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Unicredit-Bpm, "golden power fatto nuovo": perché la sospensione Consob è complessa

Unicredit-Bpm,
19 maggio 2025 | 19.21
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Unicredit avrebbe inoltrato a Consob la richiesta di sospendere l’Ops su Banco Bpm per negoziare le prescrizioni imposte dal governo nell’esercizio del golden power. Quella richiesta da Piazza Gae Aulenti è una possibilità contemplata dall’articolo 102, comma 6, lettera b del Testo Unico della Finanza (Tuf), che consente alla Consob di sospendere un’offerta pubblica di acquisto o di scambio per un periodo non superiore a trenta giorni nel caso in cui emergano fatti nuovi o non precedentemente resi noti, impedendo ai destinatari dell’offerta di formulare un giudizio informato e fondato. Questa disposizione è fondamentale per garantire che gli investitori abbiano accesso a tutte le informazioni rilevanti necessarie per valutare un’offerta in modo consapevole.

“La sospensione temporanea permette alla Consob di intervenire per assicurare che tutte le informazioni pertinenti siano rese disponibili e che gli investitori abbiano il tempo necessario per analizzarle”, spiega all’Adnkronos Flavio Notari, Head of Tax Technologies Companies di Orrick. “Questo periodo di sospensione è cruciale per chiarire la situazione e garantire che il processo decisionale degli investitori sia basato su dati completi e aggiornati”, aggiunge. “La norma serve a mantenere l’integrità del mercato, evitando che decisioni affrettate o basate su informazioni incomplete possano portare a conseguenze negative”.

Per quanto riguarda la complessità del ricorso a questa misura, il processo può essere articolato. “La Consob deve valutare attentamente se i fatti nuovi o non resi noti sono tali da impedire un giudizio fondato sull’offerta”, prosegue Notari. “Questo richiede un’analisi dettagliata delle informazioni disponibili e delle circostanze che hanno portato alla loro emersione. Inoltre, la sospensione deve essere giustificata da prove concrete che dimostrino l’impatto di tali fatti sulla capacità degli investitori di valutare l’offerta”. Dal punto di vista procedurale, “la richiesta di sospensione da parte di Unicredit comporta l’osservanza di procedure formali e consente il diritto di presentare prove concrete a supporto della sua richiesta, mentre Bpm avrà l’opportunità di contestare la sospensione. L’applicazione pratica di una sospensione ai sensi dell’articolo 102, comma 6, lettera b del Tuf – dice l’esperto – può essere complessa e richiede una valutazione attenta e dettagliata da parte della Consob”.

Fonti finanziarie, contattate dall’Adnkronos, confermano che la richiesta di Unicredit rischia di avere un esito incerto. “Da un lato il golden power non può essere considerato un fatto nuovo, visto che rientra tra le condizioni di efficacia a cui l’offerta è subordinata. D’altronde – sottolineano – la modalità di esercizio, caratterizzata dalla pervasività e dalla natura restrittiva delle condizioni imposte, potrebbe costituire un elemento di novità sostanziale, tale da incidere concretamente sulla capacità degli investitori di formulare un giudizio informato”.

Le prescrizioni in discussione toccano diversi aspetti strategici. In primo luogo, vi sarebbe l’obbligo per un periodo di cinque anni di mantenere invariato il peso degli investimenti di Anima Holding – il gestore del risparmio legato a Banco Bpm – in titoli di emittenti italiani, pubblici o privati, e di sostenere lo sviluppo della società. Un altro punto critico riguarda la richiesta di non ridurre, sempre per cinque anni, il rapporto tra impieghi e depositi praticato in Italia sia da Banco Bpm che da Unicredit. Tra le prescrizioni figura anche la richiesta di cessare tutte le attività in Russia – incluse raccolta, impieghi, collocamento fondi e prestiti transfrontalieri – entro un termine massimo di nove mesi.

Le fonti riportano che sussistono perplessità su alcune delle condizioni imposte, ritenute troppo stringenti. In particolare, sulla questione russa, viene sottolineato che “chiedere di svuotare la banca è una cosa, consegnare le chiavi è un’altra”, con un riferimento alla necessità di un decreto presidenziale russo per completare certi disimpegni, su cui la banca non avrebbe pieno controllo. Altro tema di critica riguarda l’obbligo di concentrare gli investimenti in Italia. Una simile restrizione, secondo osservatori vicini al dossier , “non trova fondamento in alcuna disposizione normativa” e rischia di ostacolare la corretta gestione del rischio da parte di un istituto bancario. “Nessuna norma può legittimamente impedire a una banca di diversificare il proprio portafoglio di investimenti, anche all’estero”.

Per quanto riguarda il rapporto impieghi/depositi, la prescrizione governativa sembrerebbe andare oltre un monitoraggio prudenziale, imponendo – di fatto – il mantenimento degli impieghi in essere. “Ma un impiego in essere – spiegano alcune fonti – è legato a una richiesta di credito da parte del cliente. Obbligare a mantenerli significa anche finanziare chi, magari, non ha più bisogno di essere finanziato”. Il governo, dal canto suo, giustifica il proprio intervento alla luce della “natura transnazionale” di Unicredit, che presenta una composizione azionaria e una distribuzione geografica delle attività considerate critiche dal punto di vista della sicurezza economica nazionale. Secondo il decreto del 18 aprile scorso, tali caratteristiche renderebbero necessarie misure di salvaguardia per evitare che un colosso internazionale possa snaturare un istituto – Banco Bpm – ritenuto radicato nel territorio e fortemente esposto al credito per piccole e medie imprese italiane. (di Andrea Persili)

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