
"In 10 anni dimezzate le quantità a causa della cimice asiatica"
La produzione delle pere in Italia è crollata, tanto che quest’anno abbiamo perso la leadership in Europa, superati da Belgio e Olanda. E’ l’allarme lanciato dalle cooperative agricole di Fedagripesca- Confcooperative, che analizza con l’Adnkronos, a raccolta quasi ultimata, la situazione sulla base anche delle stime diffuse ad agosto a Prognosfruit, la conferenza annuale organizzata dalla Wapa (world apple pear Association). Dati alla mano "l'’Italia è passata da una produzione di pere di 681 tonnellate nel 2016 alle 302 tonnellate (-24,7% sul 2024) stimata nel 2025, il Belgio sempre nel 2025 è a quota 355 tonnellate e l’Olanda a 348 tonnellate" sostiene Raffaele Drei, presidente di Fedagripesca-Confcooperative.
"L'Italia ha perso oltre la metà della produzione di pere in meno di 10 anni, un fenomeno che ha subito una brusca accelerazione negli ultimi 3 anni” sottolinea Drei. Il fatto è che in un arco di tempo relativamente breve si è assistito alla contrazione delle superfici con i produttori che non trovano più marginalità in questa coltura e la conseguente riduzione delle quantità. "Il bacino produttivo di riferimento della pera è nella Pianura Padana, - spiega Drei - in un territorio che abbraccia la pianura emiliano-romagnola, alcune zone del Veneto e della Lombardia dove, un tempo, oltre 22mila ettari erano coltivati a pera, con le varietà Abate e Williams tra le più diffuse), oggi le superfici sono poco meno della metà". "L'Italia da sola aveva una produzione superiore all'Olanda e al Belgio messi insieme. Quindi eravamo di gran lunga i leader produttivi in Europa" sottolinea Drei.
Le principali cause della crisi della pera vanno individuate negli agenti patogeni come la cimice asiatica, la maculatura bruna, varie fitopatie ed insetti, che, tra l’altro, hanno avuto maggiori virulenze in alcune annate, complici le condizioni climatiche a fronte di una disponibilità molto ridotta di agrofarmaci a causa delle regole green dell’Unione europea che "non lascia armi per una difesa attiva. Purtroppo, la carenza di principi attivi in grado di difendere la produzione – punta l’indice Drei - accompagnata dal cambiamento climatico hanno portato ad una produzione più che dimezzata". Un trend che riguarda anche altre frutta come ad esempio il kiwi, "una coltivazione di cui l'Italia deteneva il primato ma che oggi è più che dimezzata" sostiene Drei.
Quanto alla carenza di personale per la raccolta nei campi, un problema sentito soprattutto in questo periodo di piena vendemmia, il presidente Drei sottolinea un altro aspetto legato alla piaga del caporalato. "Oggi nel settore agricolo c’è rispetto al passato una necessità di manodopera molto forte sia nelle fasce professionali di primo livello che in quelle più qualificate. Ma la carenza di lavoratori non deve mai spingere un imprenditore a rivolgersi al caporalato", ammonisce. Piuttosto, "per assumere lavoratori stagionali, extracomunitari o anche pensionati e studenti, sarebbe - secondo Drei - molto importante avere strumenti più snelli e tracciati, proprio per mettere le aziende in condizioni di reperire manodopera in maniera trasparente, regolare e nel rispetto, ovviamente, del lavoratore. Mentre l’uso dei voucher o di altri strumenti - conclude - risulta troppo complicato da un punto di vista amministrativo". (di Cristina Armeni)