubblicato ‘The Death of Randy Fitzsimmons’, e adesso questo nuovo album. Ma sì, nella nostra carriera, questo è un record personale per velocità di pubblicazione. L'album esce il 29 agosto, e il disco precedente è stato pubblicato esattamente due anni fa, forse anche un po’ meno. È un intervallo davvero breve per i nostri standard ed è fantastico. Il fatto di essere stati 11 anni senza pubblicare musica non è stato duro solo per i fan, lo è stato anche per noi. Ora stiamo cavalcando il momento. Ci piace avere nuovo slancio, fare un disco…e farne subito un altro. È una bella sensazione. Una band dovrebbe pubblicare dischi, suonare e pubblicare. Noi ci troviamo in questa fase".

I testi delle vostre canzoni sono sempre stati ironici, taglienti, a volte surreali. Questo nuovo album segue la stessa strada?

"Direi di sì. Chi ha ascoltato il disco ci ha chiesto se sia basato tutto sul concetto di infrangere le regole, perché molti brani come 'Born a Rebel', 'Enough is Enough', parlano di averne abbastanza e di voler rompere le regole. Direi che è il tema principale. Ma per il resto, lo stile dei testi è rimasto intatto".

Il rock è sempre stata ribellione, una spina nel fianco dei potenti. O almeno dovrebbe esserlo. Questo album suona particolarmente arrabbiato, a partire da ‘Enough is Enough’. Cosa vi fa arrabbiare in questo periodo?

"In questo disco siamo forse anche più dettagliati nei testi rispetto solito. Normalmente i nostri brani sono più sul generico, tipo 'dare contro al sistema'. Qui siamo più specifici. In generale c’è tanto per cui arrabbiarsi. Ma non siamo solo arrabbiati. Le nostre canzoni sono sempre state, in un certo senso, anche 'musica da festa' che parla di cose serie. La gente spesso pensa che non siamo politici. E non è vero: non abbiamo mai smesso di esserlo, ma non è sempre così evidente. Per alcuni siamo una band molto politica, per altri non lo siamo affatto. E poi arrabbiarsi non significa solo farlo per la politica: puoi arrabbiarti per qualsiasi cosa".

Voi siete arrabbiati per qualcosa in particolare?

"Basta guardare il telegiornale per tre minuti e mezzo e finisci per essere arrabbiato con il mondo intero. Se passi cinque secondi sui social, ti arrabbi anche per quelli. C’è parecchio materiale, insomma".

Mike D dei Beastie Boys e Josh Homme dei Queens of the Stone Age hanno lavorato a questo disco. Quale è stato il loro contributo al progetto?

"Josh è stato più un consulente a distanza, al telefono, dall'America. Mike D invece è stato molto più coinvolto, in maniera pratica, sulle canzoni. Ha fatto dei suoi demo. È stato molto hands-on".

Quali sono i temi principali di questo disco?

"A grandi linee questo disco ha dei testi più dettagliati rispetto ai lavori precedenti. ‘Enough Is Enough’ parla di cosa succede dopo 30 secondi passati sui social. ‘Born A Rebel’ parla di nascere ribelli. ‘The Hives Forever Forever The Hives’ parla degli Hives stessi, di esserci per sempre. Poi ci sono ‘Paint A Picture’, ‘Bad Call’ - che è praticamente un elenco di un sacco di cose - e ‘Legalize Living’, che ha un testo molto importante. È un invito a essere liberi di divertirsi".

Il rock ha le sue regole, le sue strutture. Come fate a suonare ancora attuali dopo tutti questi anni?

"Il punto è che devi fare musica nuova continuamente, e deve essere all’altezza di tutto ciò che hai fatto precedentemente. È come con Usain Bolt: la gente vuole vederlo correre veloce, non fare i 100 metri in 20 secondi. Deve essere sempre al livello di prima. E questa è la sfida: se continui a fare cose grandiose, resti rilevante. Soprattutto per te stesso. Se sentissimo di stare facendo dischi scarsi, non li pubblicheremmo. È anche per questo che l’ultimo album ha richiesto tanto tempo: non riuscivamo a chiuderne uno che ci convincesse. Quando ce l’abbiamo fatta, l’abbiamo pubblicato".

Gli Hives sono conosciuti come una delle band più esplosive dal vivo. Quanto influisce il live nella scrittura dei brani?

"Le canzoni devono funzionare dal vivo, quindi ci pensiamo quando le scriviamo. Ma per noi non fa tanta differenza, perché di solito quello che ci entusiasma in sala prove funziona anche sul palco. Il rock’n’roll è musica per persone con poca pazienza. Se sentiamo che in un brano passa troppo tempo prima di arrivare al ritornello, a un riff, a qualcosa di eccitante, ci stanchiamo e tagliamo tutto. Riduciamo il brano all’essenziale. Per questo molti pezzi degli Hives sono corti. Anche se in questo disco alcuni sono più lunghi. L’importante è che sia buona musica: quando ci sembra buona, la pubblichiamo".

Il vostro stile visivo è iconico, con completi in bianco e nero. In questo disco invece avete scelto abiti regali, con tanto di corona. Com’è nata questa idea?

"Era solo questione di tempo prima di scivolare nei panni di un re, no? Abbiamo indossato ogni genere di outfit assurdo. Questo è solo un altro della lista. È anche una dichiarazione precisa: torniamo con un disco che dice ‘The Hives Forever Forever The Hives’, e siamo cinque re. È buffo avere cinque re, più di un mazzo di carte. Soprattutto, vestirsi da re e cantare canzoni che parlano di mettere in discussione l’autorità è una bella contraddizione. È divertente".

Porterete le corone e i costumi da re sul palco?

"Sono così scomodi… è come avere una sedia in testa. Mai avuto niente di così fastidioso da portare. Quindi no, non sono fatti per il rock’n’roll. Magari li useremo solo per l’ingresso in scena".

Come vedete la scena rock attuale? Vi sentite ancora parte di essa o qualcosa è cambiato?

"Direi che ci sentiamo parte della scena rock più che mai, perché qualunque band incontriamo è fan degli Hives. Soprattutto le band giovani in giro per il mondo: sono cresciute ascoltando noi. Questo ci rende forse più rilevanti che mai. È strano, ma è anche un bel complimento".

Qual è la parte più divertente di far parte di questa band dopo tutti questi anni?

"La parte più divertente è andare in giro a suonare. Suonare, interagire con i fan ai concerti. Per me i fan sono quelli del moshpit: il moshpit è importante quanto lo show. Vedere il pubblico che salta e si spinge è la mia parte preferita. E poi viaggiare: in Italia mangio la pizza, in Messico i tacos, negli Stati Uniti hamburger e milkshake. La mia parte preferita è cibo e rock’n’roll. I concerti sono sempre simili ovunque, un buon live è un buon live. Ora forse l’America Latina sta diventando enorme per noi: lì stiamo facendo alcuni dei concerti più grandi di sempre".

Cosa c’è nella tua playlist al momento?

"Quando viaggio ascolto soprattutto roba lenta: country, cose tranquille. Quando invece facciamo musica, è sempre rock’n’roll. Dipende. Dopo aver registrato un disco degli Hives lo ascolto mille volte ma prima del tour ho bisogno di riposare le orecchie. Poi, in tour ascolto musica rilassante".

Domanda pop: quale canzone degli Hives useresti per spaventare o impressionare un fan dei Coldplay?

"Penso che la cosa più spaventosa e impressionante sia il nostro live. Ci è capitato di vedere gente uscire spaventata e impressionata, e quella è la reazione che ci piace. Se facessi solo sentire una canzone non vedrei la loro espressione, dal vivo sì. E dal vivo potrebbe essere qualunque brano". (di Federica Mochi)

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