Kaze: "Ho abbandonato i pregiudizi, alle donne dico non abbiate paura"

L'attrice e cantante su Sky con la serie 'Call My Agent - Italia', è andata in Africa con Amref: "Mi ha cambiato la vita, tornare lì è stato come chiudere un cerchio"

Kaze - (Ipa)
Kaze - (Ipa)
19 novembre 2025 | 09.56
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"Ho cambiato il mio futuro quando ho smesso di dare peso ai pregiudizi. Alle donne dico: non abbiate paura". A parlare all'Adnkronos è l'attrice e cantante Kaze, all'anagrafe Paola Gioia Kaze Formisano, che è tornata su Sky nei panni di Sofia nella terza stagione di 'Call My Agent - Italia'. Nei nuovi episodi, il suo personaggio si trova ad affrontare un fallimento: "Da piccola ti raccontano che devi farcela, arrivare per prima, diventare qualcuno. Ma non ti insegnano a fallire. Quando ho fatto il provino a X Factor e non è andata ci sono rimasta malissimo. Pensavo fosse il mio momento. E invece no. E poi ho fallito anche a Sanremo Giovani. Ma quello di X Factor è stato il più utile: mi ha insegnato che serve tempo e studio". Raccontare il fallimento in questa serie è stato importante per Kaze: "Viviamo in una società che ti vuole sempre performante. Ma nella vita si cade. Io sono caduta tante volte". Il segreto? "Non identificarsi con il rifiuto. In questo lavoro fai dieci provini e ti richiamano forse per uno. Il fallimento diventa parte della crescita. Prima la prendevo malissimo, grazie al mio percorso d'attrice ho imparato a gestirlo".

Nata a Nairobi, in Kenya, da madre africana e da padre napoletano. Kaze non tornava nel suo continente dall'età di 12 anni. E ci è tornata di recente da testimonial di Amref, organizzazione impegnata in progetti di cooperazione allo sviluppo dedicata alla promozione della salute e attiva in 37 Paesi africani: "È stato come chiudere un cerchio. Sono nata in Kenya ma non l’ho mai vissuto come casa. Tornarci così, con un progetto concreto, era una cosa che desideravo da anni". Non è solo nostalgia: è un ritorno consapevole alla sua origine, un modo per riconnettersi a valori che sente ancora suoi. Più di tutto l’ha colpita il senso di comunità: "Noi in Europa ci siamo abituati a stare solo nel nostro: il lavoro, la casa, la relazione. Lì, invece, il concetto di comunità non si è perso". C’è un momento, in particolare, del viaggio che racconta con emozione: la visita al Kumpa Water Project. "Ho pianto tutte le mie lacrime. Quell’acqua ha cambiato la vita di un villaggio, ha permesso ai bambini di andare a scuola, alle donne di non dover camminare per ore per andare a prendere l'acqua, alle famiglie di coltivare. Diamo spesso per scontate certe cose, e invece un bene primario come l'acqua può trasformare tutto". Nell'intervista, ricorda il suo arrivo in Italia da bambina: "Ho avuto la fortuna di crescere in un contesto benestante, nonostante il Burundi sia povero. Avevo un’idea romanzata dell’Europa e dell'Italia, un po' creata da quello che vedevo in televisione. Poi arrivi e non è come pensavi. Non peggio, solo diverso. E la delusione dell’aspettativa resta". Poi sono arrivati problemi economici familiari che hanno complicato gli anni dell’adolescenza. E con questi anche il senso di inadeguatezza: "Sono cresciuta dove tutti i bambini erano diversi. Qui tutti erano uguali e io ero diversa. La mia fortuna è stata avere un carattere molto forte che non mi ha permesso di chiudermi. Poi con il tempo sei costretto a elaborare certe cose perché quando non ti fermi ti rincorrono e ci devi fare i conti". Grazie alla musica e al cinema "ho fatto un lavoro di accettazione molto importante, altrimenti non sarei riuscita a fare quello che faccio".

Oggi, 19 novembre, Kaze porta la sua esperienza sul palco di 'EmpowerHer', l’evento di Amref dedicato alle donne che stanno cambiando il loro futuro. Il suo è cambiato quando ha "deciso che non mi interessava più cosa pensassero gli altri. Ho passato anni a essere vittima delle aspettative esterne. Poi ho capito che dovevo prendere decisioni che mi rendessero soddisfatta perché poi, alla fine della mia vita, sarò io che dovrò guardami indietro. Voglio andare al letto in pace con me stessa al 100%". Questo vuol dire anche "fare scelte un po' difficili che poi non tutti capiscono. Meglio che vivere una vita che non è tua".Prima di essere attrice e cantante, Kaze voleva studiare medicina, poi ha iniziato infermieristica "per essere responsabile e garantire alla mia famiglia un po' di stabilità", dopo la morte di suo padre. "Mi piaceva molto stare in reparto, ho lavorato anche in Pronto soccorso. Sono una persona molto empatica". Ma quando "andavo a dormire, sentivo che la mia vera passione era un'altra". La medicina, però, non la abbandona mai: "Mi è capitato di soccorrere persone per strada. Quel lavoro ti resta addosso. Ti insegna empatia, ma anche a proteggerti emotivamente. E soprattutto ridimensiona tutto: nessun set sarà mai stressante quanto un infarto in Pronto soccorso".Quando le chiediamo dove si sente a casa, sorride: "Da nessuna parte, al momento. E va bene così". Ha smesso di inseguire il mito di un luogo definitivo. Ora la casa è un sentimento: sua madre, sua sorella, gli amici, la musica. "La mia casa oggi è quando faccio quello che amo". Attualmente, sta lavorando al suo secondo disco: "È bellissimo scrivere quando ancora nessuno sa nulla. Sei libera". Ed è su un set "ma non posso dire nulla, al momento". Alla domanda 'cosa sogna per sé e per le altre donne?', non esita un secondo a rispondere: "Di non avere paura. Spesso viviamo nella paura di essere etichettate: se sei protettiva dei tuoi pensieri e del tuo lavoro diventi antipatica. Io spero che avremo sempre meno paura di questa cosa e che ci prenderemo sempre più spazio per esprimerci", conclude. (di Lucrezia Leombruni)

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