Estremista islamico arrestato a Mantova: nel telefono video addestramento militare

L'uomo è accusato di arruolare ragazzi per compiere atti di violenza con finalità terroristiche. Piantedosi: "Nostro sistema di prevenzione efficace"

Estremista islamico arrestato a Mantova: nel telefono video addestramento militare
09 settembre 2025 | 13.15
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Un 37enne del Bangladesh è stato arrestato dalla polizia a Mantova con l'accusa di attività di arruolamento di giovani per compiere atti di violenza o sabotaggio di servizi pubblici, con finalità di terrorismo.

L’attività investigativa, condotta dalle Digos di Brescia e di Genova, con la collaborazione della digos di Mantova, coordinate dalla Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione-Ucigos, nasce dalle articolate evidenze investigative emerse dall’analisi dello smartphone dell’indagato effettuata dalla digos di Genova nel contesto di un'altra attività di indagine, culminata nella recente condanna in via definitiva di un giovane per il delitto di partecipazione all'associazione con finalità di terrorismo Tehrik e Taliban Pakistan, ramificazione di Al Qaeda.

Dall’analisi della copia forense dello smartphone dell’indagato, è emerso il suo interesse verso video contenenti tecniche operative di addestramento militare, posizioni a fuoco con arma lunga; transizione da arma lunga ad arma corta; l’avanzamento in copertura tattica. Queste evidenze, oltre al possesso di numeroso materiale d’area, appaiono dimostrative in attività di insegnamento, proselitismo e profetizzazione dei giovani allievi, dell’adesione dell’indagato all’Islam più radicale, che pratica e propugna l’inscindibile compenetrazione fra fede e lotta armata, anche a discapito di civili infedeli (kuffar), come mezzo per l’imposizione di questa religione sulle altre; ciò sino al martirio personale, raggiunto al culmine di un antagonismo che si infiltra nelle maglie della società occidentale, per distruggerla dal suo interno, operando la cosiddetta taqiyya.

In particolare gli investigatori hanno rilevato come l'indagato abbia indottrinato il giovane, già condannato, dopo averne conquistato la fiducia, interessandosi alla sua storia personale, alla sua fede e alla sua cultura in materia. Nonostante il ragazzo gli avesse confessato di non avere frequentato una scuola Coranica ma di leggere testi dello scrittore Ali Jaber al Fayfi (già attivista di Al Qaeda), l’indagato gli assicurava di disporre di tanti libri religiosi per i ragazzi giovani, offrendosi di spedirglieli. In tal modo, l’indagato teneva fede alla sua promessa di istruire, formare e perfezionare il giovane nello studio e nella pratica della dottrina jihadista, e il giovane finiva per diventare e riconoscersi quale suo allievo.

Il maestro, infatti, concentrava gli argomenti di discussione sulla causa del jihad con numerosi riferimenti ad attivisti qaedisti o autori progenitori del pensiero dello Stato Islamico (fra cui Sayyid Qutb Ibrahim Husayn al-Shadhili, considerato un ideologo e martire del radicalismo islamico). Con il concorso operativo anche della digos di Venezia, sono state eseguite due perquisizioni nei confronti di altre persone che hanno intrattenuto rapporti qualificati con l’indagato.

L'aspetto da 'valorizzare', spiegano gli investigatori, è la metodologia usata dal radicalizzatore. ''Oggi per lo più assistiamo ad attività condotte online, sovente anche grazie a chatbot e intelligenza artificiale, ma i metodi più tradizionali sono tutt'oggi utilizzati, come risulta da questa attività - sottolineano - Altro aspetto da sottolineare è che pur avendo scelto un approccio investigativo che prevede un intervento tempestivo sui soggetti radicalizzati prima che mettano in atto le progettualità manifestate, così cercando innanzitutto di preservare la sicurezza pubblica, d'altro canto le iniziative investigative vengono sistematicamente protratte anche dopo la fase di disruption, per risalire a coloro che sono responsabili del processo di radicalizzazione violenta di costoro''.

Piantedosi: "Arresto dimostra efficacia nostro sistema prevenzione"

“L’operazione condotta oggi a Brescia, che ha portato all’arresto di uno straniero accusato di arruolare giovani jihadisti, rappresenta una chiara dimostrazione dell’efficacia del nostro sistema di sicurezza nel prevenire e contrastare le minacce terroristiche'', ha dichiarato il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. ''Si tratta del frutto di un’attività investigativa complessa, perseguita con competenza e dedizione dalle questure di Brescia e di Genova, con la collaborazione di Mantova, coordinate dalla Direzione centrale della polizia di Prevenzione, che testimonia l’altissimo livello di competenza e dedizione della Polizia di Stato, fiore all’occhiello del nostro Paese e punto di riferimento in ambito europeo - ha aggiunto - Alle donne e agli uomini delle forze dell’ordine va il mio plauso. L’attenzione del ministero dell’Interno e del Governo resta massima perché la sicurezza dei cittadini e la difesa della nostra convivenza civile rimangono la priorità assoluta”.

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