Morto Clark Olofsson, il criminale che ispirò la Sindrome di Stoccolma

Il bandito svedese protagonista del sequestro del 1973 aveva 78 anni

Clark Olofsson - Fotogramma /ipa
Clark Olofsson - Fotogramma /ipa
27 giugno 2025 | 10.47
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È morto a 78 anni Clark Olofsson, il criminale svedese il cui volto - insieme al suo fascino ambiguo - ha attraversato decenni di cronaca nera e psicologia criminale. La sua figura è legata indissolubilmente a uno degli episodi più singolari della storia del crimine moderno: il sequestro in una banca di Stoccolma che diede origine alla celebre espressione 'Sindrome di Stoccolma'. A dare notizia della sua morte, dopo una lunga malattia, è stata la famiglia, tramite il quotidiano svedese "Dagens ETC". Il decesso è avvenuto ad Arvika, in Svezia, il 24 giugno, a seguito di una lunga malattia.

Era l’agosto del 1973 quando Jan-Erik Olsson, evaso armato, fece irruzione nella filiale della Kreditbanken nel cuore della capitale svedese. Tenne in ostaggio tre donne e un uomo, chiedendo - tra le sue condizioni - la liberazione di un vecchio compagno di carcere: proprio Clark Olofsson. Le autorità, in un atto che oggi sembra incredibile, acconsentirono. Fu così che Olofsson entrò nel perimetro della banca, trasformandosi, da detenuto, in protagonista di un sequestro che avrebbe catturato l'attenzione dei media di tutto il mondo. E fu all'interno di quelle mura assediate che accadde qualcosa di inaspettato: le vittime iniziarono a simpatizzare con i loro sequestratori.

Kristin Enmark, una degli ostaggi, parlò direttamente con il primo ministro svedese. La sua richiesta non fu un grido di salvezza, ma una supplica a non fare del male a Olsson e Olofsson. "Mi fido completamente di Clark e del rapinatore - disse al telefono - Non ci hanno fatto nulla. Anzi, sono stati molto gentili". Dopo sei giorni di stallo e trattative, la polizia fece irruzione utilizzando gas lacrimogeni. Nessuno morì. Eppure, ciò che lasciò tutti sgomenti fu il comportamento delle vittime: si rifiutarono di testimoniare contro i sequestratori e temevano più la polizia che i criminali stessi.

Fu il criminologo svedese Nils Bejerot a coniare il termine 'Sindrome di Stoccolma', tentando di spiegare l'apparente paradosso emotivo emerso durante la crisi. Da allora, la teoria ha diviso il mondo accademico: per alcuni si tratta di una vera risposta psicologica al trauma, per altri è solo u'etichetta semplicistica, "un modo per colpevolizzare le vittime", come disse la stessa Enmark in un'intervista alla Bbc nel 2021.

La storia di Clark Olofsson non finì con quel sequestro. Condannato più volte per vari reati - dalle rapine al traffico di droga - trascorse gran parte della sua vita dietro le sbarre, in Svezia, Germania e Belgio. Fu rilasciato definitivamente nel 2018.

Nel 2022 la sua figura tornò alla ribalta grazie alla serie Netflix "Clark", dove a interpretarlo fu l'attore Bill Skarsgård. La serie, volutamente sopra le righe, ritrasse Olofsson come un antieroe affascinante, capace di sedurre con uno sguardo e di entrare nella storia quasi per caso.

Olofsson è morto come ha vissuto: divisivo, controverso, in bilico tra la realtà criminale e il mito mediatico. Per alcuni, un manipolatore seriale. Per altri, una figura tragicamente umana, incastrata nel proprio ruolo di bandito celebre.

La 'Sindrome di Stoccolma', nel frattempo, è entrata nel linguaggio comune, persino nella cultura pop, ma il dibattito sulla sua validità psicologica resta aperto. Clark Olofsson se n'è andato, ma l'ombra lunga di quel nome - e di quel sequestro - continua a sfidare certezze e coscienze. (di Paolo Martini)

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