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Al convegno organizzato dall'Osservatorio Internazionale sul Gioco, riflettori puntati sulle trasformazioni del settore del gioco pubblico

Gioco pubblico, riordino tra opportunità e criticità: confronto a Salerno tra operatori ed esperti del settore

Gioco pubblico, riordino tra opportunità e criticità: confronto a Salerno tra operatori ed esperti del settore
15 maggio 2025 | 16.44
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Presso l’Università degli Studi di Salerno si è tenuto il convegno “Il sistema Italia per la sicurezza del gioco pubblico: dalla prevenzione al controllo, dalla tutela dell’utente a quella degli operatori”, con la tavola rotonda intitolata «Riordino gioco fisico e online: il nuovo mercato tra politica e sviluppi socio-economici», moderata dal direttore di Agimeg Fabio Felici. L’incontro, promosso dall’Osservatorio Internazionale sul Gioco, ha visto la partecipazione di autorevoli esponenti del settore: Salvatore Vullo (Kogem), Stefano Sbordoni (avvocato specializzato nel gaming) ed Emilio Zamparelli (STS).

Salvatore Vullo: “Bando online molto complesso. Ecco perché il Decreto Dignità va abolito”

Intervenuto in qualità di CEO di Kogem, Salvatore Vullo ha espresso forti perplessità sul recente bando per le concessioni online.

“L’online non sta vivendo un buon periodo. Siamo di fronte a un cambiamento epocale, che non so se poi darà buoni risultati. E' stato pubblicato il bando dell’online: la scadenza per la presentazione delle offerte è fissata per il prossimo 30 maggio. Ciò che ha destabilizzato il settore è stato un aumento importante del costo delle concessioni online, che sono passate da 250.000 euro a 7 milioni di euro. C’è chi giustifica questo incremento con l’aumento esponenziale dei dati della raccolta, ma io sono sempre stato contrario a questa cifra. È sicuramente un bando più caro, ma avrei ritenuto più corretto un importo di 2-3 milioni di euro".

"Si tratta di un bando molto complesso rispetto a quelli precedenti, anche per quanto riguarda i requisiti richiesti ai concessionari. Un bando che implica la presenza di diverse figure professionali al suo interno. Non è facile da gestire da parte di un singolo concessionario, se non da parte dei grandi colossi. Inoltre, questo bando sta prolungando in maniera significativa le tempistiche per ottenere tutta la documentazione richiesta", ha aggiunto.

"Ieri c’è stata l’udienza per la sospensiva al TAR. Tutti si attendevano un provvedimento cautelare che però non è arrivato. Questo ha generato ulteriori criticità tra i concessionari. Il TAR ha deciso di non adottare misure cautelari; si entrerà dunque nel merito, e probabilmente si arriverà fino al Consiglio di Stato. In termini di tempi, questo significa che una decisione definitiva potrebbe arrivare solo a ridosso della scadenza del 30 maggio", ha sottolineato.

"La scelta compiuta ha portato a una riduzione drastica del numero di concessionari. Le stime dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli parlano di 50 concessionari. Tuttavia, andrebbe fatta una distinzione tra le società che partecipano e il numero effettivo di concessioni. Non si arriverà a 50: sono in corso fusioni tra concessionari e vi è la volontà, da parte dei piccoli operatori, di unirsi e procedere con un’unica concessione. Le problematiche emerse, però, sono molteplici. Non si parla solo di fusioni, ma anche di criticità legate alla migrazione dei conti di gioco, allo spostamento dei saldi, e quindi anche a questioni di natura bancaria. È tutto molto complesso", ha detto.

"La richiesta dei 7 milioni di euro viene dal nostro Governo con l’intento di fare cassa attraverso il gioco, come spesso accade. Parliamo di un potenziale incasso di 350 milioni di euro, ossia 7 milioni per 50 concessioni. Ma questo importo non sarà facilmente raggiungibile. Temo che in futuro possa verificarsi un danno di natura erariale, con una diminuzione della raccolta, poiché concentrata su un numero inferiore di concessionari. Il timore concreto è quello di una sorta di emorragia verso il gioco illegale. Perché un valore così alto delle concessioni, pari a 7 milioni di euro, per un concessionario significa dover raggiungere il famoso break-even. Il problema rischia di diventare ingestibile in relazione alle quote, ai costi che dovranno sostenere i giocatori, ai servizi offerti. Dall’altra parte, il gioco illegale propone quote migliori ed è più competitivo proprio perché elude le regole. Un’ulteriore preoccupazione riguarda le limitazioni introdotte per una specifica fascia d’età — quella tra i 18 e i 24 anni — che, secondo quanto riportato dagli stessi concessionari, incide per il 33-40% del mercato. Inoltre, i PVR non potranno più caricare più di 100 euro in contanti a settimana", ha sottolineato.

"Credevo si votasse a 18 anni in Italia, invece è a 25, giusto? No, è a 18. Però, per giocare, devi avere 25 anni. Si tratta di un’altra di quelle situazioni surreali che forse solo nel nostro Paese possono verificarsi. Sono molto scettico sulla riuscita di un bando di questo tipo", ha affermato Vullo.

"Secondo me, il mercato ideale sarebbe quello nel quale è nato il gioco online: toglierei il Decreto Dignità. Nel 2018 fu indetto un bando per nuove concessioni della durata di quattro anni, così da allinearle a quelle già esistenti. Vi sono poi state una serie di proroghe. Contestualmente, con l’arrivo del Movimento 5 Stelle, fu inserito l’articolo 9 nel Decreto Dignità che vieta qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa ai giochi o alle scommesse con vincita in denaro, nonché al gioco d’azzardo, comunque effettuata su qualunque mezzo: manifestazioni sportive, culturali o artistiche, trasmissioni televisive o radiofoniche, stampa quotidiana e periodica, pubblicazioni in genere, affissioni, canali informatici, digitali e telematici, inclusi i social media. Da qui cosa è successo? Un’esplosione massiva dei PVR. Prima erano CTD, poi sono diventati punti di commercializzazione (PDC), infine PVR – punti vendita e ricarica. In questi punti era consentito effettuare ricariche e registrazioni. I PVR sono diventati per i nuovi concessionari che hanno partecipato al bando l’unico canale possibile per far conoscere il proprio brand", ha aggiunto.

"Il PVR, inoltre, rispetto al canale retail, non è soggetto al distanziometro. Di conseguenza, il numero dei PVR ha continuato a crescere fino a raggiungere la cifra di circa 30.000 dichiarati. Il quadro normativo, molte volte, dovrebbe essere modificato, gestito in maniera diversa, e dovrebbe chiarire tutta una serie di aspetti, soprattutto in un settore come quello online, che cambia in maniera così rapida. Questi PVR continuano a operare. Solo alla fine del 2024 si è deciso di istituire un registro, ma è ancora tutto bloccato", ha precisato.

"Il Decreto Dignità deve essere abolito. Bisogna mettere il settore nella condizione di poter far conoscere i brand, i siti che sono realmente legali e che offrono una determinata proposta, aumentando al contempo le sanzioni. L’eliminazione del Decreto Dignità porterebbe automaticamente a una diminuzione del numero dei PVR, lasciando emergere la reale natura del gioco online", ha sottolineato.

Infine, affrontando il tema del gioco patologico e della ludopatia, Vullo ha concluso: "La situazione non è chiara neanche per gli stessi psicologi. La gestione non è ancora definita da tutti i punti di vista, neppure per quanto riguarda i controlli effettuati. Il dubbio non può generare una sanzione: chi controlla deve avere certezza se un’attività è legale o illegale. Per il comparto online, auspico l’eliminazione del Decreto Dignità, PVR che funzionino correttamente, e la possibilità per tutti gli attori della filiera del gioco di sapere con chiarezza cosa significhino controlli, gioco, scommessa, tutela del giocatore e patologie del giocatore".

Stefano Sbordoni: “Normativa ipertrofica, illegalità e criminalità costituiscono una massa incomprimibile”

Stefano Sbordoni, avvocato esperto del comparto, ha posto l’accento sulla complessità normativa che caratterizza il settore del gioco in Italia.

“Il sistema normativo è quello più complesso perché tramite lo strumento della norma, sia essa primaria - le leggi -, sia essa secondaria - i regolamenti -, si può ottenere o meno un certo scopo che dovrebbe essere di beneficio della comunità e dei cittadini”.

"In alcuni casi, per motivi politici di equilibrio o meno, non è sempre stato così. Certe norme producono effetti che non vanno a beneficio dei cittadini. In questo settore è successo, tanto che la produzione normativa, sia di primo che di secondo livello, è esorbitante. Non è un bel segnale se c'è una produzione normativa esorbitante: significa che non si è riusciti a trovare la quadra. Io non so in quanti altri settori - di cui non mi occupo - esista un eccesso di produzione normativa paragonabile a quello che si riscontra nel settore del gioco in Italia. Personalmente, con il MEF e con l'Avvocatura dello Stato, abbiamo costituito un osservatorio in grado di individuare - tramite i picchi di contenzioso - le problematiche derivanti da certe norme", ha aggiunto.

"Se l’Avvocatura dello Stato si ritrova a dover affrontare centinaia o migliaia di cause, tutte con lo stesso oggetto, risalendo alla normativa che ha generato quei ricorsi e analizzandola, è possibile capire se il problema sia stato causato dalla norma stessa o se, al contrario, non sia stato risolto a causa dell’inadeguatezza della norma. Questo tipo di attività, probabilmente, nel nostro settore non è stata condotta con la necessaria sistematicità. Eppure esistono strumenti utili. Quando una norma viene approvata attraverso il suo iter formativo, essa è sottoposta a due tipi di vaglio, che richiedono una relazione valutativa: si tratta di una valutazione d’impatto - o comunque simile - in cui gli organi preposti analizzano la norma proprio come noi ci proponevamo di fare attraverso l’osservatorio”, ha proseguito Sbordoni.

"La problematica delle istituzioni è che spesso si procede attraverso schemi e procedure standardizzate. In tal modo, la sostanza finisce per essere assorbita dalla procedura. Se io mi formalizzo sulle regole 1, 2 e 3, ma perdo di vista lo scopo per cui mi sono state date quelle stesse regole da applicare, non c’è via d’uscita. E questo è accaduto. Il problema principale è proprio questo eccesso normativo, che nel nostro settore è diventato incontrollabile. Ogni anno, nella legge di bilancio - ovvero la legge finanziaria - troviamo un numero spropositato di articoli dedicati al gioco, che vanno a modificare o alterare quelli approvati l’anno precedente. Anche questo può essere un segnale. Tuttavia, mantenendo una prospettiva positiva, va precisato che entra in gioco un altro principio: la norma deve adeguarsi alla velocità del nostro settore, sia online che fisico, che è altamente tecnologico. Questo è un aspetto fondamentale da considerare. Tuttavia, il mestiere del legislatore dovrebbe consistere nel fornire un quadro chiaro e stabile, all’interno del quale possano trovare posto le diverse evoluzioni e soluzioni”, ha sottolineato Sbordoni.

Sbordoni ha infine concluso sul tema dell’illegalità e della criminalità: "L’illegalità e la criminalità, purtroppo, costituiscono una massa incomprimibile. Non esiste una società a criminalità zero. Tutti noi vorremmo tendere allo zero, ma sappiamo che non è possibile. Dobbiamo, dunque, impegnarci per ridurre il fenomeno il più possibile, attraverso un numero crescente di punti identificati in modo organico sul territorio. In questo modo si riducono gli spazi che possono essere occupati dalla criminalità. Esistono due tipi di illegalità. La prima è quella generata dall’errore normativo, che porta alla creazione di migliaia di contenziosi e che, automaticamente, alimenta anche forme di illegalità. La seconda è la criminalità vera e propria, che agisce su un piano più pericoloso, mirando a ottenere guadagni illeciti ovunque possibile. La criminalità, oltre al denaro, ambisce al controllo del territorio. Tutta questa situazione nasce da una serie di fattori: per esempio, l’operatore che, non potendo sostenere i costi o le condizioni per ottenere una licenza, opera comunque, ma nell’illegalità. L’organizzazione criminale, allora, si assicura quei soldi provenienti dall’operatore illegale. Per ostacolare questi due livelli di illegalità, è necessario limitare in modo organico gli spazi che l’illegale può occupare sul territorio".

Emilio Zamparelli: “Regole locali estremamente fantasiose. Eliminando il mercato illegale, lo Stato incassarebbe ancora di più”

Il presidente di STS, Emilio Zamparelli, ha illustrato gli effetti delle politiche locali sul gioco fisico, tra vincoli orari e limiti di distanza.

"Negli ultimi dieci anni - ha dichiarato Zamparelli - il settore è stato interessato, innanzitutto da un cambiamento in qualche modo di mercato, perché accanto alle reti tradizionali di raccolta del gioco in questo paese e quindi le ricevitorie, le tabaccherie, i bar, le agenzie, si è sviluppato un tipo di raccolta diversa, ovvero quella del gioco online. Questo già ha rappresentato un cambiamento impattante sul mercato, ma il gioco fisico ha avuto un problema maggiore, molto più complesso, che è dipeso dalla politica. Cos'è successo? Gli enti locali negli ultimi dieci anni hanno legiferato con provvedimenti sulle distanze minime dai luoghi sensibili e limiti orari. Queste normative erano dettate più dalla voglia di fare qualcosa, piuttosto che avere un'effettiva efficacia, poiché provvedimenti che includano distanze minime da un determinato luogo, nel mondo attuale dove anche il gioco si è spostato sul digitale, non hanno più senso. In queste situazioni, al giocatore è impedito il gioco in un luogo fisico, ma può tranquillamente giocare da qualsiasi posto con il suo telefonino".

"Abbiamo assistito, nel tempo, all’emanazione di normative locali estremamente fantasiose. In alcuni casi, si è arrivati a stabilire orari fortemente limitativi: ad esempio, la possibilità di giocare solo dalle 20:00 alle 8:00 del mattino. Ma qual era l’obiettivo di tali misure? Difendere il giocatore problematico? In realtà, una persona con questo tipo di problematica non si lascia scoraggiare da vincoli orari e, anzi, in quella fascia oraria potrebbe addirittura avere più tempo a disposizione per giocare, rispetto al giocatore sociale, ovvero colui che gioca per divertimento e per tentare la fortuna. È evidente, quindi, che i legislatori locali abbiano cercato di tutelare il giocatore problematico con provvedimenti inefficaci e anacronistici. Le normative emanate da Comuni e Regioni sono risultate fantasiose anche nella definizione dei cosiddetti "luoghi sensibili": scuole, cimiteri, palestre, chiese... c’era davvero di tutto. Poi, come se non bastasse, si è scatenata una vera e propria competizione tra enti locali, ciascuno intento a fissare limiti sempre più stringenti. È così che ci siamo ritrovati con regolamenti come quello del Comune di Ventimiglia, dove è possibile giocare soltanto di notte, poiché durante il giorno gli apparecchi devono rimanere spenti.

Questo è ciò che il settore ha vissuto negli ultimi anni. Si è trattato di una situazione profondamente ingiusta, specie considerando che noi operiamo nel pieno rispetto della legalità. Rappresentiamo la parte legale in un contesto in cui l’illegalità è ancora largamente diffusa — e, paradossalmente, si parla pochissimo di quest’ultima. Il risultato? I riflettori si sono spostati sul mercato legale, lasciando campo libero all’illegalità, che nel frattempo ha potuto prosperare. Il mondo del gioco illegale non è più quello di una volta, quando si trovavano persone agli angoli delle strade a raccogliere le giocate. Oggi anche questo mercato si è evoluto, sfruttando nuovi strumenti tecnologici. L’illegalità continua a esistere, ma negli ultimi anni non se ne è discusso affatto: l’attenzione si è concentrata solo sulla parte legale, bersagliata da normative sempre più restrittive.

Attualmente siamo in attesa di un riordino che dovrebbe, finalmente, ristabilire regole chiare e certe per chi opera nel settore. Parliamo di società che svolgono attività legali e che tutelano il giocatore, poiché la tutela effettiva può essere garantita solo attraverso la rete legale. Al contrario, l’illegalità si rivolge direttamente al giocatore problematico e patologico. È importante ricordare, però, che la stragrande maggioranza dei giocatori è composta da persone sociali, che giocano esclusivamente per divertimento. I giocatori patologici rappresentano una netta minoranza, la cui problematica esiste, sì, ma probabilmente si accompagna ad altre difficoltà personali.

Una curiosità di natura storica: gli ultimi dieci anni sono stati caratterizzati da queste normative restrittive, ma era già successo in passato? Ebbene sì. Risaliamo al 1947, agli albori della raccolta ufficiale del gioco in Italia. Il Totocalcio fu il primo concorso a vedere la luce nel nostro Paese, e proprio il 5 maggio scorso abbiamo celebrato i 90 anni dalla sua nascita. Era un gioco che si compilava spesso in famiglia. Già allora, alcuni enti locali, notando l’incremento della raccolta, tentarono di intervenire per motivi economici. Ad esempio, molte prefetture proposero di inserire un costo addizionale sulla schedina: a Messina, l’1% da destinare agli ospedali; a Napoli, un contributo per aiutare i disoccupati. Tuttavia, queste iniziative estemporanee vennero prontamente bloccate, permettendo così 50 anni di serenità e di divertimento, senza vincoli.

Immaginare il futuro è complesso e difficile. Tuttavia, possiamo almeno auspicare come vorremmo che fosse il mercato del domani. Al legislatore spetta una sfida di grande rilievo: regolamentare un mercato che ha subito una profonda evoluzione. Oggi il giocatore è diventato omnicanale, ovvero gioca sia attraverso il proprio dispositivo mobile sia tramite i punti fisici tradizionali. Di conseguenza, il legislatore deve necessariamente tener conto di questa realtà. Misure come i limiti orari o le distanze minime non sono più efficaci e, finalmente, è giunto il momento di consegnarle al passato.

A mio avviso, si dovrebbe ripartire senza vincoli di distanza o di orario, perché la tutela del giocatore passa dalla rete — sia digitale che fisica. La rete fisica, in particolare, è costituita da operatori che raccolgono il gioco, e che devono essere adeguatamente formati, attenti, e rispettosi delle norme. Se disponiamo di una rete attenta, preparata e responsabile, capace di gestire correttamente il giocatore problematico e di indirizzarlo nei canali appropriati, allora possiamo affermare di avere realmente tutelato il giocatore. È da troppo tempo che si parla sempre degli stessi temi, ma oggi abbiamo finalmente un’occasione per compiere dei passi decisivi.

Inoltre, la rete legale deve essere capillare sul territorio. Questo è un elemento fondamentale: nel momento in cui lasciamo spazi liberi, essi vengono immediatamente occupati dalla criminalità, che nel gioco continua a fare affari d’oro. Quelle risorse vengono sottratte al mercato legale e impiegate contro di noi, contro la collettività. Il consumatore che desidera giocare una schedina deve poterlo fare in piena libertà, con autonomia, in un punto vicino casa. Giocare pochi euro, come fa la grande maggioranza, non provoca gravi danni agli individui, ma garantisce un’entrata erariale di 12 miliardi di euro annui. Eppure, nessuno ne parla. Nessuno sottolinea che, eliminando il mercato illegale, lo Stato potrebbe incassare ancora di più.

Non si può continuare a regolamentare questo settore in funzione degli interessi divergenti di Stato, Regioni e enti locali. Occorre delineare chiaramente i poteri, e per quanto riguarda il gioco, è giusto che sia lo Stato a decidere e a normare. Gli enti locali temono di essere esautorati da un eventuale riordino, ma non è così. A loro spetta un compito ancora più importante: far sì che le normative vengano rispettate sul territorio, e sanzionare chi non osserva le regole. Oggi sembra che il settore non sia sotto il controllo di nessuno, ma questo è falso. Esiste l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, un ente pubblico che effettua decine di migliaia di controlli ogni anno. Purtroppo, nel nostro Paese, nessuno sembra accorgersi che la maggior parte dei punti di gioco opera nel pieno rispetto delle regole, a causa di un’opinione pubblica molto contraria al settore.

L’illegalità può essere sconfitta con il rispetto delle regole e con controlli efficaci. Come tabaccai, abbiamo vissuto anche l’esperienza del contrabbando: è stata un’esperienza dura, durissima. In alcune zone del napoletano, il tabaccaio si trovava il contrabbandiere accanto alla porta. Il cliente, prima di entrare nel punto legale, incontrava il contrabbandiere. Eppure, quel tabaccaio ha resistito. Ha dovuto resistere. Ha atteso che qualcuno si attivasse per allontanare il contrabbandiere. Per questo il punto legale è fondamentale, e ancor più fondamentale è che le regole vengano fatte rispettare. Nel gioco fisico, individuare l’illegale è sicuramente più semplice rispetto all’online. Nel gioco digitale, potremmo ritrovarci a giocare su siti con sede all’altro capo del mondo. L’illegale, invece, è radicato sul territorio: per questo motivo serve la massima attenzione da parte degli organi competenti. Con il contrabbando, la missione è stata in gran parte compiuta, anche se ancora oggi esistono forme di illegalità nel settore del tabacco. Accanto al contrabbandiere, oggi troviamo anche la contraffazione: una nuova forma di minaccia. Tuttavia, quel fenomeno è stato combattuto grazie a controlli efficaci e alla repressione.

I tabaccai devono necessariamente esporre l’insegna con lo stemma della Repubblica Italiana, perché la persona dietro al banco ha un contratto con lo Stato, che lo vincola al rispetto delle norme. È un operatore dello Stato. L’illegalità va combattuta, e anche nel settore del gioco è fondamentale farlo. Per riuscirci, la capillarità della rete è essenziale: l’illegale prende forma dove esiste un mercato e, soprattutto, uno spazio lasciato libero.

Negli anni Ottanta — ha concluso Zamparelli — il gioco del Lotto era gestito da pochissime ricevitorie. Il mercato era in larga parte in mano all’illegalità. Perché? Perché c’era spazio libero. Quei botteghini statali aprivano solo alcune ore al mattino, erano chiusi nei fine settimana, non pagavano a pronta cassa, al contrario dell’illegale. Ma nel 1987 la raccolta del gioco del Lotto fu affidata ai tabaccai, una rete capillare sul territorio: quello fu un colpo durissimo per l’illegalità. Talmente duro che gli operatori illegali arrivarono a pensare di aumentare le vincite, non potendo più competere sul servizio, che era ormai garantito da una categoria professionale formata appositamente: i rivenditori di generi di monopolio. La lezione è chiara: la chiave per contrastare l’illegalità è una rete di raccolta capillare e diffusa sul territorio. Questo è il primo presidio per combattere l’illegalità, che, ancora oggi, è ben presente nel nostro Paese".

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