
Udienza pubblica sulla questione di legittimità costituzionale sollevata da Tribunale Milano, inammissibile e infondata per lo Stato - Per l'Inps sarà necessario passaggio Ue e si paventa rischio giuridico per le madri di dover ripagare quanto ricevuto in decontribuzione
Mentre si attende il decreto attuativo della Legge di Bilancio 2025 che dovrà definire la percentuale de-contributiva del così detto bonus mamme dedicato alle lavoratrici madri, la Corte costituzionale si è riunita in udienza pubblica per valutare la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Milano su alcune norme contenute nella legge sua antesignana, 30 dicembre 2023, n. 213 (Legge di Bilancio 2024) che nel prevedere per le donne lavoratrici madri con rapporto di lavoro a tempo indeterminato l'esonero al 100% della quota dei contributi previdenziali per invalidità, vecchiaia e superstiti, esclude le lavoratrici con contratto a tempo determinato e le lavoratrici domestiche.
La legge prevede infatti che per il periodo dal gennaio 2024 al dicembre 2026, per beneficiare della decontribuzione occorre essere lavoratrici madri con tre o più figli fino al compimento del 18esimo anno di età del figlio più piccolo; e che per i periodi dal primo gennaio 2024 al 31 dicembre 2024, occorre essere lavoratrici madri di due figli sino a compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo. Il giudice a quo, in disaccordo, ha impugnato la richiesta normativa di alcuni requisiti richiesti censurando le norme nella parte in cui non si prevede il medesimo esonero anche a favore di lavoratrici madri titolari di rapporti di dipendenza a tempo determinato o di rapporti di lavoro domestico.
La giudice relatrice Emanuela Navarretta nel corso del dibattimento ha riferito che per il Remittente la mancata inclusione delle donne con contratto a tempo determinato comporterebbe in primo luogo una mancata attuazione dell'articolo 3 della Costituzione, in quanto le due categorie di lavoratrici dipendenti a tempo determinato o indeterminato sarebbero categorie omogenee sotto il profilo contributivo e per entrambe quindi l'esonero determinerebbe un aumento della retribuzione netta. Inoltre il trattamento diverso secondo il Tribunale di Milano non potrebbe in alcun modo rapportarsi a un incremento distributivo tra le categorie, anzi la tutela si renderebbe ancor più necessaria per le madri a tempo determinato che sono più esposte a retribuzioni inferiori.
Tra le censure individuate dal Tribunale di Milano, inoltre, anche un contrasto con l'articolo 31 della Costituzione sul presupposto che le ragionevoli disparità di trattamento andrebbero a riverberare sulla minore propensione alla maternità e specie per le famiglie numerose; e ancora la denuncia di una violazione dell'art 117 primo comma della Costituzione in riferimento alle condizioni di impiego per cui in generale i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole di quelli a tempo indeterminato a meno che non sussistano ragioni oggettive, dal momento che la Corte di giustizia avrebbe escluso una interpretazione restrittiva della clausola. Sempre relativamente all'articolo 117 si ravviserebbe infine per il giudice a quo una discriminazione indiretta rispetto alla nazionalità, in quanto esiste un maggior numero di lavoratori stranieri con contratti a tempo determinato.
La Corte dovrà infine valutare secondo il Remittente anche l'illegittimità costituzionale paventata dal giudice a quo rispetto all'esclusione dalla decontribuzione delle donne titolari di contratto di lavoro domestico, il giudice ha denunciato la violazione dell'art 3 non essendo giustificato l'irregolare trattamento, tanto più in considerazione della maggiore precarietà del lavoro domestico e dei salari più bassi normalmente corrisposti per questo tipo di mestiere. Oltre che una violazione anche degli art 131 e 117, rispetto a una discriminazione indiretta in essere, dal momento che le lavoratrici domestiche sono di solito straniere e non italiane.
In linea con le censure l'Associazione studi giuridici sull'immigrazione e Apn, Avvocati per niente onlus, rappresentati dagli avvocati Livio Neri e Alberto Guariso. Guariso, intervenendo, ha chiesto di sollevare il lato discriminatorio della disciplina e di rimuovere discriminazioni individuali e collettive. Ma l'Avvocatura dello Stato, rappresentata da Fabrizio Urbani Neri, ha dichiarato inammissibili e infondate le questioni impugnate dal Tribunale di Milano e richieste dalle parti, in quanto l'intervento del legislatore sarebbe sperimentale e condizionato dalla aliquota delle risorse e dal momento che le lavoratrici domestiche già godono di altro beneficio contributivo.
Ha aperto a nuovi scenari l'Inps, rappresentata da Antonino Sgroi, che nel far valere la inammissibilità delle questioni e la non fondatezza sul presupposto che ciò che è concesso dalla legge sarebbe un privilegio rispetto al quale non potrebbero addursi motivi di parità di trattamento, ha depositato una memoria integrativa in cui ha segnalato tra l'altro l'entrata in vigore della legge del 2024 che rimodula l'esonero contributivo previsto dalle norme censurate ed ha affermato: "Guariso persiste nell'usare categorie giuridiche non omogenee a fattispecie diverse".
"Non siamo davanti a una prestazione previdenziale, nell'ultimo comma della novella normativa si parla infatti di agevolazioni contributive per le quali è necessario il passaggio alla Commissione europea - ha precisato durante l'intervento - Quindi se è necessario il passaggio alla Commissione europea, stiamo parlando di una riduzione dell'ordinario onere contributivo posto anche a carico del lavoratore. Questa regola avrà efficacia anche per il passato e prevederà necessariamente un passaggio alla Commissione europea".
Dunque a parere dell'Inps, in via teorica le madri in caso di mancato avallo Ue potrebbero dover ripagare quanto hanno ricevuto in decontribuzione. Questo, secondo Sgroi, potrebbe essere l'effetto giuridico di quanto scritto nell'ultimo comma della legge di stabilità del 2024 per il 2025, con riferimento ad articolo 107 e 108 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (Tfue), citati. Si apre un nuovo fronte su cui è doveroso dare alle madri richiedenti la decontribuzione una risposta certa: Si tratta o non si tratta di aiuti di Stato? (di Roberta Lanzara)