
Lo scrittore al Corriere della Sera: "Ho la sensazione di aver sbagliato tutto"
"Ho la sensazione di aver sbagliato tutto. Ho pensato al suicidio? Sì". Roberto Saviano si confessa in una lunga intervista al Corriere della Sera, in cui affronta in particolare il tema di una vita da 'recluso', condizionata da esigenze di sicurezza e da limitazioni diventate ormai un elemento cardine nell'esistenza dello scrittore.
"Vivo recluso, senza vederne la fine. La mia scelta l’hanno pagata altri. Io ne ho fatto attività, impegno. La mia famiglia ha solo pagato. Ha dovuto fronteggiare le insinuazioni: loro figlio, loro nipote aveva diffamato la sua terra…", dice. Tutto è iniziato con Gomorra. "Quelli che mi accusano di aver sputtanato Napoli, dovrebbero riflettere: se l’ho sputtanata, perché da tutto il mondo ci vogliono venire? Io su Napoli ho acceso una luce. E con la luce il cambiamento è possibile. È esplosa la vita. Ma questo a me impone un prezzo altissimo", dice Saviano.
"Io esisto per quello che rappresento, non per quello che sono. La cosa peggiore che può succedere a uno scrittore è diventare un simbolo. Diventi di sasso. Sono oppresso da un senso di solitudine, che nasce da una cosa molto grave: l’impossibilità di sbagliare. Se sei uno scrittore, devi sbagliare, devi contraddirti, devi vivere. La letteratura deve contrariare il lettore. Il lettore deve trovarmi in posizioni inaspettate", afferma ancora.
In passato, ammette, pensava che sarebbe stato ucciso: "Sì. Nel 2006 avevo ventisei anni. Ero convinto di non arrivare ai trenta, che mi avrebbero ammazzato nel giro di cinque anni". Cosa gli manca di più? "La libertà di movimento, la clausura è un incubo; e lo è anche dover sempre mentire per difendere gli spazi privati. Le mie relazioni amichevoli e amorose sono compromesse da come io ho deciso di vivere la mia condizione. Qualsiasi incontro lo devo fare in casa. Se esco, con cinque carabinieri di scorta, a volte sette, non sono certo invisibile".
Un'esistenza così condizionata non consente lo sviluppo di normali relazioni: "«Soprattutto per l’amore. Quando voglio bene a una persona, quando una persona mi vuole bene, il rapporto è sabotato. Lei ti saluta, esce, e tu resti chiuso. E non è colpa di chi esce, anzi nessun sentimento sopravvive alla gabbia. E sarei un uomo di potere? Mi viene attribuito un potere che non ho. Mi manca la possibilità di vivere la libertà che l'amore richiede".
Ha crisi di panico? "Continue. Impossibile stare senza gocce. Le 5 del mattino sono il momento più difficile della giornata". Lo scrittore confessa di aver pensato al suicido: "Sì. Come diceva Majakovski: mi chiedo se non sarebbe meglio mettere il punto di una pallottola alla mia fine. Quante volte ho pensato: basta, la chiudo qui. Avevo anche deciso. La risposta del mio corpo fu una scarica di nervi. E sono crollato. Mi ero messo davanti allo specchio. E capii che la soluzione non era quella".