Medicina della persona: 'Il genius loci, luoghi da vivere e antiche sapienze'

11 luglio 2025 | 15.12
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Si racconta che gli antichi romani, prima di edificare una nuova città, facessero lungamente sostare le loro greggi in ampie aree di pascolo, per poi procedere all’uccisione di diversi capi di quel bestiame e verificare, di quegli animali sacrificati, il complessivo stato di salute. Nel caso in cui alta fosse stata la numerosità degli esemplari ammalati, i romani scartavano quel sito considerandolo poco salubre e, pertanto, non idoneo ad ospitare una città e i suoi abitanti. Dunque, attraverso questo primo modello di 'sperimentazione animale', per quanto rozzo e crudele, l’uomo poteva acquisire una serie di informazioni che lo portavano ad identificare e a selezionare ciò che per lui risultava più benefico, più proficuo, più salutar e. D’altro canto, apparteneva alla cultura e alla religione dell’antica Roma il concetto del Genius Loci, ovvero il genio, lo spirito protettore di un luogo che, nel tempo, è diventato il compendio di tutte le forze che in un sito sono e, quindi, quella peculiare combinazione di caratteristiche fisiche, culturali e sensoriali che definiscono l'identità di un ambiente. La videorubrica 'Igea, la Medicina dal mito all’intelligenza artificiale', curata dall’immunologo Mauro Minelli, esplora questa settimana 'Il genius loci, luoghi da vivere e antiche sapienze'.

Dunque, da sempre, per l’uomo, la scelta ottimale dei siti – che fossero domestici o ieratici - è legata, oltre che a fattori di tipo bioclimatico o a strategie di difesa, anche alle caratteristiche proprie del luogo, alla natura del suolo su cui quel luogo è ubicato, la cui salubrità doveva essere posta – e, in passato, lo era molto più di ora - in cima alla scala dei valori degli insediamenti umani.

In quest’ambito così denso di percezioni sensoriali che hanno attraversato la storia dell’uomo e che oggi sembrano essersi perse insieme ad una cultura della sostenibilità sempre più rarefatta, alcune costruzioni megalitiche come i dolmen o i menhir, cosi come descritto dai cultori di questa materia affascinante “sembrano ancora oggi parlare di un tempo in cui si sapeva percepire l’energia della terra e si sapeva riconoscere l’energia del cielo”.

Era il 1867 quando, nel territorio di Minervino di Lecce a due passi da Otranto, un signore che di nome faceva Luigi Maggiulli scoprì uno dei monumenti megalitici più maestosi e affascinanti d’Italia: il dolmen 'li scusi'. Una costruzione apparentemente capitata lì per caso, sorretta da 8 pilastri di pietra e sormontata da un lastrone bucato da un foro. Attraverso quel foro il 21 giugno di ogni anno, giorno del solstizio d’estate, a mezzogiorno, i raggi del sole, penetrando perpendicolarmente all’interno di quella camera millenaria, creano un effetto luminoso di straordinaria suggestione.

Ogni anno, nel giorno in cui la natura rinnova il proprio massimo splendore, in questa navicella senza tempo la lunga storia dell'uomo sembra prodigiosamente ricongiungersi al cosmo e alla natura. Un piccolo grande segno di quell’ingegno umano che, continuando a evolvere, dovrebbe sempre lasciar presagire, nel tempo, trasformazioni via via più avvincenti.

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