
Nel cuore della nuova guerra commerciale tra Stati Uniti ed Europa, le imprese italiane si trovano in prima linea, colpite da dazi imprevedibili e scosse da una crescente incertezza valutaria. Il ritorno del protezionismo rischia di spezzare l’equilibrio già fragile dell’export tricolore. In questo scenario turbolento, non basta più vendere bene: bisogna saper proteggere ogni margine. La gestione del rischio di cambio non è più una scelta, ma una necessità. E chi non agisce oggi, rischia di pagare caro domani. Lo dice in un'intervista all'Adnkronos Roberto Gusmerini, Head of Dealing di Ebury Italia.
Tutto parte dai dazi
"Sì, l’annuncio del 2 aprile 2025 da parte del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, relativo all’introduzione di nuovi dazi sulle importazioni europee — con tariffe previste fino al 20% su beni strategici come prodotti agroalimentari, meccanica e beni di consumo — riaccende il dibattito sull’impatto delle politiche protezionistiche sui flussi commerciali e sulla necessità di implementare solide strategie di risk management valutario. Le imprese italiane, fortemente esposte all’export verso gli Stati Uniti (oltre 67 miliardi di euro nel 2023 secondo Confartigianato), si trovano ora ad affrontare una nuova fase di volatilità commerciale e finanziaria", dice.
Quali misure in particolare?
"Le misure, annunciate durante il cosiddetto “Liberation Day”, sono entrate in vigore il 5 aprile con un dazio generalizzato del 10% su tutte le importazioni verso gli Stati Uniti, indipendentemente dal Paese d’origine. L’aumento al 20% per le merci provenienti dall’Unione Europea, inizialmente previsto per il 9 aprile, è stato temporaneamente sospeso per 90 giorni, rimandando la sua applicazione all’8 luglio 2025, in attesa di un esito dei negoziati bilaterali. Restano invece in vigore i dazi già esistenti del 25% su auto straniere, acciaio e alluminio. La misura ha generato un clima di forte incertezza, spingendo le aziende esportatrici a rivalutare le proprie esposizioni e strategie valutarie".
Tutto pesa sull'economia italiana
"Queste tensioni globali si innestano su un’economia italiana già in fase di assestamento. Nel 2024, secondo Sace, l’export ha registrato una contrazione dello 0,4%, attestandosi a 623,5 miliardi di euro. Una flessione contenuta, ma indicativa di un contesto macroeconomico fragile, segnato da instabilità geopolitica. A marzo Istat 2025 stima una flessione congiunturale contenuta delle esportazioni (-1,0%) e una sostanziale stazionarietà delle importazioni (+0,2%), dati che confermano lo scenario di grande incertezza nel quale ci troviamo".
Come regiscono le imprese italiane
"A seguito dell’imposizione dei dazi, le imprese italiane si trovano così esposte non solo a una potenziale perdita di competitività commerciale, ma anche a una crescente volatilità dei tassi di cambio, che rende più complessa la gestione del capitale circolante. In questo contesto, l’esposizione valutaria rappresenta infatti una delle principali fonti di instabilità per le imprese operanti a livello internazionale. Le variazioni nei tassi di cambio possono compromettere la redditività operativa e alterare significativamente il margine di contribuzione, soprattutto in assenza di una strategia di copertura integrata nel framework di tesoreria aziendale. In particolare, un rafforzamento dell’euro riduce la competitività dei beni esportati, mentre un deprezzamento improvviso può far lievitare i costi di importazione e impattare negativamente sui margini operativi".
Il problema della gestione valutaria.. si allarga
"Ma la gestione del rischio di cambio non riguarda più solo le grandi multinazionali: interessa da vicino anche le Pmi che importano materie prime, vendono all’estero o operano su marketplace globali. In un contesto in cui ogni annuncio può riscrivere le regole del gioco da un giorno all’altro, disporre di strumenti efficaci per mitigare la volatilità derivante dall’andamento dei tassi di cambio diventa un fattore competitivo".
Come muoversi?
"In questo scenario è decisiva l'adozione di strategie che permettono di fissare oggi i tassi di cambio a cui incassi o pagamenti futuri in valuta estera saranno convertiti in euro, permettendo alle aziende di affrontare con maggiore sicurezza le turbolenze dei mercati globali e mantenere la competitività nel medio-lungo periodo. Anche in questo settore la tecnologia gioca un ruolo chiave: le piattaforme fintech permettono di monitorare l’esposizione valutaria, accedere a condizioni competitive, ottenere consulenze personalizzate e implementare politiche di copertura efficienti. La reattività offerta da queste soluzioni è un vantaggio competitivo decisivo in mercati in rapido mutamento", afferma.
Ma gli strumenti non bastano?
"No, non bastano gli strumenti: è necessaria una cultura aziendale orientata alla gestione del rischio. Formazione continua, scenari di stress test, sensibilizzazione del management e un’integrazione strutturale della policy di gestione del rischio Fx nelle decisioni strategiche rappresentano elementi imprescindibili per costruire un’impresa più resiliente".
Che fare?
"Gestire in modo proattivo il rischio di cambio rappresenta oggi più che mai una leva fondamentale per garantire la stabilità finanziaria e affrontare con lucidità le sfide del commercio globale. Bloccare il tasso di cambio contestualmente al prezzo di acquisto o di vendita consente di preservare i margini, pianificare con precisione e affrontare l’incertezza con maggiore tranquillità. In un contesto macroeconomico in continuo mutamento, dotarsi degli strumenti giusti, collaborare con partner specializzati e costruire una strategia valutaria su misura significa proteggere il proprio business oggi per continuare a crescere domani". (di Andrea Persili)