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Gaza, la testimonianza da Khan Yunis: "Arrivati i tank, qui si muore e basta"

Il cooperante palestinese Abu Omar dice che ''la guerra è più forte di prima. Con migliaia di volantini ci hanno chiesto di evacuare a Rafah, ma è sovraffollata per la presenza degli sfollati. A Gaza nessun posto è sicuro''

 - (Afp)
- (Afp)
04 dicembre 2023 | 14.06
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''Sono arrivati i carri armati a Khan Yunis'', dove ''la situazione è peggio di com'era prima della tregua'' umanitaria concordata tra Israele e Hamas, ''la guerra è più forte di prima''. Lo racconta ad Adnkronos il cooperante palestinese Sami Abu Omar che vive a Khan Yunis insieme alla famiglia. ''A Gaza non c'è più un posto sicuro. A Gaza non c'è più vita, si muore soltanto'', sintetizza con un filo di voce.

''Dal primo giorno dopo la fine della tregua hanno iniziato a bombardarci, hanno distrutto tanti palazzi, centinaia di morti. La situazione è sempre più grave'' a Khan Yunis e tra le vittime ci sono ''molti sfollati arrivati dal nord, uccisi'' dai militari israeliani. Oltre ad attaccare dal cielo, ''sono arrivati con i carri armati da est di Khan Yunis e colpiscono anche con le cannonate''. Al pericolo rappresentato dai soldati israeliani, in città si aggiunge il ''grande rischio di malattie e di epidemie. Manca qualsiasi tipo di igiene, l'acqua, la luce, le strade sono strapiene di spazzatura e di quello che esce dalle fognature''.

La sua casa, per ora, è stata risparmiata dai raid israeliani che si sono estesi a sud della Striscia di Gaza. ''Ci hanno lanciato migliaia di volantini per dirci di evacuare da Khan Yunis e andare verso Rafah. Io Rafah la conosco bene, ma so che è strapiena di persone sfollate dal nord e non c'è più posto, nemmeno per metterci un piede! Ma dove andiamo? La gente non ci va, a Rafah'', racconta Abu Omar, coordinatore del Centro italiano culturale Vik.

Chiuso in casa con la sua famiglia, con il figlio di 12 anni, Abu Omar racconta di notti insonni, ''dalla fine della tregua non hanno mai smesso di bombardarci. A casa mia non dorme nessuno. I bambini piangono in continuazione, sono traumatizzati''. E intanto ''non entrano aiuti umanitari. La gente inizia a soffrire la fame''. Il cooperante racconta che ''dalla ripresa dei combattimenti non hanno fatto entrare aiuti, ma è arrivata acqua minerale. Va bene, ma la gente ha anche bisogno di mangiare. L'acqua non basta''. Impossibile anche pensare di acquistare beni alimentari. ''Da quasi due mesi non sono entrati merci per il commercio, i negozia sono vuoti, zero merce da acquistare'', afferma, aggiungendo che anche ''le banche sono chiuse, nessuno vuole rischiare''.

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