
Il professore della Luiss e dell'Università di Nizza spiega cosa si aspetta dall'incontro di martedì a Roma
Andare oltre un "rapporto disfunzionale" che tuttavia non ha impedito e non impedisce di essere d'accordo su alcuni dossier importanti e rilanciare al massimo livello il rapporto tra Roma e Parigi, anche attraverso l'annuncio di un vertice intergovernativo, perché "è ridicolo" che non ce ne siano più stati da quello di Napoli del 2020. Jean Pierre Darnis, professore di relazioni franco-italiane all'Università di Nizza e di storia contemporanea alla Luiss di Roma, spiega cosa si aspetta dall'incontro di martedì a Roma tra Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron, a cui va dato atto di aver fatto "la prima mossa" dopo le tensioni che hanno contraddistinto il suo rapporto con la premier negli ultimi due anni e mezzo.
Perché hanno finalmente deciso di incontrarsi? "Ci sono due risposte - ragiona Darnis parlando con l'Adnkronos - La prima è legata alle circostanze attuali, al rapporto dell'Italia con la coalizione dei volenterosi, al fatto che Donald Trump l'avrebbe reinserita nel gioco. E poi ci sarebbe il ruolo giocato da Friedrich Merz, che, forte del suo rapporto con la Francia, avrebbe in qualche modo fatto passare dei messaggi tra Roma e Parigi sulla necessaria unità europea".
Il secondo motivo per cui Meloni e Macron avrebbero deciso di organizzare il loro primo bilaterale ufficiale è di "natura più strutturale", sottolinea l'esperto francese, secondo cui era arrivato il momento di andare oltre "un rapporto che era disfunzionale sin dall'inizio del mandato della Meloni e che ha prodotto solo incontri fugaci a margine di altri eventi" tra i due leader.
Una situazione che appariva ormai tanto più "paradossale" quanto più i vari dossier su cui lavorano i due Paesi "non andassero così male": sull'Ucraina, per dire, "c'è una convergenza di posizioni", al di là delle polemiche sull'invio dei soldati, che sono state molto ingigantite, sostiene Darnis, e anche sul rapporto con gli Stati Uniti "le posizioni non sono così lontane, magari i francesi hanno un po' più di dubbi su Trump", ma entrambi concordano sulla necessità di tenerlo ancorato all'Europa. "E il destino dell'Ue resta al centro delle strategie di entrambi i Paesi", dice ancora.
Anche a livello ministeriale i rapporti tra Italia e Francia "sono buoni, il Trattato del Quirinale funziona, i bilaterali si fanno in maniera costante", è l'analisi del professore della Luiss, che però spiega: "E' ovvio che questi sono fondamentali per alcune partite tecniche, ma quello che manca è l'essenza strategica, perché dossier importanti come l'Ucraina e la minaccia russa, il Medio Oriente e la presidenza Trump richiedono convergenze forti che passano per l'Italia dalla premier e per la Francia dal presidente".
Tutti questi fattori erano ben compresi, e da tempo, dalle diplomazie di Roma e Parigi, "ma ognuno dava la colpa all'altro, ognuno aspettava il promo passo dell'altro". Che è arrivato dall'Eliseo e da parte di Macron, riconosce Darnis, si è trattato di "una mossa giusta, positiva, cortese nei confronti dell'Italia: era essenziale che si ripartisse, anche se questo non significa avere le stesse posizioni, ma aprire la strada alla completezza del confronto". A questo punto, l'auspicio è che martedì "si annunci qualcosa, prevedibilmente un summit in Francia, perché è ridicolo che non ci sia un vertice governativo, il primo dei quali risalente al 1981, dal 2020".