
Cesare Mirabelli: "Renda effettivo l'intervento della giurisdizione e preventivo quello dello Stato - Lo chiede la Costituzione in base al principio di uguaglianza"
La morte di Martina Carbonaro, 14 anni, brutalmente uccisa dall'ex fidanzato è un nuovo tassello alla strage senza fine nella violenza contro le donne che affligge la nostra società. "Il legislatore deve intervenire, non tanto con la individuazione di nuove e più specifiche profilature di reato, perché questo placa l'impulso a sanzionare in modo rigoroso ma non è risolutivo. Quanto rendendo effettivo l'intervento della giurisdizione e preventivo quello dello Stato". Ne parla con l'Adnkronos il presidente emerito della Corte costituzionale Cesare Mirabelli, che sollecita: "Vanno individuate organicamente le misure da mettere in campo. Al Parlamento lo chiede la Costituzione, in base al principio di eguaglianza, già evocato dalla Corte costituzionale in diverse pronunce significative in materia di violenza contro le donne", sentenze che hanno contribuito a rafforzare la protezione giuridica e a promuovere l'accesso alla giustizia.
"L'intervento preventivo dello Stato è necessario nel senso che ancora una volta ove sia accertata una responsabilità e la condanna, siano effettivi anche gli strumenti di prevenzione", prosegue. Indicativa a tal proposito la sentenza 173/2024 sul braccialetto elettronico, che dovrebbe fungere da sprone per il Legislatore "ad una attività di controllo del funzionamento del sistema per evitare che il potenziale offensore si avvicini alla vittima di atti di violenza". "Si potrebbe immaginare un daspo ancora più ampio del braccialetto elettronico - suggerisce il presidente emerito - sino ad interventi che precludano la possibilità di vivere nella stessa città in cui si trova la persona in situazione di pericolo. Anche qui la finalità è prevenire finché è possibile situazioni di rischio, graduando le misure in rapporto al pericolo esistente".
Mirabelli centra la lente sulla inderogabilità della responsabilità istituzionale, che deriva dal profilo costituzionale della questione: "La sensazione complessiva è che gli atti di violenza fino all'omicidio riguardino largamente vittime donne, spesso in ambito familiare o di rapporti affettivi in essere o pregressi. La Costituzione impone un principio di eguaglianza in base a cui se c'è una diversità di situazioni riferibili al sesso, diciamo alla maggiore esposizione al rischio delle donne in quanto soggetti più deboli, devono essere posti in essere tutti gli interventi che superino o mitighino questa situazione di diseguaglianza, di maggiore debolezza. Anche se la radice costituzionale può apparire remota, è esistente. Perciò ben vengano disposizioni come quella sul patrocinio gratuito da garantire a tutti indipendentemente dal censo (sentenza 1/2021) come anche quelle di carattere preventivo che riducono il rischio (sentenza 173/2024)".
"Occorre poi una trasformazione culturale - rimarca il presidente emerito - La donna non può essere il possesso dell'uomo in virtù del principio di uguaglianza della parità dei sessi. Il problema sullo sfondo è di costume, perché evidentemente ancora in alcune fasce del Paese la concezione è che uno comanda e gli altri obbediscono. Invece si tratta di condividere garantendo il principio di eguaglianza sia nell'ambito della società generale che domestica, che nei rapporti interpersonali, che lavorativi; e proiettandolo in interventi legislativi e organizzativi che rendano effettiva questa parità. L'aspetto penale è l'ultimo, ma il più incisivo e rilevante se la cosa che stride è la violenza. Dovere del legislatore e delle agenzie educative, a partire dalla famiglia - conclude Mirabelli - è quindi intervenire in nome della Costituzione che protegge il debole, quindi anche il sesso che pretende il dominio sull'altro e che vuole limitarne la libertà, in fondo la dignità". (di Roberta Lanzara)