
Si prevede un’affluenza da record alla prossima assemblea di Mediobanca, convocata per il 16 giugno e chiamata a esprimersi sull’Offerta Pubblica di Scambio (Ops) lanciata da Piazzetta Cuccia su Banca Generali. Fonti finanziarie confermano all’Adnkronos che si attendono partecipazioni fino all’80%, se non oltre. Un dato elevato che solleva interrogativi tra gli analisti: chi trarrà vantaggio da una partecipazione così ampia?
Secondo Michele Calcaterra, senior lecturer di Entrepreneurial Finance presso la Sda Bocconi School of Management, a beneficiarne sarà con ogni probabilità il cosiddetto “blocco storico” che sostiene l’attuale amministratore delegato Alberto Nagel. “Si tratta di fondi con una lunga esperienza nella gestione del risparmio, che vedono nell’integrazione con una solida rete distributiva, guidata in modo autorevole e con una chiara visione strategica, un’opportunità concreta per rafforzare e valorizzare la propria offerta”, spiega Calcaterra all'Adnkronos.
Un primo segnale di sostegno arriva dagli aderenti all’Accordo di consultazione – il patto che rappresenta l’11,87% del capitale di Mediobanca – che hanno espresso un “generale apprezzamento” per l’operazione, riconoscendone il “forte razionale industriale e finanziario”. Un appoggio importante per il management, che punta alla fusione con Banca Generali per consolidare il proprio posizionamento nei settori del wealth e dell’asset management.
Ma lo scenario resta complesso. Il gruppo di Francesco Gaetano Caltagirone ha incrementato la propria quota, avvicinandosi al 10% del capitale, diventando il secondo azionista dopo Delfin (19,81%), la holding della famiglia Del Vecchio, storicamente alleata dello stesso Caltagirone in diverse partite. Gli occhi ora sono puntati proprio su di loro: quale sarà la loro posizione in assemblea? Tutte le opzioni restano sul tavolo. Ma la partita ha anche altri giocatori: le casse di previdenza, che pesano intorno al 5% e di solito sono in sintonia con Caltagirone, e i Benetton di cui ancora non si conoscono le intenzioni.
Nel frattempo, anche gli investitori istituzionali (che pesano con i retail circa 50%) iniziano a scoprirsi. California State Teachers’ Retirement System, Florida State Board of Administration e Praxis Investment Management hanno annunciato il proprio voto favorevole all’offerta di Mediobanca. Il fondo pensione della Florida, che gestisce circa 260 miliardi di dollari, ha depositato in assemblea 1,26 milioni di azioni (circa lo 0,15% del capitale), una quota simile a quella del fondo pensione californiano. Praxis, asset manager statunitense, detiene una partecipazione più ridotta, intorno alle 50.000 azioni.
Questi annunci si sommano a quelli di New York City Comptroller e Calvert, che nei giorni scorsi si sono espressi a favore dell’operazione, in linea con la raccomandazione positiva di tutti i principali proxy advisor (Iss, Glass Lewis e Pirc). A complicare il quadro, tuttavia, è la richiesta formale della holding Vm 2006 del Gruppo Caltagirone di rinviare l’assemblea. La società sostiene che manchino informazioni essenziali sull’Ops, in particolare sugli accordi di partnership nei settori bancassicurazione, asset management e insure-banking. Secondo Vm 2006, l’assenza di dettagli economici e contrattuali mina la trasparenza dell’operazione e rende inefficace la delibera ai sensi dell’articolo 104 del Tuf.
Immediata la replica di Mediobanca, che bolla la richiesta come l’ennesima espressione del “conflitto d’interessi” di Caltagirone, ribadendo la correttezza e trasparenza dell’iter e la legittimità della convocazione. Resta tuttavia un punto critico sollevato proprio da Vm 2006: l’assenza di un accordo formalizzato tra Mediobanca, Banca Generali e Generali. L'assenza di tale contratto - sostiene Vm 2006 - può provocare sconcerto tra i promotori anche per l'effetto della perdita del marchio Generali, promotori che allo stato non sanno se la società sarà controllata da Generali, Mediobanca o Mps che hanno tre differenti strategie
Ad aggiungere ulteriore incertezza è la notizia, riportata da La Verità, di una lettera inviata dall’amministratore delegato di Banca Generali, Gian Maria Mossa, ad Alberto Nagel nella quale Banca Generali dice no a una partnership (con Mediobanca e Generali) su bancassicurazione e wealth management. Nella lettera– secondo quanto scrive il quotidiano– Mossa spiegherebbe che non ci sarebbero le ragioni che rendono in questa fase ancora preliminare, necessaria e opportuna la partecipazione di Banca Generali alle negoziazioni finalizzate all'accordo. In futuro si vedrà prosegue la lettera, dopo che sarà fatta maggiore chiarezza sul perimetro di tali accordi. (di Andrea Persili)