Riina jr, l'intervista choc: "Omicidio Falcone? Papà non c'entra, uomo onesto che combatteva il sistema"

Le dichiarazioni del figlio del boss mafioso a Lo Sperone Podcast: "Non ha mai ordinato l'omicidio del piccolo Di Matteo. Era un uomo con la U maiuscola serio e onesto. Io come i bimbi di Gaza, sempre in emergenza". Esplode l'indignazione

Giuseppe Salvatore Riina - Fotogramma /Ipa
Giuseppe Salvatore Riina - Fotogramma /Ipa
19 settembre 2025 | 08.09
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Totò Riina? "Un uomo con la U maiuscola" che "ha sempre combattuto il sistema", un padre "serio e onesto" che "manteneva la parola data e pensava alla sua famiglia". Queste le parole choc di Giuseppe Salvatore Riina, figlio del boss di Corleone intervistato da 'Lo Sperone Podcast' nei giorni scorsi. Un'intervista - con il figlio del Capo dei Capi accolto in studio con un applauso e definito "un testimone della storia del padre" -, che ha sollevato un polverone e che contiene una serie di affermazioni destinate a far discutere ancora a lungo.

Di Matteo, Falcone e il paragone con Gaza: le parole del figlio del boss

Secondo Riina jr, infatti, "mio padre non ha mai ordinato l’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo" mentre "Giovanni Falcone, quando l'hanno ammazzato, non dava più fastidio alla mafia o a Totò Riina ma agli altri dietro le quinte". Per 'Salvuccio', inoltre, il padre "è stato arrestato perché dava fastidio, così come a un certo punto hanno dato fastidio Bernardo Provenzano e Matteo Messina Denaro, perché erano malati e non servivano più in quello stato a quelli che detenevano veramente il denaro della mafia".

E ancora. L'antimafia? "E' un carrozzone composto da gente che ha bisogno di stare sotto i riflettori e a dimostrarlo sono i casi della giudice Silvana Saguto e dell’imprenditore Antonello Montante, antimafiosi di facciata".

E sulla crudeltà di Riina padre non ha dubbi: "Non l’ho mai visto compiere un atto di violenza o tornare a casa con una pistola in mano e sporco di sangue", le parole dell'uomo, che ha azzardato anche un paragone tra la sua vita e quella dei bambini di Gaza. "Come i piccoli palestinesi da bimbo ho vissuto sempre come se fossi in perenne emergenza - ha raccontato -. Anche se, quando dovevamo scappare da un rifugio all’altro con papà, per me era come una festa perché conoscevo posti nuovi e gente nuova. Sono pure nato nella clinica Noto, la più famosa di Palermo, col nome e cognome di mio padre. E tutti lo sapevano”.

'Salvuccio' Riina, chi è il figlio del Capo dei capi dalle dichiarazioni choc

Dall'Antimafia alla politica, esplode l'indignazione

Dopo la messa in onda del podcast, esplode l'indignazione. A commentare duramente, tra gli altri, le dichiarazioni rilasciate da Riina jr, è stato ieri il presidente della commissione regionale Antimafia, Antonello Cracolici: “Non sentivamo il bisogno di ascoltare le opinioni del figlio di Totò Riina, convinto di spiegarci che uomo buono era suo padre. Non offenda la nostra terra. Mi chiedo - ha continuato - che tipo di informazione sia quella che cerca di accreditare verità che sono state sconfessate dai tribunali in nome del popolo italiano”.

"L’intervista di Giuseppe Salvatore Riina a 'Lo Sperone' podcast, che esalta il padre, è una cosa intollerabile, così come sono intollerabili le sue dichiarazioni che rappresentano un insulto a tutte le vittime della lotta alla mafia e sviliscono l’operato di chi, a partire dalla magistratura e dalle forze dell’ordine, è impegnato quotidianamente nel contrasto alla criminalità. Le dichiarazioni di Riina possono apparire come un segnale alle nuove generazioni di inserirsi nella logica criminale, come possibile e lecita scelta di vita. La libertà di espressione non possiamo negarla a nessuno, ma qui si è superato il limite e si rischia un pericoloso ritorno all’incultura mafiosa. Anche per questo chiediamo l’immediata rimozione del podcast da tutte le piattaforme”, la reazione di Raoul Russo, senatore di Fratelli d’Italia e componente della commissione antimafia.

“Le espressioni di Riina, figlio di uno dei personaggi più ripugnanti della storia repubblicana, mettono in grave imbarazzo tutte quelle realtà, a partire dalla città di Corleone, che da anni lavorano per riscattarsi dall’oppressione mafiosa e dalle immagini che personaggi del genere creano sulle comunità locali - aggiunge - Ai cittadini di Corleone, al sindaco e alla giunta, esprimo tutta la mia vicinanza e solidarietà. Presenterò uno specifico ddl in Senato sull’apologia di mafia che deve trovare una specifica norma sanzionatoria per impedire che si possa impunemente esaltare la logica mafiosa”.

“Una puntata di questo pseudo podcast che è agghiacciante. Un tentativo di eroicizzare Totò Riina e lo hanno fatto invitando il figlio del boss, anche lui condannato per associazione mafiosa, con tanto di ingresso negli studi in pompa magna. Ho visto questa puntata ed è un continuo tentare di far passare la figura di Totò come un uomo onesto e contro il sistema, ma la cosa più vergognosa è stata la totale sudditanza degli intervistatori che non sono stati in grado di fare neanche una domanda sulla storia efferata e criminale del padre". Così commenta il deputato dell'Ars Ismaele La Vardera., che continua: "Chiedo formalmente al gestore del podcast di togliere questo scempio dalla rete poiché fortemente diseducativo per le nuove generazioni. Anche io ho partecipato una volta a quel podcast ma non si può di certo associare la mia faccia a quel podcast, per questo voglio che cancelli la mia puntata e tutti i miei riferimenti. O me o i Riina. Un boss mafioso, e non un grande boss italiano come l’hanno definito, come Riina non va ricordato per essere beatifico e chiunque faccia ‘apologia criminale o mafiosa’, proprio come hanno fatto nel podcast solo per fare visualizzazioni online, si qualificano da soli. Per questa ragione sto preparando un esposto alla polizia postale e sto facendo una segnalazione all’Agcom per fare in modo che quando si parli di mafia, si ricordi che questi hanno distrutto la nostra terra e rovinato la vita dei siciliani”.

"Le parole del figlio di Totò Riina, sempre alla perenne ricerca di visibilità, sono feroci e crudeli come la storia della sua famiglia. Nessuna ricostruzione fantasiosa potrà mai trasformare dei boss mafiosi in presunti uomini da ammirare", sottolinea quindi su X la presidente della Commissione parlamentare Antimafia Chiara Colosimo secondo la quale "siamo al tragico paradosso di trovarci davanti a una pseudo morale mafiosa che cerca di dare lezioni sociali, come se nessuno conoscesse la storia criminale dell’uomo".

"Una storia che invece di essere annientata definitivamente, trova ancora spazio nel nostro dibattito pubblico. Lo Stato ha vinto, loro hanno perso. Questa è una verità che nessuno mai potrà cancellare", conclude.

A indignarsi è anche il sindaco di Corleone, Walter Rà: "Nessun contesto ha mai obbligato le persone a scegliere la violenza e la corruzione. Ed anzi, negli anni in cui sono avvenute tragedie ed atti di criminalità, una grande moltitudine di corleonesi ha deciso di seguire la strada della legalità, spesso pagando con il prezzo della vita il proprio coraggio. Come sindaco, sento il dovere di tutelare l’immagine e la dignità della città che rappresento, protagonista negli ultimi decenni di una straordinaria storia di riscatto e di libertà", sottolinea. Corleone è il paese del Palermitano in cui il boss di Cosa Nostra è nato nel 1930 e dove, dopo la cattura di Riina, hanno vissuto la moglie Ninetta Bagarella e i suoi quattro figli.

"Appare del tutto intollerabile che l’immagine di Corleone possa essere impropriamente utilizzata, ancora una volta, come mero strumento di speculazioni mediatiche - aggiunge il primo cittadino - Il contenuto podcast appare finalizzato esclusivamente ad ottenere maggiori pubblicità e visibilità". Il primo cittadino racconta di aver ricevuto "messaggi di sconcerto e deplorazione da parte di molti corleonesi e non solo". E aggiunge: "Vi invito a continuare ad esternare pubblicamente questo crescente risentimento nei confronti dell’ennesima speculazione ai danni del buon nome della città e della stragrande maggioranza dei siciliani onesti. Attraverso video, reels, storie, immagini, commenti sui social, facciamo risuonare la nostra indignazione".

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