
La giovane di Arce nel frusinate venne uccisa nel 2001. A quasi 24 anni dal ritrovamento del suo cadavere il delitto resta ancora senza un colpevole. Il legale dei Mottola: "Aspettiamo le motivazioni"
I giudici della prima sezione della Corte di Cassazione hanno annullato oggi le assoluzioni di Franco Mottola, del figlio Marco e della moglie Annamaria nel processo per l'omicidio di Serena Mollicone. Il processo di appello dovrà essere ripetuto.
I giudici si sono pronunciati oggi martedì 11 marzo. La Corte si è ritirata alle 16.20 per decidere se confermare l'assoluzione di Franco Mottola, ex comandante della stazione di Arce, del figlio Marco e della moglie Annamaria, e quindi rigettare i ricorsi presentati dalla procura generale, oppure se annullare le assoluzioni e quindi aprire a un processo di appello bis. Attorno alle 19, la decisione.
Non si chiude ancora quindi la vicenda giudiziaria che per la famiglia Mottola e in particolare per Franco e Marco, inizia il 27 giugno del 2011, quando a dieci anni dal delitto, padre e figlio vengono per la prima volta iscritti sul registro degli indagati insieme ad altre persone dalla procura di Cassino. Gli imputati dovranno tornare nelle aule di piazzale Clodio dove si celebrerà un nuovo processo di secondo grado.
"In questo momento non posso che pensare a mio padre che non è qui a dare la forza e a mia sorella. Confidiamo e speriamo nella giustizia per avere la verità sulla morte di mia sorella. Sono 24 anni che aspettiamo", il commento di Consuelo Mollicone dopo la sentenza della Cassazione.
"Si apre una possibilità per noi familiari e per la comunità intera, tutta" ha poi detto Antonio Mollicone, zio di Serena. "Quando si maltratta e si riduce una bambina in quelle condizioni, non possiamo far finta che non ci interessa. Siamo contenti proprio per questo senso di apertura alla ricerca ancora della verità. Non ci interessano presunti responsabili, a noi interessano i responsabili. Non un capro espiatorio, sono 24 anni che aspettiamo. La verità la andiamo a cercare in ogni parte del mondo, ormai quello che ci resta da fare è questo e lo faremo volentieri".
"Siamo veramente soddisfatti. Oggi veramente è il primo passo verso la giustizia che la famiglia Mollicone sta attendendo ormai da 24 anni". Così il legale di parte civile Anthony Iafrate dello Studio Salera che da anni segue Consuelo Mollicone.
Il legale ha però precisato che questa "non è ancora una vittoria, perché stiamo parlando di una ragazza che e' stata brutalmente uccisa, questo è solo un nuovo inizio". "Certamente - ha precisato - e' un punto di svolta importante perché se la Cassazione avesse rigettato il ricorso il caso di Serena sarebbe stato chiuso. Questo per noi è motivo di grande orgoglio e di fiducia nella giustizia. Ci attende una nuova sfida in Corte d'Appello ma siamo già pronti perché non vediamo l'ora di arrivare alla giustizia".
Infine l'avvocato ha sottolineato che "la requisitoria del procuratore generale ci ha entusiasmati: è stata una requisitoria dura, puntuale e motivata dal punto di vista giuridico".
"Aspettiamo le motivazioni della sentenza. Ci sono comunque elementi a discarico dei Mottola che non potranno mai essere messi in discussione anche all'esito di un altro dibattimento". Così l'avvocato Mauro Marsella, che insieme a Francesco Germani e Piergiorgio Di Giuseppe, difende la famiglia Mottola, per cui oggi è stato disposto un nuovo processo di Appello in relazione all'omicidio di Serena Mollicone.
Accolta la richiesta del procuratore generale della Corte di Cassazione, che ha chiesto di annullare con rinvio la sentenza impugnata di secondo grado, e quindi un processo di appello bis.
"Sostengo il ricorso della parte civile perché considero che la sentenza di appello sia affetta da plurime violazioni di legge e di norme processuali", ha detto. Il pg ha rilevato "l'assenza o apparenza della motivazione" della sentenza di secondo grado che è, quindi, "carente" e sottolinea che il "Giudice di Appello ha abdicato alla Cassazione" con "un atteggiamento pilatesco". "La sentenza", tra l'altro, spiega il pg, "omette di motivare sulla effettiva presenza di Serena Mollicone in caserma e non risponde a tutti gli elementi che confortano le affermazioni di Tuzi che hanno dato avvio alle indagini".
Per chiedere giustizia per Serena è stato fatto un presidio davanti alla Cassazione con due striscioni. In uno si legge "24 anni di verità e giustizia negata, ora Serena non merita di essere archiviata", mentre nell'altro del Telefono Rosa di Frosinone c'è scritto: "Giustizia per Serena, mai più storie di ordinaria violenza".
"Non vi è nessun elemento di prova certo che possa portare alla condanna dei Mottola e anche in caso di rinvio le problematiche sarebbero le stesse se le prove non ci sono state prima, non ci sarebbero neanche adesso e un nuovo processo non porterebbe alcuna novità" aveva detto l'avvocato Francesco Germani, difensore dei Mottola in aula prima della pronuncia della Corte di Cassazione. L'avvocato Di Giuseppe ha parlato di "corto circuito giuridico" e di un "costrutto accusatorio che fa acqua da tutte le parti". Nel ricorso ci sono “errori macroscopici” e quello della motivazione assente o apparente è un “escamotage inaccettabile”.
In conclusione l'avvocato Marsella ha poi sottolineato di "essere rimasto spiazzato dal ricorso, quando ho sentito ancora una volta e fin troppo approfonditamente parlare di motivi di merito che sono stati analizzati, sviscerati e interpretati in maniera assolutamente pertinente da un punto di vista sia qualitativo sia quantitativo in primo e secondo grado".
Il 1 giugno del 2001 Serena Mollicone esce di casa presto per andare a fare un esame all'ospedale di Sora, dopo aver preparato la colazione al padre, con cui vive sola dalla morte della mamma. Da quel momento, però, non farà più ritorno a casa. Il suo corpo verrà ritrovato due giorni dopo con mani e piedi legati, nastro adesivo sulla bocca e un sacchetto del supermercato in testa, vicino a un mucchio di rifiuti nel bosco di Fonte Cupa in località Anitrella. Da quel giorno sono passati quasi 24 anni, ma il caso al momento resta ancora un giallo.