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Nobel, chi sono i 3 papà dell'orologio biologico

Jeffrey C. Hall, Michael Rosbash e Michael W. Young, vincitori del Nobel per la Medicina 2017
Jeffrey C. Hall, Michael Rosbash e Michael W. Young, vincitori del Nobel per la Medicina 2017
02 ottobre 2017 | 15.11
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Tutti e 3 americani. Il più anziano 73 anni - Rosbash, figlio di genitori fuggiti dalla Germania nazista - e il più giovane 68, Young. In mezzo Hall, 72 anni, scienziato controcorrente che per far valere le proprie idee ha dovuto vincere le resistenze dei più 'conservatori'. Ci sono storie di riscatto nelle biografie di Jeffrey C. Hall, Michael Rosbash e Michael W. Young, i genetisti e cronobiologi padri dell'orologio biologico, che si sono aggiudicati oggi il premio Nobel per la Medicina 2017.

Rosbash è nato nel 1944 a Kansas City, ha studiato al Massachusetts Institute of Technology (Mit) di Cambridge e ha proseguito la sua formazione all'università di Edimburgo in Scozia; lavora dal 1974 alla Brandeis University di Waltham. Hall, classe 1945, è nato a New York e ha studiato tra l'università di Washington a Seattle e il California Institute of Technology di Pasadena; ha iniziato la sua carriera nel 1974 alla Brandeis University di Waltham e nel 2002 è diventato associato all'università del Maine. Young è nato a Miami nel 1949: dopo gli studi all'università del Texas di Austin e poi alla Stanford University di Palo Alto, dal 1978 lavora alla Rockefeller University di New York.

"Il nostro cortile era la mia giungla", racconta Young in un'autobiografia pubblicata in occasione dello 'Shaw Prize', un altro riconoscimento che nel 2013 i 3 neo Nobel hanno vinto ancora una volta insieme. Originari del Tennessee, i suoi genitori si trasferirono a Miami dove il clima mite della Florida li convinse a rimanere per un po'. "Sebbene non ci fossero storie di scienza o medicina in famiglia - ricorda - mamma e papà mi hanno incoraggiato comprandomi i microscopi e i telescopi che chiedevo", sopportando anche qualche piccolo incidente casalingo. Come la volta in cui, con il suo set da 'piccolo chimico', Young ha distrutto un pavimento in terracotta.

Un'indole da Archimede (da ragazzo costruì anche un go-kart con materiali di recupero), per le sue osservazioni inseguiva gli animali che scappavano da alcuni zoo privati del quartiere: iguane, pappagalli, tucani. "C'era anche una strana pianta con fiori che si chiudevano di giorno e si aprivano di notte - continua - Poi, quando avevo 12-13 anni, i miei genitori mi regalarono un libro su Darwin, l'evoluzione e una serie di misteri biologici". Per Young fu la scintilla: "C'era una descrizione degli orologi biologici che controllano i movimenti dei fiori e guidano gli spostamenti di insetti e uccelli. Mi fu chiaro che molto era ancora da scoprire". Lo studioso parla di "giorni e notti accampato in laboratorio insieme a un collega per studiare la Drosophila", il moscerino della frutta che aprì la strada a un'attività scientifica lunga 30 anni.

Sulla Drosophila lavorava anche un altro scienziato, Hall. Il suo primo amore era stata la biologia, che più tardi sposò con l'interesse per la genetica del moscerino della frutta, ispirato dagli studi di un suo mentore. In particolare, Hall si focalizzò sulla neurogenetica della Drosophila. Un filone di ricerca terreno di scontro fra diverse correnti di pensiero, come raccontò lo stesso scienziato in un'intervista a 'Current Biology' e come riportato anche in suo profilo su 'Pnas': mentre per studiare il ritmo circadiano Hall e colleghi usavano la genetica molecolare del moscerino della frutta, i tradizionalisti preferivano un approccio non genetico su una varietà di organismi. "Molti di loro ad alta voce e pubblicamente denunciarono l'approccio genetico", ricorda il Nobel che arrivò poi a considerarla una fortuna perché la concorrenza si ridusse al minimo. La storia gli ha dato ragione, ma durante la sua carriera Hall si trovò anche a criticare duramente i meccanismi di finanziamento alla ricerca. Una burocrazia che visse come un ostacolo.

L'unico altro gruppo che negli anni pionieristici si stava concentrando sulla caccia al 'gene orologio' era quello di Young. Mentre quest'ultimo proseguiva su un binario parallelo, le ricerche di Hall si incrociarono con gli studi di Rosbash: insieme cominciarono a far luce sui segreti della proteina regista del ritmo circadiano.

Nel passato del terzo protagonista del Nobel per la medicina 2017, c'è una storia familiare non facile. E' Rosbash stesso a riferirlo in occasione della vittoria dello Shaw Prize. Lo scienziato parte dalla nuova vita negli Usa costruita dai genitori dopo la fuga dalla Germania nazista. Dopo alcuni "anni di guai e di lavoro duro", tutto sembrava andare per il meglio fino alla morte prematura del padre all'età di 42 anni per un attacco cardiaco. Rosbash aveva 10 anni e il fratello 6. Fu un duro colpo alla stabilità emotiva della famiglia, al quale seguirono difficoltà che segnarono l'esistenza dello scienziato fino alla partenza per il college all'età di 17 anni. Una nuova avventura, a 3 mila miglia dalla sua casa di Newton (Massachusetts).

"Ero un ragazzo difficile e uno studente un po' indifferente - racconta - ma realizzavo in qualche modo che un nuovo inizio in un buon posto e lontano da casa era importante". Arrivano gli anni '60 e '70, gli incontri con i personaggi "strani" e brillanti che animavano i luoghi della sua formazione da Caltech al Mit, "l'età d'oro della meritocrazia e dell'ottimismo nel mondo accademico scientifico", gli studi focalizzati "sull'espressione genica", l'approdo alla Brandeis e l'amicizia con Hall che si trasformò in collaborazione "non prima del 1982". Un "anno spartiacque" per Rosbash anche sul fronte personale, per l'incontro con la studentessa Nadja Abovich, sua futura moglie e madre delle sue due figlie Paula e Tanya. Passione di famiglia: lo sport.

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