Iran nuovo focolaio di tensione, i rischi per l’economia e le imprese italiane

25 giugno 2025 | 15.30
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L'attacco israeliano all'Iran, la ritorsione di Teheran e l’intervento americano hanno scandito una guerra durata 12 giorni. Una escalation che si è aggiunta alle pressioni sull’economia globale già da anni consistenti, esercitate dal conflitto in Ucraina e dalle tensioni in Medio Oriente, con Gaza e la Cisgiordania in piena crisi umanitaria. Sono tornati a salire il livello di incertezza e ad aumentare i rischi per la crescita e la tenuta del sistema degli scambi commerciali, già penalizzati dalla politica di Trump sui dazi. Mai come in questa fase è diventato il fattore geopolitico l'elemento di maggiore preoccupazione per le istituzioni internazionali, dalla Bce al Fmi e alla Banca Mondiale, che provano a prevedere e gestire l'impatto delle crisi che si stanno moltiplicando nel mondo. Se l'impatto della guerra in Iran ha avuto nel complesso un’eco contenuta per i mercati finanziari, le ripercussioni sull'economia reale e per il tessuto produttivo saranno quantificabili con più precisione solo nel tempo. Partendo, però, dall'evidenza che si sommeranno alle fibrillazioni già in atto. L’incognita principale riguarda la tenuta della tregua appena raggiunta. Se dovesse tenere e la situazione dovesse progressivamente tornare alla normalità, potrebbero essere neutralizzate le tre principali conseguenze ipotizzate durante lo scontro militare: l'aumento dei prezzi dell'energia, la contrazione dell’export, le tensioni sulle catene di approvvigionamento. Il primo tema, quello dell'energia, ha riportato in primo piano il livello di indipendenza dell'Italia dall'estero. Gli sforzi fatti per ridurre l'impatto della Russia nel mix energetico hanno contribuito a esporre di più il Paese su altri fronti. A oggi, quasi un terzo delle forniture di gas e petrolio arriva dal Medio Oriente. La salita del prezzo del petrolio, in particolare, avrebbe avuto conseguenze immediate sia sull'inflazione, e quindi sui prezzi al consumo, sia sui costi di produzione. Un problema ulteriormente aggravato dall'instabilità politica dei Paesi da cui arrivano forniture alternative, come quelli africani. Da un punto di vista commerciale, le imprese italiane che fanno import/export con Israele e Medio Oriente avrebbero dovuto fare i conti con un aumento dei costi per la logistica e per la protezione assicurativa, oltre che con una domanda inevitabilmente in calo. Quando parliamo di logistica, non possiamo trascurare i costi per il trasporto delle merci. Le rotte commerciali mondiali sono state già colpite, sia per la guerra in Ucraina, sia per la crisi che ha interessato il Mar Rosso, con gli attacchi ai cargo da parte degli Houthi, sostenuti proprio dall’Iran. Ora andrà evitato uno scenario in cui la tensione possa tornare a salire in tutta l'area.

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