
Il film apre domani il Giffoni Film Festival e arriva il 18 luglio nelle sale con Vision Distribution
"'Unicorni' non è un manifesto gender, ma è una piccola mappa di decodificazione di questo nostro presente che sta cambiando e noi abbiamo il dovere di vedere come sta cambiando. Non è la teoria gender che sta cambiando i giovani, ma sono loro che finalmente riescono a esprimere sé stessi". Così all'Adnkronos la regista e attrice Michela Andreozzi racconta il suo nuovo film 'Unicorni', nelle sale dal 18 luglio con Vision Distribution e in anteprima domani alla 55esima edizione del Giffoni Film Festival. Per il suo sesto film da regista ("questa storia era dentro di me da tanto tempo e finalmente ha visto la luce"), affronta il tema dell'identità di genere di un bambino di 9 anni. Ma, soprattutto, le conseguenze sulla sua famiglia. Lucio (Edoardo Pesce) ed Elena (Valentina Lodovini) sono i genitori di Blu (Daniele Scardini), che adora vestirsi da femmina, ed è libero di farlo, col permesso di mamma e papà, solo quando è a casa. In occasione della recita scolastica, però, il bambino vuole a tutti i costi indossare il costume della Sirenetta: i suoi genitori, divisi tra il desiderio di assecondarlo e quello di proteggerlo, sono i primi a dover riconsiderare la loro apertura mentale e a intraprendere un percorso di consapevolezza e accettazione, in cui sono accompagnati da un gruppo eterogeneo di coppie di 'Genitori Unicorni', guidato da una psicologa (Michela Andreozzi).
"Questo film nasce dall'esigenza di comprendere l'altro e l'inaspettato. Ed ho pensato che la famiglia potesse essere il primo luogo dove ricominciare ad accogliere e a includere. Siccome sono tutti bravi con la democrazia degli altri mi sono domandata: 'io che faccio tanto quella aperta di mente, quella che risolverebbe i problemi con uno schiocco di dita, cosa fare in una situazione del genere?'. Si parla tanto di educazione sentimentale ed emotiva - riflette Andreozzi - in realtà bisognerebbe che la facessero gli adulti perché sono molto meno in grado dei bambini di comprendere e di non farsi prendere dalla paura davanti al cambiamento". Per la regista "il tema dell'identità di genere oggi è divisivo e fa paura, siamo messi davvero male. Siamo incapaci di rispettare i confini dell'altro e di ascoltare l'esistenza dell'altro anche se non ci somiglia. Cos'è che spaventa tanto di un bambino che vuole vestirsi da femmina?". Oggi "se non sei omologato, sei automaticamente una minaccia all'ordine pubblico. Per Trump le donne transgender devono essere sbattute nelle carceri maschili. Questa è violenza e negazione".
Dopo aver affrontato il tema delle relazioni nel mondo contemporaneo con il suo personale piglio ironico in 'Nove lune e mezza', 'Brave ragazze' e 'Genitori Vs Influencer', Andreozzi torna con il suo film "direi più politico tra quelli che ho fatto e quello a cui tengo di più. Sono cambiata negli ultimi anni, ora soffro di più certe questioni sociali che riguardano il prossimo. Prima mi muovevo più sul femminile, adesso mi interessa l'altro. In 'Unicorni' non c'è niente che mi riguardi personalmente, ma se le cose devono cambiare è giusto rompere il ca**o attraverso il cinema come hanno fatto i grandi, a partire da Lina Wertmüller, Mario Monicelli ed Ettore Scola". Con questo nuovo film "ho acceso una luce sulla via dell'ascolto, della gentilezza e del rispetto in questo momento storico buio". La pellicola non è ancora uscita ed ha già divisiva: "Ho letto alcuni commenti allucinanti sotto alle clip del film condivise sui social. Uno ha scritto 'Se questo bambino vuole vestirsi da Sirenetta basta portarlo in palestra e fargli fare uno sport da maschio' oppure 'Non mettete in testa ai bambini le teorie gender perché poi questo è il risultato'". Ma anche "'Ma perché questo bambino ha i capelli così lunghi? Mica è una femmina, tagliateglieli'". Il desiderio di Andreozzi "non è di dare risposte ma far porre delle domande con la visione di 'Unicorni'", conclude.