Auto e farmaci dall'Ue, dazi Usa presto al 15%

La Commissione Europea ha ricevuto assicurazioni da Washington: le indagini ex articolo 232 del Trade Expansion Act non comprometteranno i due settori europei più di quanto concordato in Scozia da Donald Trump e Ursula von der Leyen. I due comparti sono strategici per l'Europa e sono stati fondamentali per convincere Bruxelles ad accettare un accordo che viene considerato "il male minore".

Farmaci e auto sono al centro della partita sui dazi Usa (foto Alberto Cattaneo / Fotogramma)
Farmaci e auto sono al centro della partita sui dazi Usa (foto Alberto Cattaneo / Fotogramma)
05 agosto 2025 | 17.23
LETTURA: 8 minuti

Le auto e i farmaci che l'Ue esporta negli Stati Uniti d'America verranno sottoposti "molto presto" ad un dazio "omnicomprensivo" del 15%, inclusa la tariffa della nazione più favorita (Mfn). Sui due settori che hanno spinto l'Ue a stringere l'accordo di Turnberry, come ha detto il segretario Usa al Commercio Howard Lutnick, per evitare che la produzione migrasse negli Usa, l'amministrazione americana ha in corso indagini in base all'articolo 232 del Trade Expansion Act: su entrambi, ha spiegato un alto funzionario Ue, Bruxelles ha ricevuto l'assicurazione che il dazio che verrà imposto al termine delle indagini per l'Europa non sarà superiore al 15%, inclusa la tariffa Mfn.

Attualmente le auto europee negli Usa vengono 'daziate' al 25%, più il 2,5% Mfn, quindi 27,5% in tutto: passare al 15% sarebbe un sollievo immediato per il settore, strategico per l'Ue, e per la Germania in particolare. Il discorso è diverso per i farmaci Ue, attualmente a dazio zero negli States: al termine dell'indagine ex articolo 232, tuttavia, l'amministrazione Trump potrebbe imporre dazi elevati sui medicinali importati da Paesi terzi, ma l'Unione Europea ha ricevuto l'assicurazione che, nel suo caso, non supereranno il 15% "omnicomprensivo" concordato da Ursula von der Leyen e Donald Trump sui campi di golf affacciati sul Firth of Clyde, nel mare d'Irlanda, di proprietà del presidente.

Per quanto riguarda l'acciaio e l'alluminio europei, a parte alcune eccezioni, attualmente vengono 'daziati' al 50% dagli Usa: la Commissione avvierà negoziati per ottenere quote di importazione con tariffe al 15%, mentre le quantità eccedenti verranno tariffate al 50%. Le industrie Usa hanno bisogno di alcuni acciai speciali che negli States non vengono prodotti e che vengono importati dall'Ue, ma per concludere i negoziati ci vorrà comunque "un po' di tempo", ha spiegato la fonte, dato che le quote non sono semplicissime da concordare.

In tutto questo, per ora Usa e Ue hanno solo un accordo politico verbale raggiunto da Ursula von der Leyen e Donald Trump a Turnberry, accordo verbale che non è, né potrebbe essere, giuridicamente vincolante. Neppure la dichiarazione politica che avrebbe dovuto essere pubblicata venerdì scorso sarà legalmente vincolante, essendo una dichiarazione e non un trattato, ma delimiterà il campo dei negoziati tra Ue e Usa in campo commerciale, che continueranno.

I lavori di stesura della dichiarazione, ha spiegato la fonte, sono "molto avanti. Il 95% è pronto", ma i tempi della finalizzazione del testo dipendono essenzialmente dalle controparti Usa, che in questi giorni sono impegnate in negoziati con molti altri partner commerciali. La dichiarazione "fornirà un po' più di chiarezza sui prossimi passi" e sulle cose sulle quali "lavoreremo ulteriormente". La Commissione sta lavorando per inserire nel testo una prima lista dei prodotti che dovrebbero beneficiare di un regime agevolato di dazi "zero per zero", oppure "zero contro tariffa Mfn", che comprenderà alcuni prodotti europei e Usa, di vario genere.

Tra quelli americani ci saranno anche prodotti agroalimentari, come per esempio la carne di bisonte, che non fa concorrenza agli allevatori europei, i quali non allevano bisonti. Non dovrebbero far parte di questa lista, almeno inizialmente, vini, liquori e birre europei, che dunque dovrebbero rimanere 'daziati' al 15%, anche se la Commissione lavora per allargare la lista dei prodotti esentati e quello degli alcolici è un settore "altamente prioritario" per l'Ue. Intanto, oggi in comitato, come ampiamente preannunciato e come concordato con gli Usa, le contromisure Ue ai dazi Usa sono state sospese per sei mesi (entro due settimane i Paesi membri daranno l'ok, a maggioranza semplice).

A Bruxelles, ha chiarito la fonte Ue, nessuno "festeggia" per l'accordo raggiunto con gli Usa sui dazi al 15%. Ma, per valutarlo correttamente, occorre anche essere "realisti" e capire che Donald Trump, anche se l'Ue vorrebbe dazi "zero per zero", non ha alcuna intenzione di imboccare una strada simile. Come ha detto il commissario Maros Sefcovic, il mondo pre Trump non tornerà più. Dunque, non è disprezzabile il risultato ottenuto dai negoziatori Ue: a differenza di tutti gli altri Paesi, l'Ue ha ottenuto un dazio 'omnicomprensivo' del 15%, che include la tariffa Mfn, anziché sommarsi ad essa. Anche se potrebbe sembrare un dettaglio, non lo è, avendo conseguenze pratiche importanti: ai formaggi importati, ha spiegato l'alto funzionario, gli Usa tipicamente applicano una tariffa Mfn del 14,9%. Ora, per l'Ue ciò comporta che il dazio sui formaggi che esporta negli Usa sarà del 15%, quindi con una maggiorazione di 0,1% punti percentuali rispetto alla tariffa Mfn. Per gli altri Paesi, invece, quel 14,9% si somma al nuovo dazio: quindi, per esempio, i formaggi inglesi pagheranno il 10% più il 14,9%, quindi il 24,9%.

Di conseguenza, anche se i formaggi Ue in qualche caso (come in quello del pecorino romano) saranno più dispendiosi per il consumatore americano, godranno comunque di una posizione comparativamente migliore rispetto a quella dei formaggi di altri Paesi esportati negli Usa. E' il caso della Svizzera, che da dopodomani, in assenza di un accordo, si vedrà assegnare un dazio del 39%, cosa che verosilmente renderà l'emmental proibitivo negli Usa. E' prevedibile che i prodotti di maggiore qualità avranno meno difficoltà ad assorbire il dazio aggiuntivo, rispetto a quelli realizzati per il mass market, più facilmente aggredibili dai concorrenti americani (che sono spesso italiani di origine, nel caso dei formaggi).

Proprio sulla qualità dei vini europei faranno leva i negoziatori Ue, facendo notare alle controparti americane che in molti casi si tratta di "prodotti unici", di cui gli Usa non dispongono , al pari del caffé, che gli americani non daziano perché non lo producono. Per quanto si industrino i viticoltori della Napa Valley, non riusciranno mai a replicare lo champagne francese o l'amarone e il primitivo italiani. Al di là delle Igp, parola che negli Usa è sinonimo di protezionismo ingiustificato, gli europei ritengono di avere buone chances di convincere le controparti Usa dell'opportunità di concedere dazi Mfn (zero non è possibile, perché Trump dovrebbe passare dal Congresso) ai vini, alle birre e ai liquori europei.

In linea generale, a Bruxelles l'accordo stretto con gli States viene considerato il "male minore", dato che una guerra commerciale con gli Usa avrebbe portato ad una "escalation" di dazi e controdazi, che avrebbe danneggiato produttori e consumatori europei. Non è certo un accordo "perfetto", ma è comunque "il trattamento migliore disponibile" tra quelli decisi dall'amministrazione Trump. Peraltro, la grande maggioranza degli Stati membri, Germania in testa, era per l'appeasement, mentre solo una "piccola minoranza" spingeva per un atteggiamento più muscolare di fronte a Trump. Su questo punto, la Commissione ha risposto per le rime al ministro delle Finanze tedesco Lars Klingbeil, che da Washington ha lamentato che la Commissione è stata troppo debole nei negoziati con gli Usa e che l'Ue dovrebbe essere più "forte".

Parole che hanno destato grande "sorpresa" a Bruxelles, ha detto il portavoce Olof Gill, dato che gli Stati membri dell'Ue, Germania inclusa, sono stati costantemente informati dalla Commissione sui negoziati in corso con Washington. Inoltre, ma questo Gill non lo ha detto, von der Leyen è tedesca e del Ppe, oltre ad essere stata indicata dai capi di Stato e di governo, la prima volta, contro la volontà del Parlamento Europeo, che le avrebbe preferito uno degli Spitzenkandidaten (Manfred Weber, Frans Timmermans o Margrethe Vestager). E' altamente improbabile, se non inverosimile, che sia andata a Turnberry a concludere l'accordo tra una partita di golf e l'altra di Trump senza avere il via libera delle capitali, e in particolare di Berlino. Tanto più che il cancelliere Friedrich Merz è della Cdu, lo stesso partito della ex pupilla di Angela Merkel.

Capitolo digitale. Nell'accordo, ha confermato l'alto funzionario, non c'è nulla che riguardi il Digital Services Act e il Digital Markets Act, e neppure le misure di tassazione sul digitale che alcuni Stati membri hanno attuato singolarmente. Ci sono, invece, due impegni "molto basilari", uno sulle tariffe di utilizzo della rete e uno sulla moratoria sui dazi sull'e-commerce, il secondo dei quali è "linguaggio standard, incluso in quasi ogni Fta", accordo di libero commercio, siglato negli anni scorsi.

Nella dichiarazione congiunta, che dovrebbe essere pubblicata "presto", l'Ue dovrebbe anche prendere degli impegni per quanto riguarda alcuni regolamenti, come quello sul Cbam, il 'dazio carbonico' europeo, o quello sulla deforestazione. Tuttavia, ha spiegato la fonte, l'Ue non prevede trattamenti preferenziali per gli Usa: si tratterà di un lavoro di semplificazione delle normative, che è già iniziato con i provvedimenti Omnibus, che cercano di rimediare alla 'over-regulation' in qualche caso prodotta nella passata legislatura. Un lavoro che varrà per tutti i partner dell'Ue, non solo per gli Stati Uniti.

Comunque, come ha già spiegato con estrema chiarezza il commissario al Commercio Maros Sefcovic, il motivo per cui l'Ue ha deciso di siglare un accordo che è "il male minore", o il "second best", anziché combattere contro Trump e cercare di costringerlo a più miti consigli, come ha fatto la Cina, è che per l'Europa sul tavolo c'è molto di più del commercio transatlantico: c'è il destino dell'Ucraina e, in definitiva, la sicurezza europea.

Inoltre, come ha notato Franco Bernabé, la Cina aveva l'arma delle terre rare, senza le quali l'industria americana avrebbe serissimi problemi, mentre l'Europa non dispone di argomenti così cogenti. Per l'Ue, che per la sua sicurezza dipende tuttora da Washington, era vitale tenere agganciati gli Stati Uniti. E dunque, dopo l'accordo di Turnberry e anche dopo la futura dichiarazione congiunta, i negoziati andranno avanti, per arrivare ad un accordo commerciale vero e proprio. Per dirla con un socialista slovacco, con gli Usa sui dazi "il lavoro prosegue con spirito costruttivo".

Riproduzione riservata
© Copyright Adnkronos
Tag
Vedi anche


SEGUICI SUI SOCIAL

threads whatsapp linkedin twitter youtube facebook instagram

ora in
Prima pagina
articoli
in Evidenza