Nicola Piovani: "Basta sottofondo musicale nei locali, bollino per quelli free". Le reazioni

Il premio Oscar su La Repubblica: "Il silenzio sta diventando sempre più raro e prezioso". Al Bano: "Nei locali la musica non deve disturbare ma accompagnare". Cecchetto: "Mai censurarla, evito locali dove non c'è". Chef Colonna: "Bene Piovani, convivialità è sacra". Melozzi: "Bolla sonora nei locali è fastidio, serve sommelier del suono"

Nicola Piovani (Ipa)
Nicola Piovani (Ipa)
19 settembre 2025 | 10.26
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Il premio Oscar Nicola Piovani torna a chiedere maggiore attenzione per coloro che non desiderano ascoltare la musica 'passiva' quando vanno al supermercato o al ristorante, o in qualunque altro esercizio commerciale e non solo. E in un intervento pubblicato oggi su La Repubblica lancia una proposta: segnalare i locali senza 'tappeti musicali'. Il compositore ricorda di essere già intervenuto sul tema dodici anni fa sullo stesso quotidiano nella speranza "che additare questo costume - per me malcostume - della musica di sottofondo potesse suscitare un qualche consenso, creare un sentimento condiviso che ne rallentasse il dilagare".

"Invece - segnala - dopo dodici anni, il costume (malcostume) ha fatto passi da gigante: ormai non c'è luogo dove ci si possa difendere dal diffondersi straripante di questo blob musicale, da questa musica da parati che implacabilmente si insinua nel nostro vivere, nel nostro parlare, che ci impedisce di goderci in silenzio un bicchiere di vino, una partita a carte, una chiacchierata fra amici. In un bar uno schermo muto trasmette gli orrori di Gaza mentre in diffusione c'è una musichetta ballabile. L'horror vacui detta legge. Il silenzio sta diventando sempre più raro e prezioso".

Un fenomeno che, sottolinea, è sempre più accettato da chi frequenta i locali in cui c'è un sottofondo musicale. La maggioranza dice "ha diritto di godersi Arisa e Coltrane in sottofondo mentre sorseggia lo spritz, o aspetta il treno. La maggioranza va rispettata, e noi democraticamente la rispettiamo. Però mi è venuta un'idea. Chiedo: sarebbe troppo sperare che i locali senza tappeti musicali - ce ne sono - fossero segnalati, raggruppati nell'informazione? Se sul sito fossero contraddistinti come locali 'Sms' - Senza Musica di Sottofondo? - (o 'music free' per chi è più trendy.) Potremmo introdurre il simbolo nelle guide, facilitare la ricerca telematica, che ci aiuterebbe a saltare i locali musicarelli, nel rispetto di tutti. Perché in democrazia la sacrosanta maggioranza decide. Ma il sale della democrazia è anche il rispetto delle minoranze".

Le reazioni

La musica nei locali "non deve disturbare ma accompagnare", dice Al Bano commentando con l'AdnKronos l'intervento di Nicola Piovani. "La cosa importante - osserva - è che la musica non sovrasti il dialogo tra le persone. A volte, per poter parlare, bisogna uscire dal locale. La musica da sempre è amica dell'uomo, l'importante è che non diventi la protagonista ma che resti la compagna di viaggio o di atmosfera. Non deve disturbare ma accompagnare", conclude Al Bano.

"Dico solo che la musica, secondo me, non va mai censurata. Poi ognuno è libero di pensarla come vuole”, dichiara all’AdnKronos Claudio Cecchetto, produttore, dj, talent scout e fondatore di Radio Deejay. “Personalmente - osserva Cecchetto - se mi segnalano un locale dove non c'è musica mi fanno un piacere, perché evito di andarci”.

"Assolutamente d'accordo con il Premio Oscar Nicola Piovani" è lo chef Antonello Colonna. "Il sottofondo musicale dovrebbe essere eliminato dai locali, dai bar, dai ristoranti. L'ho imparato quando lavoravo a Parigi. L'ospite è importante, la convivialità è sacra ed esigente. La musica a tutto volume non è elegante. La mia colonna sonora? Il parlare sommesso dei miei clienti", dice all'Adnkronos.

"Nel mio locale di Labico, alle porte di Roma, la musica è assolutamente proibita, per chi lo desidera solo nella Spa, ovviamente a volume e ritmo 'adatto' - aggiunge Colonna - Questa si chiama libertà, anche se so di far parte di una minoranza ristretta". Dunque lo chef è del tutto d'accordo con Piovani, anche se nel dettaglio "forse non condivido appieno l'idea di fare una sorta di mappatura dei locali 'music free'", dice. "In fondo - conclude - ad un cliente che, un giorno, mi chiedeva di mettere la musica di sottofondo ho semplicemente risposto... 'eccomi la musique c'est moi!'".

"Condivido pienamente l’appello di Nicola Piovani, che con la sua autorevolezza ha posto un problema reale: siamo circondati da musica di sottofondo ovunque, nei bar, nei ristoranti, nei negozi. Ormai viviamo in una bolla sonora continua, in cui la musica non è più ascoltata ma subita, come anestetico contro il silenzio o per coprire i rumori fastidiosi di piattini, forchette e stoviglie - commenta all'Adnkronos il direttore d'orchestra, violoncellista e compositore Enrico Melozzi. Ma il punto non è semplicemente 'musica sì o musica no'. Il punto è quale musica, a che volume e soprattutto chi la sceglie. Perché la scelta della musica (e persino del solo volume) non è un dettaglio tecnico: è già un atto artistico. Un volume troppo alto diventa aggressione, uno troppo basso è fastidio, uno sbagliato altera la percezione di un piatto, di un vino, persino di una conversazione. Richiede sensibilità, equilibrio, cultura del suono". Melozzi lancia a sua volta una proposta: "E' arrivato il momento di inventare una figura nuova: un responsabile della diffusione sonora, una sorta di sommelier del suono".

"Per il vino - argomenta Melozzi - ci affidiamo a un sommelier, per le materie prime a uno chef, per l’arredamento a un architetto o a un interior designer, mentre per la musica, che influisce in maniera potentissima sull’esperienza del cliente, quasi sempre si improvvisa. Ci si affida a compilation stereotipate, spesso scadenti, pensate solo per motivi legali o commerciali: i Beatles trasformati in bossanova, Modugno rifatto come una samba lenta. Prodotti senz’anima, che alla lunga creano un effetto squallido e ripetitivo. Tutti si rivolgono a professionisti per ogni aspetto di un locale, tranne che per la musica - fa notare - È un paradosso inaccettabile".

Da qui la proposta: "Io credo sia arrivato il momento di inventare una figura nuova: un responsabile della diffusione sonora, o se vogliamo chiamarlo curatore del paesaggio sonoro, architetto del suono, persino un sommelier del suono. Una figura qualificata, che sappia scegliere repertori adeguati, che conosca l’importanza dei volumi, che plasmi un’atmosfera coerente e rispettosa delle sensibilità di chi entra. Un mestiere vero, come tutti gli altri mestieri".

"E il discorso non vale solo per i locali al chiuso - incalza Enrico Melozzi - Anzi, all’aperto la questione diventa ancora più urgente. Perché quando un ristoratore diffonde musica fuori dal suo locale, o organizza un piccolo concerto in strada, non diventa più solo gestore di un bar o di una trattoria: diventa, di fatto, direttore artistico del quartiere. E lì - osserva - scatta l’anarchia: cinque locali vicini, cinque musiche diverse, sovrapposte, che creano una cacofonia insopportabile. È come entrare in un conservatorio con le porte delle aule tutte aperte: da una stanza Bach, dall’altra Beethoven, dall’altra Ravel, e il risultato è un rumore informe, fastidioso, invivibile".

"Per questo - ribadisce - dico che non si tratta solo di estetica o di gusto personale, ma di civiltà urbana. Così come servono permessi per occupare il suolo pubblico o norme sull’inquinamento acustico, dovrebbe esistere anche una responsabilità artistica. Chi vuole diffondere musica all’aperto dovrebbe avere un responsabile sonoro in grado di coordinarsi con gli altri locali, di evitare il caos, di creare armonia. Perché il mondo, e la musica più di tutto, è fatto di armonia".

"La musica è un bene prezioso - conclude il Maestro Melozzi - non può essere ridotta a rumore di fondo. Usata con intelligenza ed equilibrio può valorizzare un locale, un territorio, persino il turismo. Usata male diventa un incubo e allontana le persone. E allora - ammonisce - basta improvvisazione: occorre trattare la musica come trattiamo il cibo, il vino, l’arredamento. Con rispetto, cultura, e con professionisti all’altezza. Solo così la musica tornerà ad essere alleata della bellezza, e non il suo contrario".

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