
La compatibilità con la Costituzione e con l'ordinamento giuridico europeo del decreto legge n.36 del 2025, noto come 'Decreto Tajani', intervenuto restrittivamente sul riconoscimento della cittadinanza per discendenza (iure sanguinis), saranno dibattuti domani in udienza pubblica a Palazzo della Consulta.
Sarà la giudice relatrice Emanuela Navarretta ad introdurre alla Corte le quattro ordinanze di promovimento, che assumono un significato politico e culturale profondo alla luce del più ampio dibattito sui modelli di appartenenza civica (ius soli, ius scholae, ius Italiae...) e delle tre leggi, su cui interviene il decreto Tajani, che disciplinano le modalità di acquisizione della cittadinanza italiana per discendenza: l’articolo 4 del Codice Civile del 1865 (Regio Decreto del 25/06/1865, n. 2358), l’articolo 1 della Legge del 13/06/1912, n. 555 e l’articolo 1, in particolare il comma 1, lettera a), della Legge del 05/02/1992, n. 91.
Il decreto 2025 (che nega l'acquisto automatico della cittadinanza italiana per i nati all'estero e i cittadini di un altro Stato a meno che non abbiano un genitore o un nonno con cittadinanza italiana, o un genitore che sia stato residente in Italia per almeno due anni continuativi dopo l'acquisizione della cittadinanza) ha un punto giudicato dai suoi oppositori particolarmente controverso: il fatto che introduce la perdita automatica e generalizzata della cittadinanza per i discendenti di cittadini italiani nati all’estero, se non hanno presentato domanda o avviato un procedimento per via amministrativa entro il 27 marzo 2025, salvo ristrette eccezioni. Ciò violerebbe la cosidetta 'tutela dell'affidamento' di quei soggetti che sulla base delle norme vigenti confidavano di aver maturato un diritto di cui avrebbero goduto se la situazione normativa non fosse cambiata in modo inaspettato.
La legge, secondo le parti in opposizione, sarebbe infatti stata adottata in via straordinaria e, facendo leva su una presunta urgenza che non trova riscontro su dati oggettivi, avrebbe impedito agli aventi diritto di esercitare lo ius sanguinis. Da cui la richiesta di incostituzionalità di un Dl giudicato tra l'altro in rotta di collisione con i principi stabiliti dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea perché qualsiasi normativa che prevede la perdita automatica della cittadinanza deve permettere agli individui di essere adeguatamente informati e di richiedere un esame personalizzato delle conseguenze, entro termini congrui. Nonché, altro aspetto rilevante, la denuncia di una presunta violazione degli obblighi derivanti dall’ordinamento giuridico dell’Unione Europea, in merito all’accesso allo status di cittadino dell’Unione.
Saranno dibattuti domani l’assenza di limiti al riconoscimento della cittadinanza per discendenza, l’incidenza dei criteri di riconoscimento, la perdita e il riacquisto della cittadinanza sulla nozione di popolo, la potenziale alterazione della composizione del popolo italiano, nonché la possibile violazione del principio secondo cui la sovranità appartiene al popolo e l’interferenza nei processi democratici italiani. La convocazione a palazzo della Consulta evidenzia inoltre una possibile irragionevole asimmetria rispetto agli altri criteri di acquisizione della cittadinanza, basati sul progressivo consolidamento dei legami con il Paese, oltre a un presunto contrasto con i principi di ragionevolezza e proporzionalità.
L’esame della Corte Costituzionale si baserà sui riferimenti normativi agli articoli 1 (in particolare il comma 2), 3 e 117, comma 1, della Costituzione Italiana, nonché agli articoli 9 del Trattato sull’Unione Europea e 20 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. Secondo dati Istat, il numero di riconoscimento di cittadinanza per diritto di sangue (iure sanguinis) nel 2024 equivale a 140.735 su un totale di 340.297 cittadinanze.