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Psicologi Sicilia: "Odio social dilaga, alimentato da anonimato e velocità rete"

La presidente Zarcone: "La storia di Fabrizio Cek, tiktoker palermitano bullizzato che ha tentato il suicidio è specchio crudele del nostro tempo. Servono interventi su più livelli"

Enza Zarcone, presidente dell'Ordine degli  psicologi della Regione siciliana
Enza Zarcone, presidente dell'Ordine degli psicologi della Regione siciliana
04 giugno 2025 | 17.04
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Una storia che "non è una tragedia individuale", ma, al contrario, "specchio crudele del nostro tempo", in cui la violenza, anche social, assume sempre di più il carattere di "una deriva ormai quotidiana". Enza Zarcone, presidente dell'Ordine degli psicologi della Regione siciliana, interviene dopo il caso di Fabrizio Cek, il tiktoker palermitano di 33 anni, vittima di bullismo, che ha tentato di togliersi la vita dopo l'ennesimo attacco sui social. Una vicenda, dice Zarcone all'Adnkronos, che "ci riporta con forza, e con dolore, di fronte a una questione che non possiamo più rimandare: la violenza che attraversa il mondo digitale, e in particolare i social network, non è un’eccezione ma una deriva ormai quotidiana". Anche Fabrizio, oltre 18mila follower su TikTok, ne è diventato bersaglio. A tal punto da decidere di farla finita.

"Insulti, denigrazione, umiliazioni pubbliche: ciò che una volta sarebbe stato considerato inaccettabile oggi sembra legittimato dalla velocità e dall’anonimato della rete - sottolinea la presidente dell'Ordine degli psicologi siciliani -. Ma dietro ogni parola scritta c’è un impatto reale: psicologico, relazionale, esistenziale. Perché la rete è uno spazio di vita, non virtuale, ma reale". Un errore sarebbe affidarsi a una "lettura semplicistica". Perché, avverte Zarcone,"l’odio online non nasce dal nulla". Al contrario, è il frutto di più fattori: "deficit empatici, scarsa alfabetizzazione emotiva, modelli culturali aggressivi, dinamiche di gruppo che amplificano l’aggressività. Ma anche una profonda fragilità identitaria che, nel giudizio e nell’attacco all’altro, cerca un senso di potere o di appartenenza". Dinamiche ancora più forti tra i giovani, dove "il bisogno di visibilità, l'ansia da prestazione sociale e la difficoltà a tollerare il rifiuto o la differenza sono elementi che possono facilmente degenerare in comportamenti di cyberbullismo".

La soluzione non può passare solo dalla repressione. "Non possiamo limitarci a 'punire' i singoli episodi o a demonizzare i social: è necessario un lavoro strutturale e preventivo, che agisca su più livelli", spiega la numero uno degli psicologi siciliani. Un primo livello è l'educazione all'uso consapevole dei social. "L'educazione digitale può e deve essere insegnata a scuola, ma non in modo tecnico - avverte -. Serve un’educazione alle emozioni, all’empatia, alla responsabilità comunicativa, al senso di sé e dell’altro. L’uso consapevole della rete è una competenza trasversale, che richiede un lavoro congiunto tra insegnanti, genitori, psicologi, educatori". Anche per questo risulterebbe fondamentale poter contare su un supporto psicologico nei contesti scolastici. "L’inserimento stabile dello psicologo a scuola è una misura che proponiamo da tempo - ricorda Zarcone -. Non come 'emergenziale', ma come presidio permanente per il benessere relazionale, per l’ascolto, la prevenzione del disagio, la gestione dei conflitti e la promozione delle competenze socio-emotive".

Un primo passo in questa direzione è la recente istituzione in Sicilia dello psicologo delle cure primarie. "Occorre un supporto psicologico, soprattutto in ottica preventiva, attraverso interventi di prossimità, accanto alle persone, nelle scuole, nelle famiglie, nei territori". Altrettanto indispensabile è lavorare sulla formazione dei genitori. "Non possiamo chiedere ai minori di essere consapevoli, se gli adulti non lo sono. Occorre formare anche le famiglie sull’uso dei social, sui segnali di rischio, sul riconoscimento precoce del disagio, sull'importanza dell’ascolto non giudicante". Infine, servono norme chiare e strumenti di tutela. "Al legislatore chiediamo un aggiornamento del quadro normativo, che tuteli le vittime, soprattutto minorenni, da contenuti denigratori o persecutori, definisca strumenti rapidi di intervento contro l’hate speech e il bullismo digitale e garantisca la formazione psicologica degli operatori dei social, degli insegnanti, degli educatori".

Il caso di Fabrizio, avverte la presidente dell'Ordine degli psicologi della Regione siciliana, "non può essere derubricato a tragedia individuale. È uno specchio crudele del nostro tempo, ma può anche diventare un punto di svolta. Perché non c’è libertà di espressione se manca la libertà di essere se stessi senza temere per la propria dignità o la propria vita. Il benessere psicologico non può essere delegato né improvvisato. Il rispetto, anche online, si costruisce insieme, con consapevolezza, competenza, responsabilità e con cura", conclude Zarcone.

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