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Italiani creduloni: oltre la metà 'si beve' le fake news

Studentessa legge sul tablet - FOTOGRAMMA
Studentessa legge sul tablet - FOTOGRAMMA
02 novembre 2017 | 13.05
LETTURA: 5 minuti

L'esercito del web comprende ormai miliardi di persone, internauti giovani e anziani, alle prime armi o esperti della Rete, assetati di notizie e informazioni. Ma la trappola è in agguato online: se pc, tablet e smartphone permettono di essere aggiornati sempre e ovunque, il rischio di incappare in una 'bufala' diventa sempre più alto, soprattutto sui social. Facebook, Youtube, Twitter, Instagram sono saturi di fake news: dal gossip alla cronaca, passando per la salute, la verità sembra diventata una chimera. E, complice anche la viralità dei contenuti, a caderci non sono pochi. Secondo un sondaggio svolto dall'Eurodap (Associazione europea disturbi attacchi di panico) per l'AdnKronos Salute, oltre la metà dei navigatori del web ha dato credito, almeno qualche volta, a fake news trovate in Rete (GUARDA IL VIDEO).

Il 44% dei navigatori che ha risposto al questionario ha dichiarato che tende a porsi qualche dubbio prima di dare per scontato che una notizia sia vera, il 61% sostiene di dare più credibilità a una notizia se divulgata da una fonte conosciuta e attendibile, ma comunque il 71% degli intervistati ammette di leggere e informarsi tramite i social.

Ma perché gli italiani credono a tutto quello che leggono nel web? "Ogni giorno navighiamo in Internet in cerca di notizie, documenti, video, controlliamo la mail, dai millennial (18-34 anni), alla generazione X (34-54), fino ai baby boomer (over 55) - spiega Paola Vinciguerra, psicoterapeuta e presidente dell'Eurodap - I millennial sono i più propensi a seguire le notizie quotidiane sui social, a condividerle tramite svariate App, con gli 'amici', commentandole a freddo e scherzandoci sopra, senza approfondirne la veridicità. Dunque con superficialità, per il gusto di farlo, rendere più stimolante il tempo libero, fin dalla mattina, come a voler 'connettere il cervello' col mondo prima che con se stessi".

Questa forse è la chiave: "L'esigenza di non sentirsi soli - prosegue l'esperta - essere presenti nelle vite altrui, condividere a tutti i costi qualcosa, senza neanche accertarsi che sia vero. Se una notizia fa ridere, infatti, viene condivisa. Se una notizia è toccante, a maggior ragione, viene condivisa e possibilmente commentata. E' molto probabile che questa tendenza a non verificare l'attendibilità della notizia non sia appannaggio di una determinata classe sociale o fascia d'età e soprattutto che non nasca solamente dalla poca cultura, ma molto più probabilmente dal bisogno di dover dire qualcosa a tutti i costi, una ricerca di ammirazione e approvazione attraverso un 'like' o una condivisione".

"Le persone non verificano le fonti delle notizie perché paradossalmente la veridicità ha pochissima importanza rispetto alla possibilità di mettersi in mostra e quindi di esistere - osserva ancora Vinciguerra, supervisore Emdr - L'epoca digitale ci sta insegnando che è molto più importante apparire, quindi avere centinaia di follower, piuttosto che essere. Questa poca capacità introspettiva ha preso piede anche perché gli stessi social incentrano il loro enorme successo comunicativo sulla condivisione immediata e spontanea, non solo di notizie, ma anche di pensieri ed immagini".

"Non siamo appassiti - continua Vinciguerra - siamo 'superficiali', si condividono le notizie 'pour parler', non approfondiamo la veridicità delle notizie perché lo riteniamo uno spreco di tempo. Ognuno nel proprio intimo è indaffarato con le proprie situazioni, con stress, impegni e doveri, momenti di noia, attesa e un vuoto che bisogna occupare. Non c'è più il piacere di 'stare con se stessi', magari di annoiarsi e soprattutto di pensare. Non ci si preoccupa che le notizie siano vere anche perché ormai ci hanno, almeno in parte, abituati alla bufala".

"L'approfondimento è riservato solo alle notizie che toccano particolari aree di nostro interesse. Esclusivamente in questo caso - conclude la presidente Eurodap, anche docente presso l'Università Ludes di Lugano - si va alla ricerca di ulteriori dati, su quelle che vengono ritenute le testate giornalistiche più serie".

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