Convalidato il fermo e applicata la misura della custodia cautelare in carcere per Alessandro Barberini, Kevin Pellecchia e Manuel Fortuna
Restano in carcere i tre ultras fermati per l'assalto di domenica al pullman dei tifosi del Pistoia Basket in cui è morto l’autista Raffaele Marianella. Il gip di Rieti ha convalidato il fermo e ha applicato la misura della custodia cautelare in carcere per i tre, Alessandro Barberini, Kevin Pellecchia e Manuel Fortuna che oggi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. La procura contesta l’omicidio volontario.
“Dopo un lungo ripercorrere la dinamica della loro azione, i tre giungevano alla conclusione che probabilmente l'esecutore materiale del lancio mortale era stato Pellecchia, in quanto egli aveva il sasso ‘quello a punta’ (masso che in effetti sembra corrispondere per forma a quello rinvenuto e repertato all'interno del pullman)” si legge in un passaggio dell’ordinanza del gip di Rieti.
“Ce danno omicidio a tutti". Così parlava uno dei tre ultras fermati in una conversazione intercettata e riportata nell’ordinanza con cui il gip di Rieti Giorgia Bova ha convalidato il fermo e applicato la misura della custodia cautelare in carcere per Alessandro Barberini, Kevin Pellecchia e Manuel Fortuna, accusati di omicidio volontario per la morte del secondo autista del pullman dei tifosi del Pistoia Basket Raffaele Marianella. “L'intercettazione ambientale disposta d'urgenza proprio presso la sala di attesa della Questura, nella quale erano radunati i tifosi individuati, ha consentito di captare ulteriori gravissimi indizi a carico degli indagati, i quali, ignari di essere ascoltati e ripresi, si sono lasciati andare a commenti e a dichiarazioni dal contenuto palesemente confessorio, e ciò ad ulteriore e definitivo riscontro del ruolo di protagonisti dai medesimi assunto nella vicenda riferito anche dai testimoni oculari”, si legge nelle nove pagine di ordinanza.
“Gli indagati, preoccupatissimi delle conseguenze penali delle loro azioni, si sono infatti assunti la responsabilità del lancio dei massi che hanno colpito il pullman provocando la morte di uno degli autisti: nell'interrogarsi infatti su chi di loro avesse effettivamente scagliato il colpo risultato letale, gli stessi hanno ammesso di aver lanciato ognuno un sasso in direzione del mezzo, mimando anche il rispettivo movimento. Dopo un lungo ripercorrere la dinamica della loro azione, i tre giungevano alla conclusione che probabilmente l'esecutore materiale del lancio mortale era stato il Pellecchia, in quanto egli aveva il sasso ‘quello a punta’ (masso che in effetti sembra corrispondere per forma a quello rinvenuto e repertato all'interno del pullman)”, riporta il gip nell’ordinanza.
“Il dialogo tra gli indagati intercettato, rivela quindi in modo chiaro non solo la loro effettiva partecipazione materiale e morale all'agguato mortale, ma anche la loro piena consapevolezza della natura della loro azione (di qui l'amara considerazione del Fortuna, intercettata: ‘ce danno omicidio a tutti’) nonché le potenzialità ancor più lesive che la stessa avrebbe potuto avere , posto che, come sagacemente osservato dall'indagato Barberini ‘un pullman che cammina così veloce, pure se glie tiri un sassu piccolo l'impatto...stava a viaggià è finitu davanti alla faccia dell'autista, se piamo l'autista è na strage’”.
“Gli indagati risultano attinti da gravi indizi di colpevolezza relativamente al reato contestato, a titolo di concorso tra loro, dovendosi precisare che benchè solo uno di essi abbia sferrato il lancio risultato di fatto fatale per la vittima (presumibilmente proprio Kevin Pellecchia), gli altri due hanno sicuramente fornito un contributo morale alla condotta omicidiaria, avendone condiviso sin dal principio l'ideazione, l'organizzazione nonché infine la fase esecutiva” si legge nell'ordinanza del gip.
“L'intenzionalità della condotta e la sua adeguatezza causale sono rese palesi dalle modalità dell'azione, che ha visto gli indagati scagliare ‘enormi’ sassi da una distanza ravvicinata al bersaglio in movimento e da una posizione frontale, cosi da assicurarsi di colpire proprio il cristallo anteriore, là dove sapevano perfettamente che fossero seduti in primis gli autisti e a seguire i passeggeri. Da qui la prova indiziaria della sussistenza di un dolo diretto quantomeno alternativo, avendo gli indagati agito con coscienza e volontà di, indifferentemente, ledere gravemente ovvero uccidere qualcuno dei passeggeri”, si legge nel provvedimento del gip.
“Nessuna ipotesi alternativa può alla stato essere vagliata, posto anche che gli indagati all'udienza di convalida del fermo hanno deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere sui fatti. Pacifico - sottolinea - è infine il sussistere delle contestati aggravanti essendo il delitto stato compiuto in occasione di una manifestazione sportiva e per motivi palesemente futili, legati all'appartenenza a tifoserie avversarie e all'esito della partita”.
“Gli indagati sono esponenti di spicco del gruppo di tifosi di cui fanno parte anche tutti i soggetti che erano presenti al fatto, alcuni dei quali sono risultati essere i loro principali accusatori" scrive il gip di Rieti. "Per l'effetto, è altamente probabile che gli indagati, sfruttando la loro posizione nel gruppo e la loro personalità violenta, conclamata da quanto compiuto, possano fare pressioni, minacce o addirittura compiere altri atti di violenza per indurre i testimoni oculari al silenzio, alla reticenza o persino alla ritrattazione di quanto già dichiarato, con inevitabile gravissimo pregiudizio per l'acquisizione e la genuinità delle prove”.
“Per altro verso, la pianificazione preventiva di un raid punitivo implicante l'uso di violenza, e la pervicacia con cui solo gli indagati hanno portato a termine quel piano, a dispetto degli altri loro compagni che alla fine hanno desistito, unitamente alla più totale indifferenza manifestata rispetto all'evento che ne è derivato, di cui di contro gli stessi si sono pubblicamente compiaciuti, è sintomatica di una allarmante pericolosità e inclinazione criminale degli stessi, da cui deriva la sussistenza di un concreto pericolo di reiterazione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede. Trattasi infatti di individui - sottolinea il giudice - dalla chiara indole violenta, che per futilissimi motivi legati a questioni di tifo, non hanno esitato ad attentare alla vita altrui nella piena consapevolezza delle conseguenze tragiche del loro agire e avendo anzi maturato bene la consapevolezza che potevano derivarne conseguenze persino peggiori laddove fosse stato colpito il conducente principale”.
Questa consapevolezza, sottolinea il gip “lungi dall'essere sintomo di resipiscenza, dimostra che la lucida determinazione con cui il delitto è stato compiuto è tutt'ora persistente, ciò che espone la collettività al rischio del ripetersi di azioni delittuose consimili qualora se ne ripresentasse l'occasione”.