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Elezioni Corea del Sud, si compie la 'favola' di Lee: svolta progressista dopo mesi d'instabilità

L'ex avvocato per i diritti umani e figura di punta del Partito Democratico (centrosinistra) ha sconfitto nettamente il rivale Kim Moon-soo del Partito del Potere Popolare

Lee Jae-myung (Afp)
Lee Jae-myung (Afp)
03 giugno 2025 | 13.23
LETTURA: 3 minuti

La Corea del Sud volta pagina con l’elezione di Lee Jae-myung alla presidenza. Dopo appena due anni dalla sconfitta per un soffio contro il conservatore Yoon Suk-yeol, alle elezioni presidenziali l’ex avvocato per i diritti umani e figura di punta del Partito Democratico (centrosinistra) ha sconfitto nettamente il rivale Kim Moon-soo del Partito del Potere Popolare. L'affluenza alle urne è stata del 77,8%, secondo la Commissione elettorale nazionale. Si tratta del dato più alto dal 1997.

Il voto segna il ritorno dei progressisti al governo della quarta economia asiatica e potrebbe aprire una fase di stabilità dopo mesi di crisi istituzionale. Con il Partito Democratico che controlla anche l’Assemblea Nazionale, la presidenza di Lee si preannuncia politicamente solida.

Chi è Lee

Lee, 61 anni, ha una storia personale atipica per la politica sudcoreana: cresciuto in una famiglia operaia, costretto a lavorare in fabbrica fin da bambino e rimasto invalido dopo un incidente, si è affermato come avvocato dei più deboli prima di entrare in politica. Sopravvissuto a un accoltellamento lo scorso anno, ha fatto della sua biografia una "favola sociale" al centro della campagna. Ha promesso di combattere le disuguaglianze, calmierare i prezzi delle case e rafforzare il welfare, soprattutto per i giovani colpiti da disoccupazione e precarietà.

Lee punta anche a rilanciare la Corea del Sud come potenza tecnologica, dichiarando l’intenzione di portare il Paese tra i primi tre al mondo nel campo dell’intelligenza artificiale. Tra le sue proposte figura il trasferimento della capitale amministrativa da Seul a Sejong, con l’obiettivo di decongestionare la metropoli e valorizzare le regioni centrali. "Voglio fare di Sejong la capitale amministrativa de facto e di Daejeon un polo scientifico globale", ha dichiarato Lee.

Sulla scena internazionale, sostiene il mantenimento dell’alleanza con gli Stati Uniti, ma promuove una linea più autonoma e pragmatica. Ha espresso preoccupazione per l’approccio "America First" di Trump, che potrebbe tradursi in maggiori pressioni su Seul in termini di spese militari e dazi commerciali. In caso di richieste eccessive, ha ipotizzato una riduzione delle importazioni di armi statunitensi. Lee si è detto favorevole a un riavvicinamento graduale con la Corea del Nord, attraverso dialogo e cooperazione economica, e ha criticato l’approccio "big deal" di Trump, preferendo negoziati passo dopo passo con meccanismi di verifica. Ha anche espresso timori per un possibile "Korea passing" qualora gli Stati Uniti riprendessero i colloqui con Pyongyang escludendo Seul.

Restano però ombre giudiziarie. Lee è coinvolto in diverse inchieste per corruzione e abuso di potere, che definisce "politicamente motivate". Le accuse includono presunti trasferimenti illeciti verso la Corea del Nord e contratti sospetti risalenti al periodo in cui era sindaco di Seongnam. Il 2 maggio, la Corte Suprema ha annullato una sua precedente assoluzione per violazione della legge elettorale, aprendo la strada a un nuovo processo che potrebbe metterne a rischio l’eleggibilità al termine del mandato.

La vittoria di Lee arriva dopo la destituzione di Yoon, allontanato a dicembre in seguito al fallito tentativo di imporre la legge marziale. Più che un semplice cambio di leadership, l’elezione rappresenta la risposta della società sudcoreana a una crisi istituzionale profonda, con implicazioni che vanno oltre i confini nazionali: dalla gestione del dossier nordcoreano alla competizione tecnologica con la Cina, fino alla ridefinizione dei rapporti strategici con Washington.

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