
Il presidente dell’Associazione Nazionale Vittime delle Marocchinate, Emiliano Ciotti, ha trovato presso l’Archivio di Stato di Roma un documento ufficiale statunitense del 1946 "che getta nuova luce sulla strage della spiaggia di Vergarolla, avvenuta a Pola il 18 agosto 1946. L’esplosione, che provocò la morte di almeno 63 persone ma se ne stimano 100 e numerosi feriti, non fu un tragico incidente, bensì un attentato pianificato. Il rapporto, redatto dal Maggiore L.A.E. Eddings e dalla Polizia V.G. Forze Armate il 24 agosto 1946, evidenzia con chiarezza che le mine esplose erano state precedentemente disinnescate e dichiarate sicure da più squadre di artificieri. L’innesco fu reso possibile solo tramite l’aggiunta deliberata di una carica primaria e di una miccia, operazione che poteva essere compiuta esclusivamente da persone con competenze specifiche in esplosivi".
Il documento riporta: "l’accordo unanime degli esperti sul fatto che le mine non potevano esplodere senza intervento umano; testimonianze oculari che confermano l’esistenza di un colpo o detonatore pochi secondi prima dell’esplosione; sospetti circostanziati verso figure legate all’ambiente filo-jugoslavo ed ex partigiano, con il chiaro intento di destabilizzare la situazione politica per accelerare l’annessione di Pola e dell’Istria alla Jugoslavia". Il rapporto, spiega il presidente dell’Associazione Nazionale Vittime delle Marocchinate, "identifica tre figure sospette. Il primo è G.B., nato ad Albona nel 1915, presunto esperto di esplosivi e sospettato in passato di omicidi e attività criminali. Conosciuto con il soprannome 'Foiba man', sospettato di aver ucciso oltre 100 persone, ex partigiano. Inizialmente ritenuto possibile autore, fu poi escluso poiché assente dalla zona da due mesi. Il secondo è A.R.M., nato nel 1890, pittore. Arrestato poche ore dopo l’esplosione e interrogato, ma rilasciato in seguito grazie a un alibi definito 'di ferro' Il terzo sospettato è ignoto, avvistato da una testimone, moglie di un capitano artificiere, la mattina del 23 agosto 1946. L’uomo, giunto da Trieste a Pola, appariva agitato e chiedeva insistentemente il motivo per cui fosse menzionato alla radio e sui giornali. I testimoni riportano che vicino le mine era ormeggiata una barca con la bandiera Rossa bianca e blu con la stella Rossa".
“Questi documenti - dichiara Emiliano Ciotti - chiudono definitivamente lo spazio a qualsiasi teoria giustificazionista o minimizzante. La strage di Vergarolla fu un atto terroristico, un crimine studiato nei minimi dettagli per colpire civili italiani innocenti e piegare la volontà di un popolo. È doveroso restituire verità storica e giustizia alle vittime, cancellando decenni di ambiguità e silenzi". L’Anvm "ribadisce l’importanza della piena divulgazione di tali atti per contrastare ogni tentativo di revisionismo e mantenere viva la memoria di una delle pagine più tragiche e spesso dimenticate della storia italiana del dopoguerra. Infine, auspica che nel 2026, in occasione dell’ottantesimo anniversario della strage, i Ministri degli Esteri di Italia e Croazia si ritrovino sulla spiaggia di Vergarolla per commemorare, insieme, le vittime".