
"Rischi crescenti di una guerra nucleare? La risposta è no"
La visita dell'inviato americano Steve Witkoff a Mosca, prevista per mercoledì, "non deve generare aspettative troppo alte". Lo afferma all'Adnkronos Stefano Stefanini, senior advisor dell'Ispi ed ex ambasciatore alla Nato, secondo cui è lecito attendersi un "incoraggiamento" a proseguire i contatti avviati a Istanbul, ma è improbabile che da questo viaggio possa scaturire una svolta. "Non c'è alcuna intenzione da parte di Putin di fermare la guerra, almeno per tutta l'estate", osserva Stefanini, mentre si avvicina la scadenza di venerdì dell'ultimatum dato da Trump a Putin per accettare un cessate il fuoco in Ucraina.
La missione di Witkoff a solo pochi giorni dall'ordine di Trump di spostare due sottomarini nucleari vicino alla Russia, effetto degli attacchi verbali dell'ex presidente Dmitry Medvedev, indica "dietro tutto questo balletto di dichiarazioni" che l'obiettivo del capo della Casa Bianca è "arrivare a un dialogo diretto" con Mosca "senza svendere l'Ucraina", evidenzia Stefanini, secondo il quale le stesse minacce di sanzioni da parte di Trump sono "poco credibili" dal momento che l'annuncio "un po' estemporaneo" sui sottomarini nucleari rientra nel classico schema di "alzare la posta per arrivare a una qualche forma di accordo, quale sia il contenuto è tutto da vedere".
Witkoff, aggiunge, non è tanto un esperto di relazioni internazionali quanto "un uomo di fiducia" del presidente repubblicano, incaricato di esplorare le possibilità di un compromesso: "i suoi famosi 'deal' ". Quanto alle minacce di Trump di imporre sanzioni secondarie ai Paesi che acquistano petrolio dalla Russia, Stefanini resta scettico: "È una minaccia pesante, che creerebbe grossi problemi commerciali, soprattutto con partner come l'India. Ma quanto Trump sia davvero pronto a usarla, è tutto da vedere".
Sul rischio di un conflitto nucleare, Stefanini invita a non cadere nella trappola delle retorica: "La risposta è no. Non c'è oggi un rischio più alto rispetto a ieri, un mese fa o due anni fa. L'escalation è verbale, ed è certo preoccupante, ma non ci troviamo davanti a un concreto scenario da guerra nucleare". Il vero allarme, secondo l'ambasciatore, dovrebbe essere legato al progressivo "sgretolamento" della rete di controllo degli armamenti costruita dopo l’Atto finale di Helsinki. "Il pericolo nucleare c'è da 70 anni, ma ce ne accorgiamo solo adesso, dopo che Medvedev ha evocato le armi tattiche", evidenzia.
L'ambasciatore commenta infine le parole dell'ambasciatore russo a Roma, Alexei Paramonov, che in un'intervista ha sostenuto che "al momento non ci possiamo fidare dei nostri interlocutori italiani", denunciando la diffusione di "due nuovi virus: la russofobia e l'ucrainofilia" nel nostro Paese.
"L'ambasciatore russo sa perfettamente, al contrario di quanto detto, che in Italia c'è un sentimento di amicizia verso la Russia, testimoniata in ambito economico e culturale dai legami che si sono creati. Ciò non ha impedito all'Italia, a partire dal presidente Sergio Mattarella, di condannare la Russia per l'invasione - conclude - Non è russofobia, ma è critica molto forte per quello che la Russia sta facendo in Ucraina. E' esattamente lo stesso di chi sostiene che criticare Israele per le operazioni a Gaza sia antisemitismo. Sono semplicemente critiche per la condotta a Gaza".